“Ho impiegato 30 anni a rielaborare, acquistare nuova energia… Dopo Diario di un maestro non riuscivo più a tornare alla finzione, mi sembrava che quel film costituisse un vicolo cieco, un caso particolare”. Vittorio De Seta, maestro di un cinema della sperimentazione sul reale, dal 1973 ad oggi ha realizzato solo due documentari per la tv, Hong Kong, città di profughi (1980) e In Calabria (1993). Il cineasta di Banditi a Orgosolo ha preferito stare nella sua Sellia Marina, vicino a Catanzaro e creare nuove coltivazioni, tra cui “un uliveto moderno di coltura intensiva con impianto a goccia”.
Oggi, 80enne, torna al suo cinema con Lettere dal Sahara (ma il titolo è provvisorio). “Un lavoro in fieri – dice il regista, in questi giorni impegnato al montaggio – un film dove il protagonista Assan, un immigrato senegalese, racconta l’Italia. Ho dovuto scrivere la sceneggiatura a tavolino per ottenere il fondo di garanzia, poi l’ho modificata grazie all’esperienza del set, insieme al protagonista”.
Il film, che ha ottenuto il finanziamento ministeriale nel 1998, è stato girato in digitale tra novembre 2002 e giugno 2003. Prodotto da Donatella Palermo per A.S.P. con 3 miliardi di vecchie lire, Lettere al dal Sahara sarà pronto a gennaio 2004. All’appello manca solo una distribuzione. Intanto De Seta sarà festeggiato da Cinemambiente il 21 ottobre, con un premio alla carriera.
Mi racconta “Lettere dal Sahara”?
Assan, arrivato naufrago sull’isola di Lampedusa, in 6 mesi risalirà tutta l’Italia. affronterà diversi lavori fermandosi a Napoli, Firenze e Torino. Il suo è un apprendistato terribile e, quando Assan riesce a ottenere il permesso di soggiorno, viene quasi linciato in una rissa fuori da una discoteca. Entrato in crisi tornerà a casa a Cap Skiring, in Senegal e lì, durante la riunione di villaggio, di fronte alle insistenze del suo vecchio maestro, racconterà la sua esperienza che è realmente accaduta, compreso il linciaggio. L’anziano maestro concluderà parlando dello schiavismo e spezzerà una lancia contro l’Occidente.
Quale immagine dell’immigrazione?
Ho voluto capovolgere il rapporto con gli immigrati, che di solito non sono soggetti, ma oggetti di altrui riflessioni. Anche la letteratura africana, a differenza di quella afro-americana, è poco conosciuta e affermata dal punto di vista editoriale. Gli immigrati hanno conoscenze, tradizioni, valori religiosi e di vita straordinari. Sono portatori di cultura, non “vu’ cumprà”. Parlano in media 3 lingue quando in Italia c’è gente che non è uscita dal dialetto.
Dove e come si sono svolte le riprese?
Abbiamo girato 4 settimane a Lampedusa e Villa Literno, 5 a Torino e 2 in Senegal, nella zona della Casamance. Ho stracciato la sceneggiatura in fase di riprese, ora sono già alla quinta versione desunta del copione. I senegalesi del resto hanno salvato il film durante le riprese. In una scena girata a Villa Literno dovevano arrivare degli ospiti musicisti e suonare. Non aveva senso che scrivessi le battute dei senegalesi. Che ne sapevo di loro? Ho chiesto perciò loro di improvvisare e si sono comportati da veri attori, perché quando ripetevano le scene improvvisate le facevano uguali, migliorandole con aggiunte. In un scena il ragazzo porta del tè e inizia a ballare, è stato lui a deciderlo e il risultato è bellissimo. Ogni film è un prototipo, ma il sistema “cinema” lavora avendo il ‘dogma’ della sceneggiatura immutabile.
Lei ha sempre parlato di emarginazione…
E’ il mio archetipo.
…e ha sempre difeso la funzione educativa del linguaggio cinematografico
L’ho sperimentato nel caso di Diario di un maestro. Fare un film su una scuola tradizionale è quanto di più noioso uno si aspetti e invece non lo fu affatto. Il film, 4 ore e mezzo trasmesse la domenica sera dalla Rai nel 1973, fece spettacolo e batté tutti i record di ascolto e di gradimento. Il film ricevette critiche positive da “L’Osservatore Romano” a “Lotta Continua”. Questa esperienza mi ha fatto capire che non è vero che il pubblico è rimbambito. E i cineasti dovrebbero il più possibile ambire a una funzione culturale.
Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid
Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.
Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.
Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti