Chi l’ha detto che una coppia clandestina non può andare in terapia? E’ questo il quesito irriverente e un po’ sfrontato che fa da traccia a Terapia di coppia per amanti di Alessio Maria Federici (Fratelli unici, Tutte lo vogliono) tratto dall’omonimo romanzo del napoletano Diego De Silva, che ne firma anche la sceneggiatura, e che arriva in trecento sale con Warner Bros dal 26 ottobre. Protagonista una coppia incosciente e innamorata, Viviana (Ambra Angiolini) e Modesto (Pietro Sermonti), sposati, ma non tra di loro. Quella che vivono da tempo è una relazione appassionata e coriacea, fatta di attrazione, schermaglie, risate e, naturalmente, incontri clandestini in hotel fuorimano. Ma a un certo punto il perfetto meccanismo va in tilt, e dalla negazione ideologica di ogni norma che costringe il matrimonio in nome di una superiore felicità, passano al desiderare qualcos’altro, ad inseguire e riprodurre proprio quello che da sempre lo status di amanti nega: aspettative e ruolo all’interno della coppia. “Non sappiamo cosa essere”, lamenta Viviana, donna intrigata e vitale con una particolare propensione a complicarsi la vita, a Modesto, musicista che di nome fa ironicamente ‘Modesto Fracasso’, uomo moderatamente vigliacco, sornione e con la battuta sempre pronta. Lui aspirerebbe alla prosecuzione a tempo indeterminato di una doppia vita, piuttosto che ad un secondo matrimonio considerando che già il suo non gli va tanto a genio, ma si lascia trascinare dall’analista per paura di perdere l’amante, cui in realtà è profondamente legato.
“Mi sono trovata davanti a un personaggio femminile differente – sottolinea Ambra Angiolini – divertente e divertita dal suo status e lontana dai soliti stereotipi sull’amante. È un personaggio che non viene mai giudicato dal suo autore, una donna che ha voglia di intraprendere una strada, quella dell’analisi, senza sapere precisamente dove la porterà. È combattuta fra il rimanere relegata nel ruolo di amante, alleviando così le proprie infelicità coniugali, e il mettersi in discussione per investire in un’altra relazione, e porta tutto alla luce del sole, mettendo in primo piano ciò che generalmente viene tenuto nascosto”. Il terapeuta, interpretato da uno spassoso Sergio Rubini, è spiazzato nel trovarsi di fronte una coppia non ufficiale, libera da vincoli familiari e che non ha nulla da perdere se non il proprio amore, ma accetta, forse proprio per questa ragione, l’incarico. “Il mio personaggio, nonostante le intenzioni del suo autore, che so essere spesso critico nei confronti della psicoanalisi, è alla fine una persona serissima che fa quello che ogni professionista dovrebbe fare: accoglie la coppia, la normalizza e risolve il loro problema. Nel momento in cui, poi, la vita privata entra in conflitto con la sua professione, capisce che le proprie emozioni non gli permettono di trattare i sentimenti altrui in maniera oggettiva e lascia tutto. Indipendentemente dal suo essere un guaritore ammalato – ruolo che fa, certo, sorridere – è una persona perbene che fa bene il suo lavoro. Un esempio da seguire in un mondo in cui il conflitto d’interessi è divenuto regola”.
Una pioggia di SMS, a volte anche spietatamente ricattatori, e di telefonate clandestine è l’ingrediente che scandisce la relazione tra i due. “Siamo all’anticamera della riscrittura di una grammatica dei sentimenti differente, mediata dalla tecnologia, sottolinea De Silva. Il telefonino è una forma di comunicazione degli affetti che ha una durata ritrattabile, non definitiva. Non ha la stessa valenza di una lettera scritta in cui carta canta, ma è come se contestualizzasse l’espressione emotiva in un tempo limitato. Basta qualche giorno e ciò che si è scritto via sms perde di valore e diventa già non più opponibile e rinfacciabile”.
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