MATERA. Proprio nelle ore in cui la Ragioneria di Stato dà il via libera al Disegno di legge Franceschini sul cinema italiano (passaggio che quindi permetterà al Presidente della Repubblica di inviare il testo in Parlamento nelle prossime ore), al 5° Meeting Internazionale del Cinema indipendente, il legislatore – nella figura del direttore cinema del MiBACT, Nicola Borrelli – incontra i rappresentanti di settore (Carlo Fontana, presidente Agis, Riccardo Tozzi dell’Anica, Riccardo Trigona di Animation Italy, il presidente Fice Domenico Dinoia, la presidente Agpci Martha Capello), nonché la senatrice Michela Montevecchi (M5S) della commissione Cultura e la deputata Lorenza Bonaccorsi, responsabile Cultura del Pd.
Su alcuni punti fondamentali, sono tutti d’accordo: il Ddl Franceschini fa fare un salto in avanti all’intera industria dell’audiovisivo italiano; raddoppia i fondi statali sinora stanziati, ridando grande fiato al settore; scardina definitivamente vecchie categorizzazioni ormai obsolete, come quella che ha visto nell’ultimo mezzo secolo le Fondazioni sinfoniche al primo posto nella distribuzione del Fus; riporta al centro della politica italiana la cultura, di cui l’audiovisivo sarà figura di primo piano.
Detto questo, il dibattito si apre su diversi punti che la legge – così come risulta dalla scrittura attuale, non definitiva – lascia ancora in ombra. Nicola Borrelli non ha dubbi: il Ddl è frutto di un confronto lungo e particolareggiato con tutte le categorie. Il risultato delle discussioni ha evidenziato quanto il settore audiovisivo italiano sia ancora troppo “stretto”, con budget troppo bassi, impatto industriale limitato, rispetto anche a paesi europei (leggi Danimarca o Norvegia) dove certo il settore è meno significativo. Compito del Governo era dunque elaborare una legge che “permettesse a tutti gli operatori di crescere. E che ridefinisse un concetto di audiovisivo dove il cinema non è che una parte, i pubblici e i luoghi di fruizione sono trasversali, e dove il sostegno deve essere in grado di adattarsi alle diverse esigenze”. Sulla sparizione del concetto di ‘interesse culturale’ (scelta che ha suscitato non poche perplessità tra gli osservatori), Borrelli non ha esitazioni: “In tutto il Ddl non c’è una riga in cui troverete questa dicitura. L’idea è che tutta la produzione audiovisiva ha la stessa dignità nella costruzione dell’identità del paese. Tutti i prodotti – da quelli di Zalone a quelli di Bellocchio – tra vent’anni serviranno allo stesso modo a definire e comprendere l’Italia di oggi”. Ricordando che comunque non è solo la legge ad avere la responsabilità sugli sviluppi futuri dell’audiovisivo italiano, Borrelli sottolinea come ulteriori definizioni e miglioramenti potranno essere discussi in Parlamento e apportati attraverso i decreti attuativi.
Per Riccardo Tozzi, presidente Anica il Ddl Franceschini “è un tentativo di razionalizzare l’intero impianto del settore che leggiamo molto positivamente, con il raddoppio dei finanziamenti, che passano da 210 a oltre 400 milioni. Inoltre, è un testo che pone al centro il tema del pubblico e introduce meccanismi automatici al posto di dei selettivi”.
Lorenza Bonaccorsi è la prima a ricordare che, prima della stesura del Ddl Franceschini, in Senato era stato depositato il progetto di legge della senatrice Di Giorgi, di cui la deputata Pd spera si tenga in un qualche modo conto.
Più che una speranza, una necessità, secondo la senatrice Montevecchi, che ricorda come in quel disegno di legge ci siano delle indicazioni – soprattutto riguardo all’istruzione all’immagine nelle scuole, all’attenzione ai mestieri del cinema, alla certificazione delle professioni, all’ampliamento del tax credit – di cui il Ddl Franceschini non tiene sufficientemente conto. Montevecchi inoltre mette il dito su un altro passaggio delicato della legge, riguardante i meccanismi di distribuzione dei fondi. La legge del governo prevede infatti che si passi da un modello discrezionale (la commissione di “saggi” che decideva a chi e quanto) ad un modello oggettivo e automatico, basato su parametri fissi.
Ma è proprio la scelta dei parametri che preoccupa sia la senatrice Montevecchi che i produttori indipendenti. Si tornerà ad una sorta di reference system, pronto a premiare i “soliti noti”, gli incassi in sala, il box office, i nomi famosi?
Borrelli ricorda come la legge del governo preveda maggiore potere e funzione della commissione Antitrust, a cui sarà affidato il monitoraggio delle presenze in sala e il controllo su possibili abusi di posizioni dominanti.
Ma i dubbi su alcune definizioni e alcune “defezioni” del Ddl, restano. Domenico Di Noia, della Fice, ricorda inoltre come le sale d’essai siano state dimenticate, mentre Andrea Occhipinti sottolinea come la mancanza di una prospettiva “educativa” all’interno della legge sia da rivedere.
Ci sarà tempo di correggere alcuni tiri nei decreti attuativi, sperando che la discussione parlamentare non si dilunghi però eccessivamente, paventa Carlo Fontana.
Il settore ha bisogno della legge il prima possibile, perché molti sono i progetti attualmente sospesi per mancanza di legislazione. Da Matera la discussione si sposterà dunque nelle prossime settimane nelle aule parlamentari.
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