Ad annunciare la scelta del Board sono stati il presidente David Rubin e la Ceo Dawn Hudson. Smith ha accettato “rispettando” la decisione, come ha fatto sapere lui stesso in una nota. Nel dettaglio, l’attore non potrà nemmeno partecipare ad alcun evento organizzato dall’Academy per il prossimo decennio. Il Board ha però deciso di non revocare l’Oscar vinto dall’attore il 27 marzo (neanche un’ora dopo che aveva tirato lo schiaffo in diretta a Rock), per l’interpretazione del padre delle sorelle Williams nel film King Richard – Una famiglia vincente.
Il Board, di cui fanno parte giganti di Hollywood come Steven Spielberg e Whoopi Goldberg, si è riunito via Zoom dopo che Smith si era già volontariamente dimesso dall’Academy, rendendo dunque superate sanzioni come la sospensione della membership o l’espulsione.
“Doveva essere la celebrazione delle tante figure della nostra comunità che nel corso della stagione passata hanno compiuto un lavoro straordinario – si legge nella dichiarazione dell’Academy – tuttavia, questo momento è stato oscurato dal comportamento violento e inaccettabile di mr. Smith sul palco”.
“Durante la nostra trasmissione televisiva, non abbiamo affrontato adeguatamente la situazione. Per questo, ci dispiace”, ha poi detto l’Academy. “Questa è stata un’opportunità per noi di dare l’esempio ai nostri ospiti, agli spettatori e alla nostra famiglia dell’Academy in tutto il mondo, e non siamo stati all’altezza, impreparati a un evento senza precedenti”.
Dopo lo schiaffo dell’Academy, il popolo di fan dell’attore è insorto: su Internet si parla di “una punizione sovramisura, per alcuni “razzista”.
Il neo-premio Oscar è stato sanzionato dal Board dei Governatori per il colpo assestato in faccia al comico Chris Rock che nella notte degli Oscar in diretta tv aveva deriso sua moglie Jada Pinkett.
I commenti in rete hanno un unico comune denominatore: l’ipocrisia di Hollywood.
“Perché – si legge – misure simili non sono state prese, ma neppure pensate, per altri reprobi della mecca del cinema, e in particolare contro i “predatori” bianchi, a partire da Harvey Weinstein che continua a tenere l’Oscar pur essendo stato condannato a 23 anni di prigione dopo aver aggredito e stuprato una ottantina di donne?”.
Weinstein e Roman Polanski, c’è da dire, e così anche il comico televisivo Bill Cosby, sono stati espulsi dall’Academy al tempo del #MeToo, ma Smith aveva spuntato questa punizione quando, tornando a coprirsi il capo di cenere, aveva restituito la tessera dell’organizzazione.
Nel frattempo è rispuntata un’intervista in cui Jada afferma che non avrebbe mai voluto sposare Will e che quello fu “il peggior giorno” della sua vita, e compaiono dubbi sul futuro dei prossimi impegni professionali dell’attore.
Sui social prosegue l’enunciazione della lista di nomi che, sempre secondo i fan, avrebbero meritato trattamento analogo e che invece l’hanno scampata: Kevin Spacey, Casey Affleck, Woody Allen, James Franco, James Toback, Dustin Hoffman, mai estromessi a a dispetto di accuse di molestie sessuali, o, come nel caso di Mel Gibson, violenze sulla partner ed espressioni antisemite.
Tra le voci che si sono levate contro Hollywood c’è quella di Piers Morgan: il commentatore britannico ha usato il caso Polanski per illuminare il doppio standard dell’Academy: “Nel 2003 gli hanno dato l’Oscar per Il Pianista nonostante a 44 anni avesse drogato e stuprato una tredicenne”. Il regista è latitante dal 1978: dopo essersi dichiarato colpevole per cinque dei sei capi di imputazione, fuggì dagli Usa prima della sentenza e ad accettare il premio “a nome dell’Academy” fu l’amico Harrison Ford – protagonista del suo Frantic – che glielo consegnò nella sua casa di Parigi.
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