“Prima ero un rubagalline, adesso faccio il giornalista”. Così si presenta Mr. Fox, il Signor Volpe nato dalla penna di Roald Dahl, ora protagonista del nuovo film di Wes Anderson in uscita il 16 aprile con 20th Century Fox dopo l’anteprima al Torino Film Festival. Per il regista, eccentrico e surreale autore di piccoli gioielli come I Tenenbaum e Un treno per il Darjeeling, si tratta di un esordio assoluto nell’animazione, ma vicino a sé ha chiamato le voci di alcuni suoi complici fissi come Owen Wilson, Jason Schwartzman e Bill Murray mentre i protagonisti, sempre nell’edizione originale, sono George Clooney, il vanesio Mr. Fox, e Meryl Streep, la mogliettina borghese che aspira a una vita tranquilla e preferisce comprare i polli al supermercato anziché seguire il consorte nelle rischiose razzie notturne. Specie ora che si sono appena trasferiti in un nuovo albero con vista panoramica sulle tenute di tre ricchi fattori, capitalisti avidi e violenti, pronti a tutto per fermare le incursioni degli animali selvatici nel pollaio. Ma il signor Volpe, che perderà la coda ma non il vizio, vuole tornare a vivere il suo lato selvaggio, coinvolgendo il figlio complessato e il nipote gagliardo, nonché tutte le bestie del vicinato. A quel punto anche Felicity non potrà che schierarsi dalla sua parte in una lotta senza quartiere che finisce con una sorta di esproprio proletario in un megastore alimentare.
Per il texano Wes Anderson l’incontro con l’inglese Roald Dahl maestro della letteratura per l’infanzia saccheggiato anche da Tim Burton era quasi predestinato se è vero che “Furbo, il signor Volpe” (così il titolo italiano nell’edizione Nord-Sud) è stato non solo il primo libro che ha letto ma anche il primo che ha posseduto. “Mi piaceva questo personaggio per certi versi eroico e mi piaceva scavare… I miei fratelli ed io eravamo fissati con i tunnel sotterranei”, racconta. Scritto con Noah Baumbach, con i pupazzi creati da Ian MacKinnon e Peter Saunders (La sposa cadavere), Fantastic Mr. Fox è realizzato in stop motion, una tecnica molto antica rimasta immutata nel tempo. Che è quasi l’antitesi del 3D.
Che ne pensa: si sente un po’ inattuale?
Lo stop motion mi ha sempre affascinato tantissimo, Avatar è stupefacente ma non è detto che il 3D diventerà l’unica tecnica in circolazione, come accadde con il colore. E poi ci ho messo quasi lo stesso tempo di James Cameron a realizzare questo film, se pensate che sono passati dieci anni da quando contattai la famiglia Dahl per i diritti.
Com’è andata al botteghino?
Rispetto ad Avatar è stata una delusione, ma in assoluto non mi posso lamentare.
Si è sentito un debuttante nell’affrontare l’animazione?
In fondo il risultato del lavoro, quello che appare dentro il rettangolo dello schermo, è identico. La differenza sta nel processo, che è più lento e in parte viene portato avanti dagli animatori, gente che lavora in solitudine, ciascuno per conto suo, magari con le cuffiette nelle orecchie.
Cosa ha cambiato rispetto al libro?
La storia di Dahl è molto breve e l’abbiamo usata tutta, abbiamo invece aggiunto vari personaggi, un prologo e un epilogo e la scena in cui la Volpe incontra il Lupo, una scena a cui tengo molto. Lì c’è tutta la contraddizione tra la Volpe che è addomesticata, civilizzata, indossa vestiti come i nostri, parla come noi e ha addirittura le fobie proprie degli umani, e il Lupo, che è allo stato selvaggio.
I due animali si salutano alzando il pugno chiuso…
Mi hanno chiesto spesso se sono comunista, non so rispondere ma è una domanda che mi fa piacere… Mathieu Amalric, uno degli attori, mi ha detto che abbiamo fatto un film segretamente politico e forse è vero, almeno a livello inconscio. Comunque in Dahl c’è qualcosa di anarchico, l’idea del furto portato alle estreme conseguenze.
Si è ispirato un po’ a qualche film precedente?
Non particolarmente, mi sono ispirato al libro e alla realtà. Però devo dire che mi piace molto Miyazaki e poi c’è sicuramente una relazione con John Ford. E’ inevitabile, quando c’è una scena con una sparatoria nella strada di una cittadina pensi al western, specialmente Sfida infernale, che è il mio preferito. Questo è il mio primo film in cui ci sono dei cattivi e così ho pensato al western, a John Ford, a Kurosawa e Sergio Leone. E’ normale prendere qualcosa da tutti.
Perché, secondo lei, Roald Dahl piace tanto ai cineasti?
Perché il suo modo di scrivere si presta molto al cinema: i miei preferiti sono Willy Wonka con un fantastico Gene Wilder e Chi ha paura delle streghe? dove Anjelica Huston è fantastica e che credo sia tra gli adattamenti quello più apprezzato dalla famiglia Dahl.
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