BARI – “Romanzo Criminale ha creato un paradigma, come – pensando al soggetto e al successo di Mare Fuori – di Michele Placido ricordo anche Mary per sempre”, queste le parole di Giancarlo De Cataldo, autore del romanzo del 2002, poi film del 2005 e successivamente anche serie tv, ospite al Bif&st con il regista per celebrare il ventennale del lungometraggio.
“…a volte è una questione di fiuto. Sono entrato qui a guardare le ultime sequenze… e sono commosso. Accorsi, Scamarcio, tutti… tutti erano miei figli” afferma Placido con voce strozzata, raccontando della nascita di un film “…anche sfortunato, molto: un giorno lo riveleremo… ma oggi no, sono troppo felice”.
Per De Cataldo, il film “è ‘puro Placido’: i padri (lui) devono lasciar andare i figli, e questo figlio è stato portato in una direzione visionaria… dallo zio (Michele Placido: “i ragazzi – gli interpreti – mi chiamano ancora: zio”). Il romanzo inizia in medias res – il Freddo muore, e noi torniamo all’inizio -, è un po’ più simile alla serie. Se accetti il tradimento virtuoso fino in fondo è una scommessa: per esempio, io non avrei mai preso Kim Rossi Stuart per il Freddo, gliel’ho anche detto, ma poi quando l’ho incontrato sul set gli ho altrettanto detto: ‘avrà sempre la sua faccia’. È stata un’intuizione” in linea con l’amore dichiarato di Placido per gli attori di Bergman, che cita: “per lui, la prima cosa è una bella storia, la seconda gli attori, la terza il dop e poi il regista. Quando la squadra ha composto il meccanismo… bisogna essere anche fortunati, perché non sempre il pubblico rivela l’emozione nel momento in cui tu l’hai immaginata”.
20 anni sono trascorsi da quando Placido ha messo in scena il racconto di quella Roma, quella “Piazza Navona in cui c’era ‘la mala gente’, ma c’erano anche gli artisti al Caffè della Pace, come Lou Castel: la Roma degli artisti e la Roma dei criminali, che nei momenti dei grandi cambiamenti vanno a braccetto. Il destino di Roma è essere raccontata dai provinciali: penso a Gadda… Io ero convinto di aver scritto un romanzo storico, mentre mi hanno sempre fatto notare la forza dei personaggi, infatti avrei potuto fare sei romanzi col Libanese (ironizza…), che invece ho fatto morire a pagina 152, certo una morte epica…”, tema espresso proprio in un dialogo tra lui e il Freddo, in cui le battute tra i due raccontano che “al massimo ci ammazzano” ma “tanto siamo già morti… non si può ammazzare un uomo due volte”, questa la mancanza di speranza rarefatta in adolescenza, spunti di dialogo che portano De Cataldo a commentare come “tante storie criminali si somigliano, in India questa potrebbe essere declinata a Bollywood. Con il film, abbiamo dato un punto di svolta, che mancava, perché dopo Lenzi e Di Leo mancava il crime in Italia. Questa storia di potrebbe fare a Bari con i clan della città vecchia o a Taranto, con i Modeo”. Per Placido, “il cinema è un’arte popolare: tutto si può fare, ma non la noia”.
Il regista è convinto che con l’autore del romanzo “ci siamo incontrati in un comune vissuto… Io – da studente dell’Accademia – stavo spesso a piazza Navona o Campo de’Fiori, dove i criminali avevano (finti) negozi di stracci… quando andavo a fare la corte a Mara Venier; lì c’era tutta una malavita di un certo tipo, tu dovevi farti i fatti tuoi: era un miscuglio, era una Roma veramente speciale… Giancarlo ha scritto una storia ricca di umanità, e nel film esce la luce caravaggesca, perché Caravaggio aveva frequentato quei vicoli del centro storico”. Un discorso, quello sulla Città Eterna che permette anche una riflessione del magistrato sul femminile: “consegno la prima versione del romanzo, era come Gomorra: non c’era lo Stato, era una prospettiva dal basso; ho ricevuto un suggerimento dall’editor, ci ho pensato, e così ho messo una love story, una storia vera, quella della sorella di un boss che s’innamora di un carabiniere, che scopre poi essere un infiltrato… che infine le dice per lui sia stato ‘solo lavoro’, e lei si ammazza. L’ho trovata drammatica, romantica, così Patrizia (nel film Anna Mouglalis) è tra malavita e giustifica: Patrizia è Roma”.
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