“La gentilezza è tutto. È come una luce nel buio. È l’essenza dell’umanità. È la speranza”.
In queste poche parole, pronunciate dalla magnifica nonna Elen Miller al suo ‘turbolento’ nipote, si riassume tutto il senso di Wonder – White bird, il film di Marc Forster che dal 4 gennaio arriverà nelle sale italiane.
Dopo il primo Wonder, il libro di Raquel Jaramillo Palacio che è poi divenuto un film ispirando il movimento “Choose Kind”- Scegli la gentilezza, la nuova graphic novel dell’autrice americana parte dalla figura del ‘bullo’ Julian (Bryce Gheisar), che espulso dalla sua vecchia scuola fatica ad ambientarsi nella nuova. Ma solo per dare il ‘la’ alla storia dell’infanzia di sua nonna, che vedendolo in difficoltà decide di raccontargliene l’avventura drammatica e straordinaria.
“Vedi, Julian, ci vuole sempre coraggio a essere gentili. Ma ci sono dei tempi in cui la gentilezza può costarti cara, e allora diventa un miracolo”, spiega al ragazzo sua nonna Sara-Helen Miller.
I tempi di cui parla la nonna sono quelli in cui lei, giovane ragazza ebrea (Ariella Glaser) nella Francia occupata dai nazisti, fu nascosta e protetta da un compagno di classe, che non a caso si chiamava come lui, Julien (Orlando Schwerdt). E di come la sensibilità e il coraggio di questo ragazzo le abbiano salvato la vita. Ma, soprattutto, di quanto può essere forte il potere della gentilezza, al punto di poter cambiare il mondo.
Sara vive una vita tranquilla con i suoi genitori a Vichy, in Francia, finché il terrore nazista la separa dalla famiglia. Quando i tedeschi rastrellano la scuola, lei è l’unica che riesce a scappare e salvarsi dalla deportazione, grazie al suo compagno di classe Julien e ai suoi genitori (Gillian Anderson e Jo Stone Fewings), che rischieranno la vita nascondendola nel loro fienile. Quel luogo diviene in breve un posto magico per Sara e Julien che riescono a trovarvi la bellezza e anche ad inventarla in tutte le forme possibili – senza tralasciare l’omaggio al grande cinema, Charlot compreso – perché “il mondo della realtà ha i suoi limiti, ma quello dell’immaginazione non conosce confini”, come dice la nonna al Julian di oggi.
Diretti magistralmente dal regista tedesco-svizzero naturalizzato americano Marc Forster (World War Z, The Kite Runner, Quantum of Solace, All I See Is You, Monster’s Ball, solo una piccola parte della sua filmografia), i due giovani protagonisti riescono a tenere altissima l’emozione per tutta la durata del film, girato in gran parte in Repubblica ceca, attraversando la fuga, la paura, la lotta per la sopravvivenza, la perdita e l’amore, ed emanando sempre un raggio di luce in un mondo pieno zeppo di tenebre. Luce interiore che a tratti commuove il pubblico in sala, che si sposa perfettamente con la luce esteriore ricreata sia negli interni che per le strade e nelle foreste dalla stupefacente fotografia di Matthias Königswieser.
Nel buio della violenza cieca e nel pericolo quotidiano di quei tempi, che il film mostra tipicamente rafforzato da collaborazionisti e spie del nazismo, Forster non dimentica di dipingere le tante figure positive che, come Julien e i suoi, si espongono in prima persona per tenere accesa questa luce, fino al rischio della propria vita: “vive l’humanité!” è il grido di ognuno di loro, ripetuto più volte in questa storia, a sottolineare il miracolo di quella gentilezza tanto caro alla splendida nonna Sara – Helen Miller: il miracolo del restare umani.
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