Adolescenti metropolitani in fuga

Mi chiamo Maya, una produzione e distribuzione indipendente dell’esordiente Tommaso Agnese, è un road movie con protagonista la 16enne Niki (Matilda Lutz). Nel cast Valeria Solarino e Carlotta Natoli


Impegnativo e a rischio di stereotipi il racconto dell’età e del mondo adolescenziali. Ci prova l’esordiente Tommaso Agnese con Mi chiamo Maya, una produzione e distribuzione indipendente, in 40 sale con Red Post Production dal 7 maggio. Un road movie con protagonista la 16enne Niki (Matilda Lutz) che, dopo la scomparsa improvvisa della madre (Carlotta Natoli), unico genitore, viene affidata insieme alla sorellina Alice (Melissa Monti) a una casa famiglia poco accogliente.
Niki rifiuta da subito la sistemazione, forse temporanea, nonostante l’interessamento di un’assistente sociale premurosa e attenta  (Valeria Solarino), e scappa via con la piccola. Una fuga di pochi giorni, in giro per la grande città, che le fa scoprire varie realtà giovanili diversissime: le discoteche pomeridiane con le cubiste minorenni, il sesso virtuale che integra la paghetta settimanale, le feste dei ricchi ragazzi annoiati, i rave party, gli artisti di strada. Quella libertà tanto agognata rivela alla fine un percorso di formazione che misura i sogni d’indipendenza con la realtà della vita.

L’adolescenza metropolitana era già stata indagata dal regista Agnese in alcuni cortometraggi e documentari realizzati in collaborazione con le ASL di Roma. “Grazie ai miei precedenti lavori sul disagio adolescenziale nella grande città ho scoperto che i giovani, se vengono ascoltati si aprono in modo incredibile. Andando nei loro luoghi, ci siamo imbattuti in un mondo che vive di regole proprie, in un sottosuolo dove gli adulti non esistono, perché l’incomunicabilità tra genitori e figli è la causa principale di queste fughe”.

Del resto uno dei gravi problemi è proprio l’assenza di relazioni: genitori e società hanno distolto l’attenzione dalle giovani generazioni, ne è convinto lo sceneggiatore Massimo Bavastro.
Valeria Solarino, nel ruolo dell’assistente sociale, è l’unico anello di congiunzione tra questi due mondi perché ha quella capacità di ascolto che manca agli adulti. “Insieme al regista, che conosco dai tempi de La febbre di D’Alatri, abbiamo visitato numerose case famiglia. Gli adolescenti, nella loro diversità, hanno in comune sensi molto amplificati: l’amore è quello delle vita, il dolore è quello assoluto. Noi adulti non comunichiamo con loro perché sottovalutiamo questa difficoltà a relativizzare”.
Del resto l’adolescenza, come vediamo nel film, spiega lo sceneggiatore, “è sia un tempo di apatia e disperazione totale, sia un periodo di concentrazione di energie che ti fa sentire che puoi arrivare ovunque”.

Carlotta Natoli, sottolinea come questi ragazzi non riescano ad avere tra loro sintonia e complicità, come invece accade, ma l’ambiente è ben altro, in Braccialetti rossi, la fiction televisiva in cui interpreta la dottoressa Lisandri: “La protagonista Niki è delusa dai suoi compagni di avventure, ma non rinuncerà al suo sogno più segreto: essere libera, autonoma e viva come quel cavallo irrequieto che la madre aveva saputo comprendere”.

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