Il secondo appuntamento de La Valigia dell’attore, il festival che l’isola de La Maddalena dedica a Gian Maria Volonté, è stato interamente incentrato al suo ricordo a trent’anni dalla sua scomparsa, con un tributo particolare alla sua poliedrica vicenda artistica. Nello scenario della Fortezza I Colmi, il palcoscenico ha ospitato uno degli attori che maggiormente ha raccolto l’eredità dell’indimenticato interprete, Fabrizio Gifuni.
Attore anch’egli d’innumerevoli opere teatrali e cinematografiche, e che della cifra recitativa di Volonté è stato da sempre profondamente colpito, Gifuni ha raccontato ai tre curatori della manifestazione, Boris Sollazzo, Fabio Ferzetti e Fabrizio Deriu, il significato del valore lasciato dall’attore, leggendo un testo dello stesso Gifuni Il canto di Ulisse – frammenti di una battaglia, tratto dal libro I viaggi perduti suoni immagini e parole (2007).
Era il 6 dicembre 1994 e Gian Maria moriva improvvisamente in Grecia durante le riprese del film di Theo Anghelopoulos Lo sguardo di Ulisse.
“Guerra, chirurgia dell’orrore, mine antiuomo e agonia di parole. E la nebbia che diventa amica: sono giorni di festa perché i cecchini non sparano”. Nel monologo di Gifuni fotogrammi in bianco nero hanno ritratto Volonté in strade di città deserte e desolate, narrando una vita virata in bianco e nero: “Nella stanza d’hotel il suo cuore è stanco, troppa guerra negli occhi. Sorriso beffardo va verso l’ignoto”.
Nel dialogo aperto e commosso, Fabrizio Gifuni ha poi approfondito i suoi legami umani e professionali con Volonté – artista mai conosciuto e solo sfiorato – cominciati nel 1970, quando, con lo sguardo curioso di un bambino, vide per la prima volta proprio il film scelto in proiezione serale al Festival, ovvero Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, capolavoro pluripremiato – tra i riconoscimenti anche un Premio Oscar:
“Una performance attoriale che ha aperto una nuova visione al cinema di ogni Paese. Gian Maria aveva molti strumenti nella sua valigia dove attingeva di volta in volta per creare innumerevoli sfumature ai personaggi interpretati. E Petri gli permetteva di usare tutti gli strumenti di questo suo bagaglio. Un film che è sintesi di tutte le tecniche possibili. Per lui non c’era un modo di recitare, c’era quel mistero dove non tutto è spiegabile. Prerogativa degli attori inimitabili: guardare il sole con gli occhi non si può, loro lo fanno”.
Gifuni ha anche ricordato la sua imprescindibile esperienza formativa al fianco di Orazio Costa, pedagogo e maestro dello stesso Volontè, chiave di un fortissimo insegnamento finalizzato ad un’interpretazione versatile e calibrata in tutti i registri del personaggio, metodo che gli consentì di spaziare con nonchalance nei ruoli più diversi.
Gifuni ha concluso il suo intervento esprimendo con commozione il suo profondo attaccamento al festival che la figlia di Volonté, Giovanna Gravina, dedica al padre da 21 anni, insieme ad un laboratorio di formazione artistica sul mestiere dell’attore, nella stessa isola dove Volonté è sepolto e che rappresentò il suo rifugio incontaminato: La Maddalena.
L’ultima serata del festival ha reso omaggio anche ad una grande attrice della scena contemporanea, Sonia Bergamasco, con un incontro dedicato al suo excursus artistico, durante il quale ha presentato anche il suo libro, Un corpo per tutti, edito da Einaudi, sul mestiere di attrice, professione che dà voce alle storie di tutti. A lei inoltre, l’assegnazione del Premio “Gian Maria Volonté” all’eccellenza artistica 2024. Bergamasco è stata poi protagonista di una lettura scenica dedicata a Eleonora Duse, dal titolo La Duse e noi, un ritratto plurale della grande attrice teatrale a cavallo tra Otto e Novecento attraverso le voci di chi l’ha vista e amata. (gp)
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