VENEZIA – Vincitore dell’edizione 2024 del contest per digital storyteller La realtà che NON Esiste, realizzato da One More Pictures con Rai Cinema, 101% è un cortometraggio scritto da Andriy Odlyvanyy con la regia di Serena Corvaglia e dedicato al tema dell’educazione sentimentale ai tempi dei social e degli algoritmi imperanti. Il film è stato presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia alla presenza del cast e del cantante Geolier, che accompagna il racconto con le canzoni El Pibe De Oro e Una come te. Al centro delle vicende troviamo un ragazzo di 14 anni (Andrea Arru) alle prese con le insidie di una vita sempre più digitale, dove anche l’amore e il rapporto con l’altro passa al vaglio di schermi e algoritmi, che alterano la percezione della realtà e delle dinamiche dei rapporti umani. Nel corto spazio per il tema della possessività nei rapporti sentimentali, esplorata attraverso al personaggio della sorella del protagonista, interpretata da Giulia De Lellis. Secondo i dati ISTAT, il 97% degli adolescenti ha un profilo sui social network e di questi 1 su 10 rischia di sviluppare un uso problematico della digital life. Il corto, realizzato in collaborazione con la Polizia di Stato, cerca di sensibilizzare sul tema senza demonizzare la tecnologia. Con un tocco d’ironia, la storia di Odlyvanyy con la regia di Corvaglia immagina che un’app di dating scaricata sul telefono del protagonista si manifesti, in forma umana, al suo fianco, suggerendogli i modi migliori per performare nel mondo secondo i dettami dell’algoritmo. Il corto sarà visibile dal 2 settembre su Raiplay.
Ciao Serena, raccontaci come è stato sviluppare il corto su un tema così importante per i giovani e non solo
Da anni il contest “La realtà che non esiste”, organizzato da Rai Cinema e One More Pictures, si interessa di tematiche giovanili e di tecnologia, denunciando i pericoli del web ogni anno con temi diversi. Di solito, il corto viene girato dall’autore del progetto, ma quest’anno hanno deciso di fare le cose diversamente. Io li conosco da tempo, e visto che avevano apprezzato il mio cortometraggio Un’ora sola, hanno visto una certa affinità e mi hanno proposto di girarlo. Mi hanno fatto leggere la sceneggiatura e ho accettato subito perché sono temi che mi stanno molto a cuore. È stato molto interessante perché abbiamo letto la sceneggiatura di Andriy, l’abbiamo fatta nostra e abbiamo cercato di renderla in modo che anche temi un po’ pesanti risultassero accessibili. Ad esempio, il senso di inadeguatezza del protagonista e la storia della relazione tossica della sorella, li abbiamo trattati cercando di mantenere un tono un po’ più leggero rispetto agli altri anni.
C’è spazio anche per l’ironia, soprattutto nel personaggio che personifica l’app di dating “Hitmecupid”
Esatto, è un avatar, una personificazione dell’intelligenza artificiale, interpretato molto bene da Daniele Davi. A lui era affidata la linea comica del corto e ha fatto davvero un lavoro straordinario. Molti dei suoi dialoghi sono in realtà interiori, un flusso di coscienza che rappresenta la pressione dei social sui ragazzi. È la voce dell’ansia che prevale, il continuo chiedersi che foto mettere, se quella al mare con lo spritz fa sembrare uno sfigato e così via. È la voce interiore che tutti noi, soprattutto i giovani, sentiamo quando scrolliamo i social e sentiamo la necessità di conformarci a certi standard.
Hai avuto modo di confrontarti con ragazzi dell’età dei protagonisti del racconto?
Sì, certo. A parte gli attori che sono stati il mio punto di ispirazione, ho un fratello di 25 anni e sono in contatto con molti ragazzi della Generazione Z, come si dice adesso. Vengo dal mondo della pubblicità e dei videoclip, quindi sono costantemente esposta a questo mondo; li vedo, li vivo, li sento.
Ho trovato interessante l’immagine delle notifiche che sommergono il protagonista: sono tanti gli elementi che compongono il rumore di fondo della vita digitale, non solo i social
Sì, soprattutto viviamo una cultura della prestazione amplificata dalla tecnologia. Non vogliamo criticare in toto i social, ma mostrare che siamo noi a dover prendere il controllo delle nostre vite e delle nostre scelte. Ad esempio, nel corto vediamo Teresa manipolata da un fidanzato che non ha molto a che fare con l’amore. Io sono un’appassionata di tecnologia e intelligenza artificiale, di cui mi reputo una vera e propria entusiasta. La tecnologia ci offre infinite possibilità, è bello essere tutti connessi, ma va usata con consapevolezza.
È raro sentire un regista parlare dell’intelligenza artificiale in questi termini. Qual è la tua opinione sull’impatto che avrà sul cinema?
Credo che ci sarà una bolla di entusiasmo per i contenuti creati con l’intelligenza artificiale, ma per ora non siamo a livelli proponibili per il grande schermo. Penso che possa diventare un nuovo genere, come i film d’animazione, ma non potrà mai sostituire l’emozione che dà una persona viva sullo schermo. L’AI può creare un immaginario nuovo e affascinante, ma non sostituirà mai completamente l’umanità.
Stai lavorando a qualche nuovo progetto legato a questo tema?
Sì, ho in sviluppo un lungometraggio che tratta sempre temi legati ai giovani e alla tecnologia. È un teen drama con un cast abbastanza importante, ma per ora non posso dire di più. Non è ancora un progetto legato all’AI, ma sono sempre aperta a nuove idee.
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