C’è anche un film nel film in Papa Francesco Un uomo di parola, il documentario di Wim Wenders al cinema come evento con Universal Pictures dal 4 al 7 ottobre. Si tratta di immagini della vita di Francesco d’Assisi che restituiscono la visione e le idee del patrono d’Italia: la sua scelta di povertà, l’amore per la natura, la volontà di dialogo con l’Islam. Sono immagini in bianco e nero, girate con una cinepresa a mano Debrie degli anni ’20, quasi fossero un ritrovamento dal passato. Nel ruolo del santo c’è Ignazio Oliva a cui è affidato anche il compito di leggere il Cantico delle creature, il più antico testo poetico in lingua italiana.
Wenders – che da ragazzo aveva anche preso in considerazione l’ipotesi di farsi prete – ha voluto così sottolineare la linea di continuità che lega Jorge Mario Bergoglio, 266° pontefice della Chiesa Cattolica, alla visione di Francesco (1181-1226): entrambi innovatori della chiesa in un momento di crisi, entrambi animati da un’umile ricerca di contatto con l’altro e con la natura. Il film, scritto con David Rosier e montato da Maxine Goedicke, vuole appunto parlare a tutti, cattolici e non cattolici, credenti e non credenti. Toccando le più scottanti questioni politiche sul tappeto, dalla povertà al traffico delle armi, dall’inquinamento alla pedofilia, per raccontare in modo semplice e diretto le idee di Papa Francesco, portando un messaggio di profonda speranza. “In un’epoca di sfiducia nei confronti degli uomini di potere, in cui bugie, corruzione e fake news sono all’ordine del giorno, il film ci mostra un uomo che mette in pratica ciò che predica”, dice Wenders.
Prodotto da Samanta Gandolfi Branca, Alessandro Lo Monaco e Andrea Gambetta, con co-produttori francesi e svizzeri e l’apporto del Centro Televisivo Vaticano, che ha messo a disposizione l’archivio, Papa Francesco Un uomo di parola avrà anche una circuitazione nelle sale d’essai, come accaduto con un precedente documentario del regista tedesco, Il sale della Terra, candidato all’Oscar. E tra i punti di forza del lavoro, nato su commissione da un’idea di Dario E. Viganò, anche un brano di Patti Smith che ha donato una sua canzone dopo aver visto una versione in progress del film.
Il progetto nasce da una telefonata di Dario Viganò, vero?
Non una telefonata, ma una lettera che ho ricevuto nel dicembre 2013. Viganò era il nuovo segretario della Comunicazione del Vaticano e mi chiedeva se volevo prendere in considerazione un progetto su Papa Francesco, che era stato eletto il 13 marzo di quell’anno. Conoscevo già Dario, un dotto uomo di cinema. Non c’era un concept, solo un’idea iniziale e mi hanno dato carta bianca.
Che cosa sapeva del Papa quando ha preso in mano il progetto?
Anche senza conoscerlo, un Papa che si fa chiamare Francesco nel XXI secolo è estremamente coraggioso e vuole affrontare i principali problemi della nostra società: l’ambiente, la povertà e l’emarginazione, il rapporto con le altre religioni. L’ho poi incontrato di persona nel 2016 e mi ha fatto ancor più impressione guardandolo negli occhi. Per questo ho voluto che nel film, durante le interviste, il pubblico potesse vedere i suoi occhi, cosa che abbiamo realizzato girando con una macchina da presa equipaggiata con un Interrotron nella parte anteriore che ha permesso al Papa di guardarmi mentre parlava e contemporaneamente guardare l’obiettivo.
Non tutti apprezzano l’operato del pontefice. E poi continuano le polemiche sulla pedofilia del clero, un piaga che sembra non poter avere soluzione.
Sapevo che il suo pontificato avrebbe incontrato forti resistenze e di questo ho parlato con Dario Viganò e con Stefano Agostini, capo di Ctv. Sulla pedofilia, la sua posizione, tolleranza zero, è molto dura perché impone a tutta la Chiesa un comportamento ineccepibile. Bergoglio ha ereditato un problema enorme ed è stato il primo Papa ad affrontarlo in modo compiuto. Le persone che lo attaccano sono la parte conservatrice della Chiesa, non apprezzano la sua apertura verso le altre religioni, la posizione sulla pedofilia o la scelta di non giudicare l’omosessualità. Per me è il Papa del XXI secolo.
Il film si rivolge anche ai non cattolici.
Ho deciso che il film si rivolgesse a tutto il pianeta, a tutte le persone di buona volontà. Il Papa ha questa straordinaria capacità di mettersi in relazione con gli altri e forse Dario Viganò mi ha chiesto di fare questo documentario perché il cinema era il modo migliore per mostrarlo. Il “come” l’ho deciso io. Nessuno ha interferito. Sono stato solo con i miei produttori, la montatrice, mia moglie Donata. A volte non dormivo la notte per la responsabilità, non era come raccontare una band a L’Avana o un fotografo come Salgado. Ma alla fine credo di essere riuscito a rendere giustizia a questa personalità.
C’è una frase del Papa che l’ha colpita particolarmente?
Quando racconta che da giovane amava molto confessare e ai giovani genitori chiedeva sempre una sola cosa: giocate con i vostri figli? perdete tempo con i vostri figli? Nella nostra società molti di noi hanno perso l’abitudine di stare con i propri figli. Il Papa dice cose importantissime en passant, come quando parla dell’importanza della tenerezza che è forza. Quest’uomo è l’unica autorità morale sul pianeta, perché i leader politici hanno perso questa qualità.
Il discorso del Papa sembra rivolto soprattutto ai temi sociali e politici meno a quelli religiosi.
Molti mi hanno detto che parla poco di Dio. Ma parlare del pianeta e dei poveri non è forse parlare di Dio?! Bergoglio è un uomo profondamente spirituale e lo si vede dalla sua completa assenza di paura, la paura è sempre sintomo di un vuoto.
Come mai ha concepito il piccolo film su Francesco? Non ha pensato di utilizzare quelli esistenti, da Rossellini a Liliana Cavani?
Volevo far capire perché prendere il nome di Francesco fosse così rivoluzionario oggi e quindi raccontare chi era san Francesco. E’ vero che ci sono bellissimi film su di lui, Francesco giullare di Dio per esempio, ma lì il santo è mostrato come ingenuo e romantico, mentre non credo che lo fosse. Poi c’è la versione moderna con Mickey Rourke, il Francesco di Liliana Cavani, ma anche quella non serviva al mio scopo. Certo, avevo qualche problema a fare un film ambientato nel XII secolo con pochi soldi, ma poi ho trovato questa cinepresa degli anni ’20: tutto quello che filmi con quella sembra antico. E Ignazio Oliva esprime le qualità di Francesco con la sua faccia.
Il documentario ci mostra un mondo assediato da malattie terminali, dal razzismo alla distruzione dell’ambiente. Pensa che ce la caveremo?
Viviamo in anni decisivi per l’umanità, le cose potrebbero mettersi al peggio oppure migliorare, ma per questo ci vuole ottimismo e forza. Il Papa è così pieno di energia positiva che spero trasmetta questo ottimismo. Molti leader politici hanno abbandonato la nave, viviamo senza capitano, Bergoglio è un capitano responsabile che parla non solo ai cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà. E’ importante che le persone possano ascoltare le parole del Papa e magari anche leggerle, in Germania abbiamo fatto un libro insieme al dvd.
Siete rimasti in contatto?
Ci siamo incontrati la prima volta cinque minuti prima delle riprese della prima intervista. Lui non mi conosceva ed ero piuttosto nervoso. Mi ha detto ‘ho letto tanto di lei, ma non ho mai visto un suo film’ e questo mi ha rilassato. Non ho il suo numero di cellulare e non credo che abbia visto il film. Se facessero un film su di me, io non vorrei vederlo.
Il film si chiude con la preghiera del buonumore di San Tommaso Moro: Signore, dammi una buona digestione e dammi anche qualcosa da digerire…
La scelta dell’umorismo è del Papa. Avevo già concluso le interviste quando mi sono reso conto che mi mancava un finale. Allora sono tornato a incontrare Papa Francesco e lui improvvisamente si è messo a parlare della bellezza e dell’importanza dell’umorismo. Sono scoppiato a ridere e ho capito che mi aveva suggerito il finale giusto.
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