‘We are the World’, la notte che cambiò la musica

Il 29 gennaio esce su Netflix il documentario 'The Greatest Night in Pop' che celebra la nascita della storica canzone scritta da Lionel Richie e Michael Jackson


Il 28 gennaio del 1985 Lionel Richie accolse l’appello di Harry Belafonte e radunò la più incredibile compagine di musicisti mai vista dai tempi di Woodstock per registrare una  performance a favore dell’Africa: nasceva la notte magica di We are the World. Il 29 gennaio Netflix manda in onda, dopo una tambureggiante campagna di lancio, il documentario The Greatest Night in Pop che racconta quella storia con le voci dei protagonisti di ieri  e di oggi. Si potrebbe dire che è il racconto di un fenomeno strettamente musicale se non fosse che l’idea di Richie ha contagiato il mondo intero e proprio la forza delle immagini ha trasformato la nascita di un disco nella crescita di una diversa sensibilità mondiale rispetto ai temi dell’altra metà del pianeta.

La storia di quella straordinaria notte di gennaio comincia da lontano, da quando – nel novembre dell’anno prima – Bob Geldof chiama la comunità musicale (“The Live Aid”) a un impegno civile dopo la spaventosa carestia che ha decimato la popolazione dell’Etiopia. A dicembre risponde dagli Stati Uniti Harry Belafonte, chiedendo gesti concreti da parte dei suoi compatrioti. Ed ecco che l’appello viene raccolto da Lionel Richie e Michael Jackson che si affidano a Quincy Jones per produrre un evento d’impatto mondiale in cui coinvolgeranno lo stesso Geldof (oltre al canadese Dan Aykroyd, l’unico altro non americano della “band” di We are the World).

La notte del 28 gennaio è indubbiamente qualcosa di irripetibile: la base strumentale del brano – spesso criticato perché aveva assonanze con un jingle della Pepsi Cola – era stata scritta in soli tre giorni dal duo Richie&Jackson che fecero anche da voce guida per gli altri artisti invitati. All’appello arrivarono in 46, molti dei quali provenienti direttamente dagli American Music Awards, tutti convocati in gran segreto agli Hollywood’s A&M Studios di Hollywood dove li accoglieva un cartello scritto apposta da Quincy Jones: “Lascia il tuo ego fuori dalla porta”. 21 i solisti coinvolti (gli altri si alternavano da coristi), tra cui artisti come Stevie Wonder, Diana Ross, Ray Charles, Tina Turner, Cyndi Lauper, Billy Joel, Bob Dylan, Bruce Springsteen e Dionne Warwick, oltre ai due promotori. La registrazione finisce alle 8 del mattino e per molti resta una notte difficile da dimenticare, tra aggiustamenti dei pezzi (Quincy Jones aveva meticolosamente affidato a ciascuno la sua parte), ritornelli da accordare, scherzi goliardici e crisi di nervi. Tutto questo si ritrova nel documentario di Netflix, sia pure con gli aggiustamenti tipici di un committente che insegue la ricorrenza e la celebrazione ad ogni costo.

“ In quella stanza – dice oggi Richie -c’era anche da parte di tutti tanta speranza che sarebbe difficile ritrovare adesso” ed è forse questo l’elemento che più di tutti fa riflettere. Di quella canzone, facilmente orecchiabile, certamente intrisa di retorica nei testi e destinata comunque a un facile successo trasversale (800.000 copie del singolo vendute in un batter d’occhio dalla Columbia, numerose ripetizioni in concerto e perfino un medley eseguito dal vivo ai funerali di Michael Jackson), si può dire tantissimo e non sempre in positivo. Ma è innegabile la spinta emotiva e civile che generò in primo luogo tra i protagonisti, convinti di fare qualcosa di importante e utile, tanto che l’intero ammontare delle vendite arrivò davvero a chi moriva di fame all’altro capo del mondo. Per una notte non ci fu differenza tra bianchi e neri, superstar e semplici musicisti, artisti e tecnici, tutti coinvolti nella stessa utopia. Parola difficile da sentir risuonare oggi, quando perfino le ricorrenti reunion per nobili causa svelano poi, talvolta, meno nobili interessi. Delle riprese originali del 28 gennaio 1985 restavano un video promozionale girato subito (con Quincy Jones a fare da direttore d’orchestra e cori) e un making off dello stesso anno. Ma al risultato di oggi contribuiscono invece video amatoriali, frammenti sonorizzati apposta, ricordi e testimonianze di chi c’era davvero.

Prima del 1985 c’erano almeno tre pietre miliari tra cinema e musica, tra grandi eventi e cinepresa: Woodstock (1970) di Michael Wadleigh, con lo zampino di Martin Scorsese e della sua montatrice Thelma Schoonmaker; The Last Waltz (1978) firmato a pieno titolo da Scorsese per la fine della “Band” con Bob Dylan a fianco di Robbie Robertson; Pink Floyd – The Wall di Alan Parker (1982). Molti di più i film-concerto, genere che ha conosciuto uno straordinario revival nel 2023 con le riprese dell’Eras Tour di Taylor Swift (record storico di spettatori), ma che accompagna la leggenda di tutti gli idoli del rock a partire dalla svolta elettrica di Bob Dylan (Newport 1965), passando per i Rolling Stones (Gimme Shelter, 1970), John Lennon, (Sweet Toronto, 1970), Led Zeppelin (The Song Remains the Same, 1973), Talking Heads (Stop Makins Sense, 1984), U2 (Rattle and Hum, 1988), fino agli europei Sigur Rós e Bjork, Madonna (A letto con Madonna, 1991) e Vasco Rossi (Vasco Modena Park, 2017). E’ una lista che potremmo allungare all’infinito – di recente anche Beyoncé si è cimentata in veste di regista per immortalarsi sullo schermo –, ma solo in rari casi l’impatto ha avuto la forza della notte di We are the World: perché quell’impresa si concentrava tutta in un gesto e una canzone, perché puntò un riflettore potente sulla parte del mondo che non trova spazio nelle news e in tv, perché nessuno o quasi si tirò indietro (mancava all’appello Prince che si unì più tardi nelle esibizioni dal vivo come del resto Mariah Carey, Whitney Houston, Aretha Franklin, Cher, Madonna  e Paul McCartney).

Presentato al Sundance nella sera esatta della ricorrenza, The Greatest Night in Pop è destinato a vita breve nelle sale, mentre promette di riunire tre generazioni di spettatori sulla piattaforma. Ricorrenza a parte c’è da augurarsi che faccia tornare la voglia di usare la musica e il cinema per cause che hanno più importanza e significato della semplice esibizione di talento. Oggi ce n’è ancora più bisogno.

 

28 Gennaio 2024

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