CANNES – Ottima accoglienza per A Ciambra, secondo lungometraggio del regista italo americano Jonas Carpignano presentato alla Quinzaine des Rèalisateurs che racconta di una piccola comunità Rom stanziale, la Ciambra appunto, che vive in Calabria nei pressi di Gioia Tauro. Il film arriva due anni dopo il suo esordio al lungometraggio, Mediterranea, che parlava degli immigrati africani di Rosarno, presentato alla Semaine de la Critique e vincitore del premio Best Directorial Debut of 2015 presso la National Board of Review.
Protagonista del film è Pio Amato, un ragazzino di quattordici anni che cerca di crescere più in fretta possibile: beve, fuma e segue suo fratello maggiore Cosimo da cui cerca di imparare il necessario per sopravvivere in strada seguendo le leggi della comunità Rom, estranea alle regole tradizionali e dedita al furto come modalità di sussistenza. “L’idea non era quella di raccontare genericamente la comunità Rom, ma volevo partire dalla storia di un personaggio preciso”, rivela il regista. Che per questo film, come aveva fatto già per il suo precedente, ha scelto come interpreti attori non professionisti appartenenti al mondo da raccontare. “Sono andato alla Ciambra con una vaga storia in mente e ho conosciuto Pio che mi ha subito colpito per il suo modo di fare, differente dagli altri bambini che mi vedevano quasi come un clown, mentre lui mostrava un reale interesse a conoscermi. Ho iniziato a frequentare la Ciambra per cinque anni, pensando al film che volevo fare. Mi sono avvicinato alla famiglia Amato e ho iniziato ad adattare la sceneggiatura che avevo in mente arricchendola con elementi biografici provenienti dalla loro vita reale”.
Il film, pieno di primi piani e girato in presa diretta, riesce a restituire la sensazione di autenticità del documentario, pur mantenendo sempre la struttura drammatica del racconto. “Sul set c’è poca improvvisazione , cerchiamo di seguire sempre la sceneggiatura, altrimenti rischiamo di perderci. Ma non sono un regista che ama fare molte prove, mi piace la freschezza dai miei attori”. Pio è anche uno dei pochi della comunità Rom in grado di integrarsi con gli immigrati africani della zona e ha un profondo rapporto di amicizia con uno di loro, Ayiva. “Non avevo intenzione di fare un’analisi sociologica della situazione, ma raccontare il loro rapporto, con le sue potenzialità ed i suoi limiti”.
Quando il fratello maggiore di Pio, Cosimo, viene messo in prigione, il ragazzino dovrà mantenere la famiglia in un percorso d’iniziazione alla vita adulta fatto di furti e tradimenti. “Non credo, in questo modo, di aver parlato male della comunità Rom, che amo profondamente e considero una famiglia. L’importante è mostrare il lato umano al di là degli stereotipi, cerco però di farlo evitando il buonismo a tutti i costi, la sfida è mostrare quello che sono realmente e farli amare, nonostante tutto”.
Produttore esecutivo di A Ciambra, Martin Scorsese: “E’ stato molto importante ricevere i suoi commenti sul film – rivela Carpignano – Mi ha detto alcune cose sul ritmo, sui tagli, sul suono. Ha inizialmente guardato un libro fotografico che avevo fatto sulla Ciambra, probabilmente ha anche letto la sceneggiatura del film, ne è stato colpito e ha deciso di partecipare. A me non è sembrato vero finché non siamo arrivati all’ultima fase di montaggio del film. È stato al quel punto che la sua presenza si è fatta sentire e ha sicuramente influenzato in qualche modo il risultato finale del film”.
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