Panoramica dall’alto, mare a tinte petrolio, una donna nuota. A filo d’acqua, poi sott’acqua, poi emerge, e poi ancora di sotto, ancora prende fiato, e via così. Ossigeno e apnea, apnea e ossigeno, belle metafore della vicenda. Stacco. La stessa donna indossa camice operatorio e mascherina, afferra una macchina fotografica, si affretta a correre in sala operatoria, scatta immagini di un’operazione chirurgica, a cui lo spettatore assiste “in diretta”: sangue, viscere, tessuti, tutto vivo, lì sotto il nostro sguardo, come fossimo il chirurgo. C’è un problema alla valvola cardiaca: bisogna capire, “bisogna fare qualcosa”, dice la dottoressa Iréne Frachon, medico pneumologo del Policlinico Universitario di Brest, Francia. Il farmaco, il Mediator, un integratore dimagrante, sembra essere causa di molteplici conseguenze, anche letali, sulla salute dei pazienti.
3 giugno 2009, Agenzia francese per la Sicurezza del Farmaco: la dottoressa denuncia le conseguenze negative dell’integratore, molto diffuso. La commissione la liquida frettolosamente, tranne una donna, che le lascia la sua email, promettendole di portare avanti la questione. Il tempo corre e c’è da pubblicare la ricerca portata avanti dalla struttura di Brest, affinché sia ritenuta credibile e valutabile dall’Agenzia preposta. La protagonista – Sidse Babett Knudsen, attrice efficace e sensibile vista in La corte accanto a Fabrice Luchini – una condottiera, una pasionaria, votata alla giustizia nel nome della medicina intesa come dedizione all’essere umano, seppur trattata dalle autorità come un dottorino di provincia e, al tempo stesso, come un animale da mattatoio dinnanzi alle varie commissioni, rischia il tutto per tutto e pubblica addirittura un libro, che innesca ulteriori tensioni da parte della casa farmaceutica. Le autorità sanitarie, gli interessi di Stato, ostacolano apertamente la battaglia, stroncano gli studi di ricerca: con la complicità di una giornalista del quotidiano “Le Figaro”, gli interessi dei pazienti iniziano a diventare più importanti di quelli della casa farmaceutica, responsabile di almeno 500, forse addirittura 1.000 morti accertate.
Una storia vera, successa in Francia meno di dieci anni fa, la storia di una donna, della sua determinazione e della vocazione per la medicina: 150 milligrammi (La fille de Brest) denuncia l’attualità attraverso gli occhi di un’altra donna, la regista Emmanuelle Bercot, che parlando del suo personaggio, ma soprattutto della persona, ha detto: “Mi sono subito resa conto che questa donna variopinta sarebbe potuta essere uno straordinario personaggio. Raccontato da lei, il caso assumeva una dimensione completamente nuova. Non era più la storia del Mediator, ma della lotta di questa dottoressa che era riuscita a portare sino in fondo la sua battaglia. Il merito sta nella sua immensa empatia nei confronti delle vittime e anche nella sua deontologia. Iréne fa il medico unicamente per assistere e curare le persone, non è alla ricerca di potere e dunque non ha mai avuto paura di compromettersi”. Il film esce in sala dal 9 febbraio, distribuito da Bim Distribuzione.
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