Per comprendere la portata dell’arrivo in sala di Wicked, attesissimo musical di Jon M. Chu con Cynthia Erivo e Ariana Grande protagoniste, è necessario realizzare quanto importante sia questo titolo per i fan del genere. In oltre 20 anni di repliche, il musical di Broadway con le canzoni del leggendario Stephen Schwartz (Il gobbo di Notre Dame) è diventato un’istituzione, simbolo di grande spettacolo dal vivo. Dopo The Lion King, Wicked è il musical di Broadway con il maggior numero di repliche riproposte in tutto il mondo. Ma la sua storia inizia prima dei teatri newyorkesi, nel 1995, quando Gregory Maguire, in un periodo votato alle riletture postmoderne dei grandi classici, pubblicò Wicked: The Life and Times of the Wicked Witch of the West, un romanzo sulle origini della strega cattiva apparsa al cinema nel 1939 nel film in technicolor di Victor Fleming.
Prima di allora, non c’erano dubbi: la strega, quella con le unghie lunghe, il cappello a punta e la pelle verde, era il nemico, mentre l’altra, tutta rosa e glitterata, l’incarnazione stessa della bontà. Il testo di Maguire propose invece un intricato capovolgimento del mondo di Oz, fatto di intrighi politici, metafore sociali e riletture. Materiale estremamente semplificato poi nelle rielaborazione proposta al grande pubblico di Broadway, che aggiunse il suo inconfondibile tocco: musiche indimenticabili, performance di altissimo livello e una produzione – tra effetti speciali, costumi e numero di comparse in scena – con pochi rivali. Se avete mai visto un film o una serie ambientata a New York dal 2003 in poi, saprete ormai quanto il poster di Wicked – con quell’inconfondibile verde – sia ormai parte integrante di Times Square e non solo.
Negli ultimi decenni non sono mancati gli adattamenti cinematografici di musical di successo passati da Broadway, ma questo, così apprezzato, riconosciuto, davvero di culto, ha dovuto attendere a lungo. L’insuccesso di Cats, nel 2019, spiega bene perché Hollywood abbia cercato, questa volta, di essere sicura di avere tra le mani gli elementi necessari per portare sul grande schermo una storia tanto amata e conosciuta senza scatenare i forconi dei fan, che avrebbero trasformato il film stesso nella strega cattiva.
Wicked, in sala dal 21 novembre con Universal, ne è il risultato. Ed è – se non perfetto – quantomeno un’incredibile sorpresa. L’arma segreta di questo film non porta il nome del regista Jon M. Chu, si chiama invece Cynthia Erivo e Ariana Grande: protagoniste devote alla parte e visibilmente divertite, convincenti tanto nelle performance vocali, quanto nella riproposizione dei personaggi originali con tanti piccoli nuovi dettagli.
Wicked inizia dalla fine, quella che conosciamo: la strega dell’est è morta ed è giubilo nel regno di Oz. Mentre i cittadini del regno intonano “No one mourns the wicked” (nessuno piange i malvagi), da lontano Dorothy e compagnia attraversano la strada di mattoncini gialli. È un bambino a rivolgersi alla strega buona del nord, Glinda (Ariana Grande), con la domanda da cui muove tutta la vicenda: “Come mai esistono i malvagi?”. Inizia così un flashback che riavvolge gli eventi, lascia da parte Dorothy e rivela la storia “mai narrata” del regno di Oz. La prima battuta di Ariana Grande è la promessa di un grande personaggio. “È un piacere vedermi, non è vero?”. La maga buona, tutta luce e sorrisi, è in realtà una cheerleader viziata, circondata da proni seguaci pronti a ricordarle “quanto è bella, quanto è brava”. Ed è divertentissima. Il parallelismo da liceo è il cuore stesso della prima parte di film, ambientato difatti in una scuola. Le dinamiche dunque sono quelle classiche da High School americana, con una scenografia che richiama gli ambienti della Hogwarts di Harry Potter.
Elphaba, la nostra protagonista, nata con la pelle verde, è oggetto del più classico bullismo, guidato dalla perfetta, ricca e popolare Glinda, con la quale si trova però a dover condividere la stanza. La nascita e lo sviluppo della loro amicizia è l’occasione per mettere in scena due caratteri opposti, perfettamente incarnati dalle performance sopra le righe di Cynthia Erivo e Ariana Grande. Seppur entrambe convincenti, espressione di due estremi opposti, il capovolgimento della bella e brava Glinda regala le risate più sincere, soprattutto perché Ariana Grande fa del personaggio un ammasso di tic incredibili, come lo spostare i capelli a mo’ di frusta da una parte all’altra, o il continuo conquistare lo spazio come una bambola ubriaca che cerca di mantenere il contegno.
Al dì fuori del setting liceale/universitario in cui avvengono le vicende, si rivela molto più stratificato il mondo politico del regno di Oz, in cui si cela il vero cuore del cambiamento di Elphaba. Se infatti il film ci lascia credere, per quasi tutta la sua durata, che il bullismo subito dalla strega in giovane età sia la reale ragione dello sviluppo del suo odio e della sua malvagità, è in realtà una scoperta molto più oscura ad allontanarla dalla società di Oz. L’incontro con il grande mago, interpretato da Jeff Goldblum, cambia perciò la connotazione del film, anche se solamente nell’atto finale.
Erivo e Grande sono il cuore di Wicked, e da sole ne fanno il successo. Dopo alcune delle esibizioni più importanti, in cui Jon M. Chu aumenta di volta in volta il numero di comparse, coreografie e movimenti, in sala scoppia persino l’applauso. Sorprendentemente, è la più silenziosa e dolce delle scene a lasciare però il segno. Dispiace invece che alcuni personaggi secondari, qui introdotti, debbano venire a compromessi e non trovino spazio appropriato nonostante le 2 ore e 40 minuti di film a disposizione. Inoltre, tra una canzone e l’altra è difficile a volte comprendere quando alcuni personaggi siano effettivamente evoluti e sul finale ci si ritrova a Oz quasi un po’ d’improvviso. Lo spettacolo è encomiabile, ma una rifinitura sulla struttura della sceneggiatura avrebbe senz’altro portato maggior solidità al film. La storia dedicata alla sorella di Elphaba è ad esempio introdotta, con tanto di love affair dedicato, ma lasciata cadere nel nulla, o meglio: rimandata.
E infatti un elemento andrebbe chiarito al pubblico. Poster e trailer si sono guardati dal renderlo chiaro, ma il titolo che appare a schermo dopo i primi minuti di film lo dice chiaramente: Wicked è in realtà Wicked: Parte I. A fine film, nel momento di massimo apice musicale ed emotivo, lo spettatore è gentilmente invitato a uscire con un “To be continued” stampato su schermo nero. Una tendenza, quella della divisione in parti, che si sta diffondendo a macchia d’olio a Hollywood. Il regista Chu aveva spiegato la sua decisione di non inserire nel titolo l’indicazione “Parte I” (che comunque appare poi a schermo a inizio film): comunicare che Wicked è autosufficiente e completo. Una promessa mantenuta solo in parte dal momento che come accade sovente in queste operazioni, il finale coincide con un climax – e non con uno scioglimento delle vicende – che rimanda a un “poi” il vero showdown. Abbiamo anchge già la data, novembre 2025. Chiudere con una hit come Defying Gravity – protagonista di una sequenza di quasi 15 minuti – lascia senz’altro la sensazione di aver assistito a un signor spettacolo.
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