Wilma Labate


C’era molta attesa per il nuovo film di Wilma Labate, che con La mia generazione nel ’96 era arrivata a sfiorare l’Oscar per il miglior film straniero. Ancora una volta, la regista ha scelto lo sguardo di un’orfana per raccontare una storia di sentimenti e di solidarietà còlti in una realtà sociale, quella del nostro presente, che vive di falsi cambiamenti, di illusioni storiche.
C’è Mouchette, confessa Wilma, a guidare il suo percorso di artista. Ma la sua Domenica è una bambina sfortunata che la vita ha deciso di guardarla in faccia, con sbigottimento, con strafottenza, a volte, sempre con il desiderio di non soccombere.
A Berlino, dove il film è stato selezionato nella sezione Panorama speciale, Domenica è in calendario il 13 febbraio. E dal FilmFest partiamo per questa conversazione con la regista.

Delusa o contenta per la collocazione berlinese?
Posso essere sincera? Mi sembra naturale sperare che una propria opera venga presa in considerazione per il concorso, e quando sei in concorso auspicare persino qualche premio… Detto questo, non conosco Berlino, non ci sono mai stata. Mi dicono che sia un festival interessante e vivace. Vedremo.

Il film è tratto da un racconto dello spagnolo Marsé ambientato negli anni Quaranta. Perché tu e lo sceneggiatore Petraglia lo avete riscritto per l’oggi e immerso a Napoli?
Volevo raccontare una storia contemporanea e mi sono lasciata sedurre da Napoli. Ho visitato molto il porto, ho cercato di filmare una città nascosta, vera, alle volte mi sentivo nell’Amburgo dell’Amico americano di Wenders.

Come lavora Wilma Labate
Quando giro sin dal primo giorno ho l’ansia del finale, lo penso in modo ossessivo e mi sono fatta l’idea che i film sono pezzi di lavoro propedeutici all’ultima scena. Stavolta sono riuscita a girarla nell’ultima settimana di riprese, una conquista. Il set è stato pieno di momenti di gioia e di felicità, di terrore per i capelli di Amendola che erano stati tinti di biondo per errore, di sorprese, a cominciare dai colpi di scena della città. Il merito è degli attori. Domenica è una bambina straordinaria, piena di ironia e di vivacità, assolutamente responsabilizzata dall’impegno che le ho affidato; Claudio Amendola è un animale da cinema, uno che mi assomiglia, passionale, istintivo, capace ancora di entusiasmarsi, nonostante abbia girato moltissimi film; e Annabella Sciorra è un’attrice bravissima, la consiglio a tutti i miei colleghi.

E’ vero che i provini per scegliere Domenica sono stati molto impegnativi
Ho provinato 700 bambine, a tappeto, prese dalle scuole. Molte di loro più volte. E’ stato un lavoro faticoso e molto bello. Negli stessi provini c’è un altro piccolo film nascosto: l’incontro di centinaia di ragazzine con il mondo del cinema.

La piccola Domenica Giuliano e l’ispettore Sciarra-Amendola pedinati per una giornata. Per arrivare a cosa?
Al cuore, ai sentimenti, alle corde scoperte del profondo di ogni bambino. E di ogni adulto, che nasconde nel proprio sé più segreto un orfano, un piccolo abbandonato che chiede di uscire e di vivere, nella sua leggerezza e nel suo immenso dolore.

autore
29 Gennaio 2001

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