LOCARNO. “E’ la seconda volta che Toni Servillo sale sul Vesuvio. Era già successo a metà anni Novanta, quando Mario Martone nel suo episodio di I Vesuviani lo fece arrampicare sul vulcano per raccontare l’inadeguatezza della politica, anche di quella che all’epoca sembrava la migliore politica – furono in molti, in quel periodo, a identificare in Bassolino, sindaco di Napoli, il personaggio ispiratore di Martone – Io ho invece voluto raccontare il disastro, o meglio l’inadeguatezza della politica. Non è un caso se il mio film denuncia fatti veri e incontrovertibili ai quali però nessun politico ha ritenuto utile rispondere”.
Gianfranco Pannone – presente al festival di Locarno con il suo Sul vulcano, documentario fuori concorso che attraverso le storie di tre vite diverse racconta cosa vuol dire vivere ai piedi del Vesuvio – non ha paura delle polemiche. Anzi ha lanciato un appello ai politici per sensibilizzarli sulla grave situazione in cui versa la zona intorno al vulcano, che ha eruttato per l’ultima volta settant’anni fa, sapendo però molto bene che i politici rispondono abitualmente solo quando fa loro comodo, quando pensano di poterne in qualche modo trarre beneficio. “Proprio qui a Locarno mi era già successo con Il sole dell’avvenire, il documentario con il quale assieme al giornalista Giovanni Fasanella avevo ripercorso alcune fasi della vita del più famoso gruppo terrorista italiano, le Brigate Rosse. All’epoca (e sto parlando di pochi anni fa) le pagine dei giornali si erano riempite di dichiarazioni, dopo la presentazione in questo festival. I politici pensavano (con ragione) che polemizzando con quel film avrebbero avuto visibilità. E l’hanno effettivamente avuta, anche a scapito della verità e del buon gusto. Parlavano del film senza averlo visto, giunsero ad affermare che io e Fasanella eravamo quasi dei ‘fiancheggiatori’, dimenticando ad esempio che lo stesso Fasanella aveva descritto con grande partecipazione in più di un volume la vita delle vittime e dei familiari delle vittime del terrorismo. Con Sul vulcano è un po’ più difficile fare polemica spettacolare e a basso costo. Bisogna parlare di problemi, di problemi veri. Ecco, il silenzio rispetto al film lo spiego proprio in questo modo: è scomodo per tutti parlarne, e quindi non se ne parla”.
È anche un film che parla di problemi importanti senza mai ricorrere al linguaggio e agli stereotipi del cinema militante: “La politica è sempre stata molto importante nel mio lavoro, è una passione, fa capolino sempre. In Sul vulcano ho preferito raccontare il Vesuvio anche attraverso le parole e gli scritti di tanti artisti, di tanti scrittori. Volevo non banalizzare la mia passione per uno dei posti piü belli del mondo. Ma è evidente che, descrivendolo, ho affrontato anche i problemi che la speculazione ha creato: ho parlato delle case costruite sui canali creati dalla lava, ho raccontato la concentrazione di persone che vive in posti che non dovrebbero essere abitati. E questa è politica, politica vera, quella che piace a me”.
L’uscita del film, distribuito da Luce Cinecittà, è prevista ai primi di ottobre, “e in quell’occasione voglio raggiungere più pubblico possibile, ma anche ottenere delle risposte. Voglio un dibattito, un dibattito vero. Non lo voglio per me, lo voglio per il Vesuvio”.
"Volevo che in Perfidia ci fosse la Sardegna che conosco, che non è soltanto quella colorata, piena di sole e di mare, ma quella grigia, claustrofobica che si respira in certe periferie", così il regista sul suo esordio passato in Concorso al Festival di Locarno e in uscita in sala il 27 novembre con Movie Factory e Il Monello film. La storia, ambientata a Sassari, racconta di un padre e un figlio che, dopo la morte della loro moglie e madre, convivono scoprendo di essere due completi estranei. "Il tempo che stiamo vivendo è fatto di di una cattiveria che s'innesta silente nella società, nella famiglia, fra le persone, che non comunicano più e sono spesso paralizzate dalla solitudine", spiega l'autore
“Qui ci sono molti conti bancari della famiglia Marcos, sareste così gentili da ridarceli a noi, popolo filippino?”, così Lav Diaz, il regista premiato con il Pardo d’oro per il suo From What Is Before. Cancellata l'attesa masterclass con Roman Polanski che, a causa di una polemica montata da un politico locale, ha disertato il festival. Dario Argento ha annunciato che produrrà una serie per la tv americana: una decina di film, uno o due da lui diretti, i restanti affidati a giovani registi di horror indipendenti per il web
Il masterclass di Roman Polanski in programma a Locarno il 31 agosto con la moglie Emmanuelle Seigner, sta rinfocolando polemiche nel ticinese, il bacino d’utenza primo e naturale del festival. Parecchie voci indignate, anche a mezzo stampa, per l’invito al regista che si porta però ancora dietro il peso dell’accusa di stupro a una ragazzina. A protestare anche alcuni politici, come Fiorenzo Dadò, capogruppo del partito popolare democratico. Ma il direttore Carlo Chatrian risponde: "Lo invito come regista ponendo l'accento sui suoi film"
Rita Pavone protagonista al Festival di Locarno: la retrospettiva sulla Titanus propone anche il musicarello del 1967 Non stuzzicate la zanzara e lei si è lasciata andare ai ricordi, dalla collaborazione con Lina Wertmuller (che l'ha diretta anche nel celebre Gian Burrasca televisivo) e Giancarlo Giannini all'incontro con Elvis Presley o Giulietta Masina. E in futuro vorrebbe essere diretta da Pupi Avati “un regista che amo molto per come sa lavorare con gli attori”