“Adatta, recupera, innova”, sono le tre linee guida per la resilienza del mondo cinematografico elencate da Laura Delli Colli, presidente della Fondazione Cinema, alla presentazione dei Cinedays Unesco ’21, coordinati da Lucio Argano, Project Manager Rome City of Film UNESCO, alla Festa del Cinema di Roma, il cui tema quest’anno è “come la risposta al Covid-19 può ispirare le città a sviluppare un impegno culturale e creativo più resiliente e sostenibile”.
“Ogni esperienza per quanto drammatica può diventare un’occasione – dice Cristina Priarone, direttore generale della Roma Lazio Film Commission – e grazie a un gruppo d’intesa ravvicinato tra istituzioni e sindacati si è ripreso rapidamente il percorso. Il modello di lavoro in sinergia reale va continuato e portato avanti così come l’uso della tecnologia che ha distinto il lockdown e deve diventare una modalità costante. Gli aspetti tecnologiche che ci restano in eredità da quel terribile momento ci può portare a grandi cose in vari ambiti, dalla formazione al lavoro sulle location virtuali. Anche il Covid ha motivi di ispirazione di cui fare tesoro”.
In apertura viene proiettato il documentario Lavoratori di Anjan Di Leonardo e Greta Agresti prodotto da Cerbero, che racconta lo stravolgimento dovuto al Covid. I due registi hanno anche interpretato il doc. La crisi economica, causata della pandemia di Coronavirus, ha colpito maggiormente alcuni settori come quello della cultura, dell’intrattenimento e della ristorazione. Il documentario racconta le storie di quattro lavoratori che hanno visto la propria attività minacciata dalla crisi, in una Roma che svela il suo lato non convenzionale. Gli intervistati, attraverso il materiale di repertorio, raccontano la loro attività prima della pandemia, spiegano come si sono dovuti reinventare e, infine, come vedono il loro futuro. Nel dibattito che segue, oltre a Di Leonardo, parlano Denise Bax UNESCO Creative Cities Network (UCCN) Secretary, Patrizia Cacciani – Responsabile Ufficio studi, ricerche, didattica e biblioteca di Archivio Luce, Laura Barreca Professoressa di Storia dell’Arte Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Carrara e Vittorio Salmoni Coordinatore Nazionale Città Creative Italiane UCCN.. Potsdam City of Film UNESCO e Wellington City of Film UNESCO partecipano invece con contributi video.
“Sono felice di partecipare a questa iniziativa – dice Bax in un videomessaggio – ringrazio tutti i partecipanti. La pandemia ha avuto un impatto enorme sulle nostre attività e l’accesso della gente alle attività creative e culturali, impattandone l’economia. Le città hanno dimostrato inventiva e capcacità inventiva in questa situazione del tutto nuova, con nuove misure per permettere alla gente l’accesso a queste attività. Dal Network della UNESCO alcuni esempi hanno portato questa innovazione nel campo della cultura, della musica, dell’arte e dell’economia. Particolare attività si è rilevata in ambito cinematografico in Italia per fronteggiare le avversità con creatività e resilienza, dal Floating Theater al Cinema MAXXI passando per le Notti Bianche del cinema, che hanno generato spirito di solidarietà e unità”.
“Siamo qui per il cinema – dice Argano – ma il ragionamento si estende a tutti gli ambiti della cultura, presentando un’esperienza eterogenea proprio per far capire quanto sia importante reinventarsi e rinnovarsi. La pandemia ha sancito la precarietà del funzionamento di un certo mondo, creando anche disuguaglianze tra i lavoratori interni alle istituzioni e i lavoratori sul campo. Ma questa capacità creativa di ricombinare e riprogettare è una base per la sopravvivenza”. “Ieri tornavo a casa e pensavo che Roma fosse al collasso – dice Di Leonardo – il senso di sopravvivenza fa parte dell’essere romano e lavoratore dello spettacolo. Ognuno si è reinventato sulla base della propria attività e delle sue possibilità. Con concerti in vetrina o lavori negli studi sotto casa, cambiando a ogni intervento di Conte sulla base delle schizofreniche novità. Il senso di insicurezza partiva dall’alto e scendeva giù, se non sei preparato a reagire a questo senso di insicurezza è finita. La cultura non mainstream ne esce devastata e si rischia il pensiero unico”.
Cacciani sottolinea “sono soprattutto un’archivista e questo documentario sarà parte di un archivio. Due fondi dell’Archivio Luce sono iscritte al registro Memoria del Mondo dal 2013. La digitalizzazione e l’archiviazione del Luce è iniziata dal 95 con milioni di filmati e fotografie, è una cosa che non si improvvisa. Stiamo dietro ai cambiamenti di software e hardware, ma la cosa più difficile è stato fare didattica a distanza coi bambini durante la pandemia. Il nostro bene culturale è stato ratificato dagli esperti dell’UNESCO per essere iscritto a quel fondo. E se è vero che in quell’Archivio c’è la Storia, dentro quella storia ci sono le storie. La grande Storia come il viaggio di Hitler a Roma nel ’38, ma io uso quella fotografia per raccontare ai ragazzi chi sta guardando cosa. Nella stessa foto c’è Bandinelli che faceva il traduttore, e lo sguardo di ciascuno di loro nei confronti della statua di Paolina Bonaparte racconta qualcosa”.
Si prosegue con l’intervento di Barreca: “Dirigo due musei e l’indotto ne è rimasto distrutto. Durante la pandemia è’ sparito tutto ciò che fa parte del racconto culturale, ma quello che conta è il cambio di paradigma. Nel film si dice ‘aiutateci a capire come fallire’. Forse il Covid era un male necessario, e avremmo capito solo tra dieci anni che il sistema culturale non poteva funzionare né per il cinema, né per il teatro, né per i musei., A Carrara abbiamo organizzato dei laboratori in strada, di mosaico, di pittura, con un Creativity Forum. E’ stato predisposto un piano di resilienza e rigenerazione del centro storico coinvolgendo artisti e artigiani, lasciando dipingere serrante abbassate a studenti dell’accademia. Un macellaio ha aperto una libreria, la reinvenzione deve passare per un cambio di paradigma. La città del marmo, del cemento, dei ministeri, deve diventare la città delle giostre che sanno immaginare gli artisti. Il quadro internazionale ed europeo ci dice che le persone sono al primo posto, quindi dobbiamo trovare il modo di ricostruire la prossimità e i legami interrotti. Le città devono essere luoghi dove le persone di incontrano e vivono. Anche se distanziata e contingentata la prossimità va vissuta nello spazio pubblico”.
Chiude Salmoni dichiarando una certa insofferenza nei confronti della parola ‘resilienza’: “Significa tornare a come le cose stavano prima, invece auspichiamo a qualcosa di meglio. Il documentario parla di fragilità, introduce non solo una capacità di adattamento di quel mondo, ma anche tante riflessioni anti-fragili. Qualcosa che sia maturato nell’intimo delle nostre coscienze non solo per superare la crisi ma anche per migliorare le condizioni di provenienza, verso un futuro migliore della precedente condizione. Proprio con Lucio Argano a Fabriano, nel pieno del post-sisma,. venne fuori il concetto di anti-fragilità. Pensavamo a una città non resiliente ma anti-fragile, non una città che si adatta e cerca di resistere ma a un passo oltre, verso il futuro. Non vanno più bene i modelli di austerità, oggi affrontiamo una crisi insolita e atipica, che non è una guerra né una calamità naturale, ma ci ha portato ad affrontare anche un modello diverso, dall’espansione del debito nascono produttività e risorse che abbattono i debiti. Ci vuole una politica espansiva, e nel documentario lo dicono i soggetti dei centri sociali, che tendenzialmente sono antagonisti. Qui c’è il mondo della cultura che risponde in maniera omogenea e sensata alla crisi. Uno dei progetti più interessanti del post sisma è stato quello di entrare nelle case delle famiglie vittime del terremoto per recuperare i loro archivi e documenti storico fotografici, con grande coinvolgimento delle realtà locali. Anche così si possono ricostruire le città, a partire da foto di cerimonie ed eventi. Magari usando una metodologia simile a quella dell’Archivio Luce, che fa un grande lavoro. Inoltre i luoghi della cultura sono protagonisti della rigenerazione urbana, sono loro stessi rigeneratori per vocazione. Si parte dai musei, passando per le biblioteche e i luoghi istituzionali, ma anche i luoghi raccontati nel documentario, club, centro sociali, negozi. Dobbiamo aprire ad alto raggio chiedendo partecipazione e mobilitazione, dato che non siamo onniscienti, ma l’obiettivo resta quello di portare la cultura dentro la città per ricostruirla ma anche per cambiarla nella coscienza delle persone e nell’innalzamento del livello qualitativo”.
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