Un percorso durato 10 anni a partire da Madri, il suo primo documentario del 2008, è condensato in Womanity, il film di Barbara Cupisti proposto alla Festa di Roma in Riflessi. Prodotto da Sandro Bartolozzi (Clipper Media) con Rai Cinema e il patrocinio della Robert Kennedy Foundation, racconta 36 ore nella vita di quattro donne, dall’alba al giorno seguente, mentre a Washington si svolge la marcia per i diritti all’insegna del movimento #MeToo. Qui invece si racconta il lato privato, l’eroismo quotidiano di donne anonime ma ricche di straordinario coraggio.
Sisa è una 64enne egiziana rimasta vedova con una figlia appena nata. Invece di sposare il cognato o darsi all’accattonaggio, si è finta uomo per poter sostentare la famiglia con vari lavori maschili, tra cui quello di lustrascarpe. Scoperta dopo 43 anni di vita nascosta è stata onorata dal Governatorato di Luxor come madre ideale. Geeta e Neetu sono indiane, vittime nel ’93 di un attacco con l’acido che le ha sfregiate. Il marito aggredì Geeta e la figlia di appena 3 anni per ucciderle e poter sposare un’altra donna che gli avrebbe dato un figlio maschio. Le due sopravvissute gestiscono oggi un caffè ad Agra e sono testimoni orgogliose della loro condizione che molte altre donne indiane vivono invece con vergogna e nascondendosi agli occhi del mondo. Un’altra indiana, Ritu, attivista, si batte contro gli infanticidi di bambine e i feticidi di feti femminili insieme a suo fratello. Infine l’americana Jonnie, 40enne, si è trasferita nell’inospitale Nord Dakota dove lavora come camionista: è un lavoro duro e maschile con cui però ha superato una storia di abusi e violenze subiti da lei e da sua madre, svilita e maltrattata dal marito perché sovrappeso. Negli Usa, dal 2012 a oggi, ci sono stati 11mila casi di omicidi domestici.
“In questi dieci anni – spiega Barbara Cupisti – i miei documentari sui diritti umani mi hanno portato in tutto il mondo, ovunque ho incontrato storie femminili potenti. Questo film è la chiusura di un cerchio, un affresco della lotta quotidiana delle donne, sono piccole storie nascoste, da cui emerge una forza positiva, una resilienza. Ogni donna è costruttrice, mentre l’uomo spesso è anche distruttore”.
Womanity è dedicato a Chantal Akerman, la grande documentarista belga, che Barbara ha incontrato a Venezia, condividendo l’esperienza della giuria di Orizzonti. “Era brava, forte, libera e un po’ folle come solo i geni sanno essere. Conoscerla mi ha dato moltissimo, purtroppo nel 2015 ci ha lasciato. A lei devo il senso della reiterazione del gesto quotidiano in cui una donna trova la forza di andare avanti, una modalità che ho usato molto in questo film”.
La parola “womanity” declina il concetto di umanità al femminile ed è anche il nome di una fondazione che in Afghanistan, Brasile, Libano, India, Marocco e Medio Oriente lavora per l’empowerment delle donne. Adesso il film sta cercando una distribuzione per la sala.
Shirin Neshat, esponente dell’arte visiva contemporanea, iraniana naturalizzata newyorkese, ha presentato alla Festa di Roma, nell’ambito del progetto Videocittà, il suo ultimo film: Looking For Oum Kulthum, un ennesimo incontro tra Oriente e Occidente, tra ritratto e autoritratto, con protagonista una donna, un’artista, una leggenda musicale egiziana
Miglior film Jellyfish di James Gardner, una storia d'identità e desiderio di fuga; premio speciale della giuria Ben is Back di Peter Hedges con Julia Roberts e Lucas Hedges; miglior attore Thomas Blanchard per The Elephant and the Butterfly di Amelie Van Elmbt
"Questo film contiene un desiderio - ha detto De Angelis commentando il premio vinto alla Festa di Roma - ed è il desiderio di fare un regalo a chi lo guarda"
Il colpo del cane di Fulvio Risuleo, prodotto da TIMVISION Production e Revok Film, è stato annunciato ad Alice nella città. Nel cast Edoardo Pesce, Silvia d’Amico e Daphne Scoccia, oltre a una partecipazione di Anna Bonaiuto