Una storia incredibile, quella di Vivian Maier, nata nel 1926, tata per famiglie dell’alta borghesia di Chicago, autrice di oltre 100 mila fotografie conservate in segreto. Solo dopo la sua morte, avvenuta nel 2009, gli scatti sono venuti alla luce facendo di lei una delle più grandi “fotografe di strada” d’America. La sua storia arriva ora nelle sale italiane il 17 aprile, nel documentario Alla ricerca di Vivian Maier di John Maloof e Charlie Siskel, già presentato ai festival di Toronto e Berlino e distribuito da Feltrinelli Real Cinema.
Tutto comincia col fortunato acquisto di una scatola piena di negativi da parte dello stesso Maloof. “Ho ottenuto il permesso di accedere alle sue cose, quintali di strani oggetti che le erano appartenuti: così ho potuto iniziare il mio lavoro investigativo – racconta il regista – ma più cose scoprivo sul suo conto, più aumentavano le domande. Le sarebbe piaciuto quello che stavo facendo? Perché aveva nascosto al mondo le sue foto e la sua vita personale? Chi diavolo era questa donna che iniziava a sembrare una figura mitologica? La mia ossessione ci ha spinti a ‘collezionare’ interviste e aneddoti provenienti da ogni parte del mondo”. Il risultato è un ritratto fatto di luci e ombre, segreti e bugie: “Il nostro film – spiega Siskel – rivela un lato oscuro della Maier, più oscuro di quanto avrebbe voluto mostrare agli altri. Vivian Maier è stata una sorta di spia: ha catturato l’umanità così com’era, ovunque si trovasse: tra le baracche come nei sobborghi residenziali. Era un’outsider, e ciò le regalava una forma di empatia per gli emarginati che spesso ritraeva”. Quanto al suo desiderio di non mostrare a nessuno la propria opera, “siamo noi stessi a decidere cosa vogliamo che il mondo sappia di noi – continua Siskel -. Eppure, alla fine, non possiamo fare a meno di rivelare chi siamo. In vita aveva deciso di nascondersi. Ma nascondere la propria arte, ovviamente, non vuol dire distruggerla. Maier ha conservato le sue opere mettendone il destino nelle mani di altri”.
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