Bernardo Bertolucci era nato a Parma, il 16 marzo 1941 ed è stato tra i registi italiani più rappresentativi e conosciuti a livello internazionale, ha diretto film di successo come Il conformista, Ultimo tango a Parigi, Il tè nel deserto, Novecento e L’ultimo imperatore, che gli valse l’Oscar al miglior regista e alla migliore sceneggiatura non originale.
Si è spento a casa sua in via della Lungara, a Trastevere, in seguito a una crisi respiratoria.
Unico italiano ad aver vinto un Oscar per la regia, nel 2007 gli fu conferito il Leone d’oro alla carriera alla 64ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e nel 2011 la Palma d’oro onoraria al 64º festival di Cannes.
Il regista era il figlio del poeta Attilio e di Ninetta Giovanardi. Cresciuto assieme a suo fratello Giuseppe (anche lui regista cinematografico non meno bravo e noto autore teatrale), era nipote del produttore cinematografico Giovanni Bertolucci.
Fin da piccolo respira aria di cinema in casa sua, i suoi primi film li realizza in 16 mm: Morte di un maiale e La teleferica (1956-1957), girati nella casa di Casarola sull’Appenino emiliano. Decisiva per la sua carriera l’amicizia con Pasolini, presentatogli da suo padre quando il regista prenderà casa vicino alla loro. Iscrittosi alla Facoltà di Letteratura Moderna dell’Università La Sapienza di Roma, abbandona gli studi per dedicarsi al cinema. Il suo primo lavoro è proprio quello di assistente alla regia per Pasolini nella pellicola Accattone (1961) con Franco Citti e Adriana Asti (che sposerà); poi nel 1968, firma con Dario Argento e Sergio Leone il capolavoro C’era una volta il West (1968).Nel 1962, con Tonino Guerra produttore, realizza il suo primo lungometraggio La commare secca, su soggetto e sceneggiatura di Pasolini.
Poi Partner (1968) con Stefania Sandrelli, tratto dal romanzo “Il sosia” di Fedor Dostoevskij, al quale si aggiunge l’episodio Agonia di Amore e rabbia (1969) firmato con Carlo Lizzani, Godard, Marco Bellocchio e Pasolini. Il suo primo film di successo unanime di pubblico e critica fu il capolavoro Il conformista (1970), tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, dove impone ancora una volta la Sandrelli, e la affianca a Dominique Sanda, (scelta visto il costo troppo alto di Brigitte Bardot).
Questa angosciosa parabola di una vita e di un’epoca sbagliata serve a Bertolucci per analizzare con uno stile personale il nauseabondo e sarcastico fascismo quotidiano, omaggiato da un Premio Interfilm e dal Premio Speciale dei Giornalisti, ma soprattutto da una candidatura all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale. Nel 1972 arriva il clamoroso successo di Ultimo tango con Brando e Maria Schneider in una memorabile tragedia erotica. Il pubblico reagisce in maniera entusiastica (applausi interminabili) ma il film scatena un ciclone di scandali, sequestri, polemiche.
Bertolucci viene condannato a 4 mesi per oscenità, ma ha cambiato il cinema, e a confermarlo arriva un Nastro d’Argento e una candidatura all’Oscar come miglior regista. Ma il regista ha ancora tanto da dire: arriva Novecento (1976) con un cast mostruoso (Robert De Niro, Gérard Depardieu, Sandrelli, Sanda, Valli, Burt Lancaster e tanti altri ancora), e talmente massiccio da essere diviso in due atti. Dopo tanta grandezza sente l’esigenza di farsi più intimo, di restringersi, e arriva La luna (1979), con Roberto Benigni, nel quale si affronta il tema della droga e dell’incesto e che gli permette di imporsi definitivamente come un regista che si ama o si odia.
A completare questa necessità del piccolo arriva La tragedia di un uomo ridicolo (1981) con Ugo Tognazzi e Vittorio Caprioli, sul difficile rapporto fra genitori e figli affrontato a tratti con amarezza, con autoironia e con poesia. Negli anni Ottanta arriva il kolossal, la punta di diamante della sua carriera: L’ultimo imperatore (1987), con Peter O’Toole diretto in Cina con una straordinaria potenza visiva. La pellicola prende ben nove Oscar, fra cui quelle per la migliore sceneggiatura non originale e quella per il miglior regista, e fa anche incetta di BAFTA, César, David di Donatello, Golden Globe, European Award e Nastri d’Argento.
Dopo tanto impegno Bertolucci si concede progetti più semplici come 12 autori per 12 città (1990) con Michelangelo Antonioni, suo fratello Giuseppe Bertolucci, Mauro Bolognini, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Mario Monicelli, Ermanno Olmi, Gillo Pontecorvo, Francesco Rosi, Mario Soldati, Franco Zeffirelli e Lina Wertmüller, raccontando la sua Bologna. Ma si dedica anche a Il tè nel deserto (1990) con John Malkovich, storia di una coppia che si perde in un viaggio in Africa dove incontrerà carnalità e morte si contrappone a quella piena di spiritualismo, cultura e sofisticatezza intellettuale del Piccolo Buddha (1993).
Dopo tre anni torna alla carica con Io ballo da sola (1996) con Stefania Sandrelli, educazione sentimentale di una ragazza americana alle prese con la propria sessualità, poi L’assedio (1998), tratto da un racconto di James Lasdun, infine The Dreamers – I sognatori (2003), all’interno del quale il ménage a trois di tre giovani ragazzi francesi nel pieno del ’68 diventa un modo per dichiarare amore eterno al cinema
A distanza di diversi anni presenterà a Cannes Io e te, tratto da un romanzo di Niccolò Ammaniti.
Nel 2010, per iniziativa di Luce Cinecittà e dello stesso Museum of Modern Art, l’opera completa di Bernardo Bertolucci, era stata appositamente ristampata e sottotitolata in inglese per essere programmata al MoMA di New York.
Nel 2013 il suo film L’ultimo imperatore ha inaugurato l’annuale rassegna “Cinema Italian Style”, ad entrambe le iniziative il regista fu presente. Nel 2014 una selezione delle sue opere più rappresentative fu presentata al Castro Theatre di San Francisco. Il Luce due anni fa ha restaurato, in collaborazione con la cineteca di Bologna, il film Novecento.
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