Alba Rohrwacher, la liberazione di una vergine

Arriva nelle sale il 19 marzo con Istituto Luce Cinecittà l'opera prima di Laura Bispuri in cui l'attrice è una ragazza albanese che rinuncia alla propria femminilità in cambio della libertà


Dopo il concorso della Berlinale è arrivata anche la selezione al Tribeca (15-26 aprile) per Vergine giurata. L’opera prima di Laura Bispuri sarà uno dei dodici titoli della sezione competitiva World Narrative Competition e concorrerà anche al Nora Ephron Award, assegnato in memoria della leggendaria scrittrice e cineasta americana. Un premio riservato alle registe donne e Laura, già autrice di apprezzati cortometraggi come Passing Time (David di Donatello) e Biondina (Nastro d’argento come talento emergente), ha senza dubbio uno sguardo femminile. Anche se lei preferisce non rivendicarlo in modo netto e lasciare un margine di ambiguità che è anche la ricchezza del suo cinema: “Per me esistono bei film e brutti film, al di là del genere a cui appartiene il regista”.

E tuttavia la riflessione innescata da Vergine giurata, ispirato al romanzo di Elvira Dones appena ripubblicato da Feltrinelli con la bella immagine di Alba Rohrwacher in veste maschile in copertina, ha a che fare proprio con l’identità di genere su cui le autrici non possono in qualche modo non riflettere. “Il discorso sul femminile – dice ancora Laura – non riguarda solo il cinema, ma tutti i ruoli in cui le donne sono minoritarie. E qui sono le statistiche a parlare con dati impressionanti. Ma ora, almeno al cinema, qualcosa si muove, Alice Rohrwacher, la sorella di Alba, è un esempio di cinema che è riuscito a uscire dai nostri confini e che ha un suo carattere inconfondibile”.

Per la giovane autrice, che a Berlino ha convinto critici italiani e stranieri “capaci di cogliere i diversi piani di lettura del film”, è fondamentale la vicinanza tra regista e progetto, il mettersi in gioco. “E poi amo i film in cui riconosco un regista o una regista, una testa che propone idee, uno sguardo, una visione del mondo. Tra i miei preferiti ci sono i Dardenne o Pasolini di fronte al quale mi inchino tutti i giorni”.

Per Alba Rohrwacher, che, con i capelli scuri tagliati corti e una durezza di modi inedita, ha dato al personaggio di Mark/Hana un’adesione impressionante, il lavoro per arrivare a un personaggio credibile nella sua misteriosa ambiguità è stato un lavoro millimetrico sul corpo e sulla lingua. “Volevamo raccontare un corpo che fosse una prigione, una creatura non maschile ma a metà, intrappolata in un corpo che è l’ombra di una donna negata e poi ritrovata. Anche lo studio dell’albanese, lingua aspra, con suoni molto lontani dai nostri, è stata una difficoltà che poi via via si è sciolta fino ad approdare a qualcosa di vero. In questo Laura mi ha guidato e aiutato a superare i miei timori”.

Per l’attrice, che ora sta lavorando con Ascanio Celestini nel suo secondo film da regista Viva la sposa, e che vedremo nelle nuove opere di Marco Bellocchio e Matteo Garrone, il percorso di Mark, la ragazza che ha giurato di restare vergine in cambio della libertà di muoversi e vivere come un uomo, è un percorso di recupero verso un’identità negata, “un percorso che può essere molto complicato per arrivare a qualcosa di semplice”. Per Laura Bispuri, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Francesca Manieri, sua collaboratrice da anni, il film è un inno alla libertà. Non quella imposta da convenzioni sociali e patriarcato, ma quella che ognuno di noi riesce a trovare in se stesso, attingendo finalmente alla propria natura più profonda. Mark riscopre Hana dentro di sé e il personaggio della giovane Jonida, la ragazza che pratica il nuoto sincronizzato, ha un destino speculare. “Entrambe sono in apnea: Mark ha sospeso il respiro negli anni passati sulle montagne e ora è venuto in Italia dall’Albania, alla ricerca di una liberazione. Jonida vive anche lei una costrizione, un’immagine di femminilità imposta”. E’ significativa, nel film, la scena in cui la macchina da presa in piscina indugia su corpi tutti diversi, tutti irripetibili di persone di età e corporature diverse. “Volevo partire da un argomento specifico, come questa pratica delle vergini giurate che ancora avviene secondo la legge tradizionale del Kanun, quindi una prassi adottata in un luogo piccolo come le montagne albanesi, per fare una riflessione universale e contemporanea. Queste creature a metà ci aiutano a raccontare le tante gabbie di una società come la nostra, argomento che ho affrontato anche nei lavori precedenti: personaggi incastrati, per motivi corporei o di altro genere, che accompagno in un viaggio di liberazione. Anche il nuoto sincronizzato è una metafora della visione per cui il femminile deve per forza rappresentare qualcosa di bello e di perfetto”.
Vergine giurata, prodotto da Vivo Film con Colorado e Rai Cinema, in coproduzione con Svizzera, Germania, Albania e Kosovo, sarà distribuito da Istituto Luce Cinecittà in 40 copie dal 19 marzo.

 

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06 Marzo 2015

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