Adi, Dora, Mia, Nicolas e Nina sono i protagonisti e coautori di MaledettaMia, il mediometraggio che Wilma Labate presenta ai Nuovi Territori di Venezia 60. Si muovono tra rave, scrittura, mediattivismo, centri sociali, danza, controvertici in giro per il mondo. Alla videocamera hanno offerto frammenti di vita e creatività, conflitti e desideri, raccolti in 50 minuti girati in totale libertà, senza produzioni né distribuzioni alle spalle.
Dove nasce la spinta per realizzare “MaledettaMia”?
E’ nata qualche anno fa e si è fatta più forte dopo Genova/G8. Lì ho incontrato tanti “popoli” diversi e ho cercato di capirne di più. Il cinema non è mai entrato nei centri sociali un po’ perché chi li abita è geloso della sua privacy e, soprattutto fino a qualche anno fa, prima di Seattle ’99, l’atteggiamento verso i media era più chiuso. I discorsi sui movimenti sono dominati da cortei e rivendicazioni ma non si parla mai di stili di vita, del privato, dei sentimenti di chi va a Genova, Evian e Cancun. Io sono partita da qui.
Come hai scelto i 5 protagonisti?
Sono arrivata a loro per istinto e simpatia più che per esigenze di sceneggiatura. All’inizio c’era una buona dose di sfiducia: non capivano il mio interesse per loro. Via via è nata una relazione che con alcuni prosegue tuttora. Ho cercato di rispettarli e andare incontro ai loro desideri. Di farli parlare con serenità anche di temi “bollenti” come i black bloc. Soprattutto li ho invitati a misurarsi con la loro creatività e forme espressive scelte per esprimerla: dalla danza per Nina, un’artista poliedrica anche presente alla Biennale Arte col video Stop Kidding, alla poesia per Dora, che da 10 anni vive al Forte Prenestino di Roma e scrive poesie in dialetto calabrese.
Nel press book parli di “anarchici”. Sono loro a definirsi così?
Alcuni di loro sì. Ad esempio Mia, 23enne di Firenze, si dichiara anarchica. Ma tento di mostrare che al di là delle definizioni c’è un cuore che palpita, delle emozioni che non hanno nulla a che vedere con la rigidità delle ideologie. Peraltro Mia è permeata dalla cultura di massa e, a differenza di quelli della mia generazione, non lo nega. Vive con leggerezza e autoironia le sue contraddizioni. Mia scrive ma l’idea di pubblicare qualcosa non la convinceva, così ho cercato di farle capire che scrivere ha un senso se qualcuno ti legge. Ora abbiamo trovato un piccolo editore che le ha commissionato un romanzo.
Pensi che i 5 rappresentino un movimento?
No. Non ho mai avuto la presunzione di raccontare una generazione e neppure un movimento. Sono 5 persone con qualche affinità e molte differenze che hanno qualcosa di interessante da raccontare.
Per loro vale il motto femminista “il personale è politico”?
Sì. Questa dirompente argomentazione delle donne è stata a lungo ignorata da movimenti molto maschili. Oggi conserva la sua forza e i ragazzi e le ragazze che ho incontrato l’hanno ereditata.
Hai pensato a come distribuire il film?
No. Per ora sarei felice se si creasse un piccolo tam tam in rete, se si parlasse del film. Soprattutto, mi piacerebbe che fossero loro, i miei protagonisti e coautori, a farlo partire.
Lavori a un nuovo progetto?
Sto scrivendo una sceneggiatura con Francesca Marciano su un personaggio femminile a tutto tondo. Producono Sidecar e Rai Cinema. Le riprese dovrebbero cominciare a primavera.
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