Albert Nobbs sfida la Lady di ferro


Candidatura all’Oscar quasi scontata per Glenn Close che si è finalmente tolta lo sfizio di fare l’uomo anche al cinema, dopo averlo fatto trent’anni fa sul palcoscenico teatrale, con Albert Nobbs in sala da venerdì 10 febbraio con Videa. Il film ha chiuso il Festival di Torino ed è stato applaudito a Toronto per merito, soprattutto, della sua protagonista, straordinaria e quasi inquietante en travesti, ma anche del resto del cast, in particolare Mia Wasikowska e Janet McTeer. 

 

Tutto nasce da un curioso racconto dello scrittore irlandese George Moore (1852-1933), intitolato “Morrison’s Hotel, Dublino” (Tranchida Editore). Portato a teatro nel 1982, è diventato un’ossessione per l’attrice tanto che ne ha scritto una sceneggiatura con John Banville e si è data molto da fare per produrla. All’inizio doveva essere Istvan Szabo a dirigere il film, poi tra lungaggini produttive e vari stop, la palla è passata a Rodrigo Garcia, considerato uno specialista di temi e personaggi femminili. “E’ un regista che ama e capisce le donne”, ha detto Glenn Close, che con lui aveva lavorato in Things You Can Tell Just By Looking At Her

 

Siamo nell’Irlanda di fine Ottocento, in un albergo frequentato da una clientela esigente e snob. Tra la servitù spicca Albert Nobbs, impeccabile maggiordomo: piccolo di statura, rosso di capelli e di pelle, azzimato e taciturno, è uno che non dà confidenza e mette da parte tutti i suoi guadagni nascondendoli sotto un mattone. Nessuno può immaginare che sia una donna, che in giovane età ha deciso di indossare i pantaloni per sfuggire alla violenza e alla sopraffazione e trovare un lavoro rispettabile. Nessuno se non il signor Page, un robusto e sanguigno imbianchino (la travolgente Janet Mc Teer) assoldato dalla direttrice dell’albergo. Tra le due “donne”, dopo l’iniziale diffidenza, nasce un’amicizia, l’unica possibile per l’introverso Nobbs, che ispirato dalla frequentazione di Page comincia ad accarezzare l’idea di metter su famiglia. E mette gli occhi su una giovane e graziosa cameriera (Mia Wasikowska), corteggiandola goffamente e senza rendersi conto che lei è interessata soltanto a rimediare regali per sé e per il suo giovane amante (Aaron Johnson).

 

Spiega l’attrice, sei volte candidata all’Oscar: “Il potere di questa storia è nella sua semplicità. E’ come quando la luce si riflette in un bicchier d’acqua e crea qualcosa di complesso: una storia lineare che tocca questioni umane profonde che riguardano tutti noi. Spero che sia universale”. All’Academy Award, dovrà vedersela con un altro mostro sacro della recitazione, la Meryl Streep, di The Iron Lady.

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07 Febbraio 2012

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