Siamo abituati agli incipit “in medias res”, ovvero quando le storie iniziano nel bel mezzo dell’azione. Gabriele Muccino con la seconda stagione di A casa tutti bene fa qualcosa in più, catapultandoci direttamente nel caos drammatico con cui si concludeva la prima, ”letteralmente sull’orlo di un precipizio”:
“La carica esplosiva con cui si interrompeva la prima stagione era così potente che disinnescarla era impossibile. – dichiara il regista – Puoi spegnere una miccia, due, ma non cinquanta. La scelta era: riprendiamo da questo punto o li vediamo un anno dopo. Io ho iniziato di riprendere la stagione un paio d’ore dopo, per cui la temperatura è altissima perché i personaggi vengono da una giornata di quelle che non dimenticherai mai per il resto della vita. L’avvio di stagione è a ferro e fuoco, devi avere la pazienza che passino 15 minuti perché le cose si calmino e potere andare finalmente a un anno dopo”.
Forse parlare di pazienza è un po’ eccessivo, ma di certo il ritorno della famiglia Ristuccia è quantomeno rumoroso, con tutti i personaggi comprensibilmente sull’orlo di una crisi di nervi, a causa dei colpi di scena che chi ha visto la prima stagione – premiata ai Nastri d’argento – sicuramente ricorderà. Bisogna stringere i denti perché la tensione si abbassi, ma guai ad abbassare la guardia: la posta in gioco e sempre più alta e più volte sembrerà di stare su una montagna russa emotiva. “Alcune micce non si erano spente. – continua Muccino – In questa seconda stagione accadranno cose grosse. Ci saranno delle complicazioni che non saranno più solo relazionali, ma sono fisiche. Si innesterà il meccanismo del “flee or fight”, ovvero “scappa o combatti”, quando ti trovi davanti a un’emergenza che riguarda la sopravvivenza”.
Le conseguenze di alcune azioni e rivelazioni della prima stagione porteranno questa seconda verso direzioni inaspettate, sfiorando generi che vanno ben oltre il dramma familiare a cui siamo abituati, uno su tutti il crime. Evidentemente, il formato seriale permette a Muccino di sondare territori inesplorati e, fino a un certo punto, inaspettati. “Il subconscio pilota molto più della ragione. – conclude l’autore – Il fatto che io sia andato a raccontare il crime con questa facilità evidenzia che avevo bisogno di andare a raccontare quel punto scuro del mondo. Non lo avevo mai fatto e ne avevo voglia. Quando ho guardato Shining a 12 anni è stato un punto di non ritorno: è stato importante per la mia costituzione filmica come lo sono stati Ladri di biciclette e 8 1/2. Shining l’ho visto infinite volte. Racconta di una famiglia disfunzionale in cui uno esce matto e fa una strage (ride ndr): questa cosa mi parlava ancora prima che lo facesse la vita vera”.
Ancora una volta, A casa tutti bene si conferma come una appassionante storia corale che si caratterizza per la particolare impostazione data a quasi tutti i personaggi – soprattutto quelli maschili – che, man mano che passano gli episodi, si lasciano andare alla parte peggiore di loro stessi, configurandosi di fatto come degli anti-eroi. La spirale negativa riguarda tutti, anche l’insospettabile Paolo, per non parlare di suo cugino Riccardo e suo fratello Carlo, costretto a scelte di inaspettata crudeltà. “Gabriele mi ha messo davanti a un passaggio fondamentale – racconta Francesco Scianna, interprete di Carlo – cioè l’accettazione totale di tutte le parti scure, perché solo così ti puoi abbandonare al flusso della vita. Se le consideri come parti non possibili della tua esistenza, stai commettendo un errore. Mi sono immerso in una parte anche violenta, che ho sentito in germe in un’occasione della vita e qui l’ho giocata, l’ho rappresentata. E questo ha fatto sì che Gabriele mi accompagnasse in un processo, che non è ancora finito, dalla filialità all’adultità”.
La serie sarà disponibile a partire dal 5 maggio su Sky e in streaming su NOW.
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