Da Palazzo Borghese a Regina Coeli. Riassume così, non senza una certa dose di autoironia, la sua straordinaria parabola Vittorio Cecchi Gori, che torna in un doc, Cecchi Gori Di vizi e di virtù di Simone Isola e Marco Spagnoli. Un omaggio tra autobiografia e storia degli anni gloriosi della ditta, con il padre Mario e poi in solitaria, mentre si glissa sulle vicende giudiziarie e sul gossip, che fa da contorno. Prodotto da Giuseppe Lepore, con un’anteprima ‘prenotata’ in un grande festival, forse Venezia, il film incuriosisce i giornalisti che hanno potuto vedere le prime immagini in una serata nella attuale residenza romana di Vittorio. L’attico panoramico ai Parioli che fu casa di famiglia comprata con i soldi guadagnati da Il sorpasso nel 1962. Una piccola festa, con tanto di torta e con gli Oscar, i David e i Nastri in bella vista, dedicata al ricordo di Pietro Coccia.
“Rifarei tutto quello che ho fatto, dal principio alla fine. Sapere di essere dalla parte della ragione ha centuplicato le mie energie. Certo, col senno di poi, rivedrei alcune cose, ma non sarebbe onesto intellettualmente sconfessarle”, ha esordito Vittorio, apparso sereno, in forma dopo l’ischemia di due anni fa, disposto a raccontarsi anche nelle ombre. Con 1.000 film prodotti e/o distribuiti in 50 anni – ultimo in ordine di tempo Silence di Scorsese – l’imprenditore fiorentino, classe 1942, è stato anche patron della Fiorentina e senatore del Partito Popolare. Famosi anche i suoi burrascosi amori, da Maria Grazia Buccella a Ornella Muti, che doveva sposare, dalla moglie Rita Rusic alla compagna Valeria Marini.
“Volevamo colmare un vuoto nella storia produttiva d’Italia – spiega Simone Isola – esiste un prima e un dopo Cecchi Gori”. Nasce così l’idea di farlo incontrare davanti alla macchina da presa con i personaggi della sua vita: Roberto Benigni, Giuseppe Tornatore, Leonardo Pieraccioni, Carlo Verdone, Lino Banfi, Marco Risi. E poi le ex Buccella e Marini, oggi sue grandi amiche, mentre Rita Rusic ha declinato l’invito. Quindi anche tre personaggi del mondo del calcio che hanno incrociato i suoi percorsi: Giancarlo Antognoni, Claudio Ranieri e Roberto Mancini, attuale CT della Nazionale. Tra le sue produzioni molti successi epocali, anche d’autore: Il postino, La vita è bella, Mediterraneo, La leggenda del santo bevitore, Così ridevano.
Nel film Verdone racconta: “Mario e Vittorio sono stati gli artefici del mio successo. Sergio Leone aveva intuito in me un talento che non sapevo di possedere, ma dopo Un sacco bello e Bianco rosso e Verdone, che pure erano andati molto bene, sono rimasto fermo. Avevano paura di farmi fare un film a personaggio unico. Mario mi chiamò e mi diede carta bianca. Voglio una cosa brillante, che faccia ridere e che faccia i soldi, per il resto fai quello che vuoi. Nacque Borotalco, un grande successo commerciale e di critica”. Ora è Leonardo Pieraccioni a parlare: “La mia fortuna è stata trovare Vittorio e Rita in un momento di grande energia. Forse se avessi debuttato con un altro produttore la mia storia si sarebbe fermata lì”.
“E’ tutto vero – interviene Vittorio – Pieraccioni era uno sconosciuto, Verdone non aveva ancora mai fatto un film da solo. Il gruppo Cecchi Gori era sempre più forte, ma reinvestiva tutto nel cinema. Abbiamo fatto tutti i film partecipando alle sceneggiature, in modo creativo, dovremmo avere i diritti alla Siae, non come oggi che i produttori sono quasi funzionari televisivi”. Il racconto prosegue, a ruota libera. “In questa casa sono tornato da poco. Prima non ci volevo stare, adesso il passato l’ho glorificato, ma ogni tanto mi sembra di veder spuntare mio padre e mia madre. Sono rimasto sempre figlio”.
Non mancano le allusioni a Berlusconi. Come quando parla della lotta tra cinema e televisione, vinta dalla televisione. O quando dice: “Sono stato vittima di un conflitto di interessi che non è stato sanato neanche oggi. Nei primi anni ’90 – racconta – mi chiamò Martinazzoli per propormi di candidarmi per il Senato a Firenze. Ho fatto due legislature, ma la DC mi si è sbriciolata sotto. E poi c’era chi aveva già avuto successo in politica”.
Spiega Marco Spagnoli: “Sulla Cecchi Gori esistono solo due libri, però abbiamo ritrovato 8.000 foto che altrimenti sarebbero andate perdute. Una collezione privata, con foto mai viste prima”. A salvarle, all’epoca della vicenda giudiziaria e del sequestro fu Laura Delli Colli che le portò al Sngci conservando i faldoni in alcuni armadi.
Vittorio parla dei finali: “Mio padre era convinto che Trintignant non dovesse morire alla fine del Sorpasso. Nel Postino con Troisi – che era per me un amico del cuore – fui io a oppormi alla morte del personaggio, ma Massimo mi disse: ricordati che Troisi per il pubblico è sempre vivo. Anche per la conclusione de La vita è bella non volevo si sentisse il rumore del mitra, ma Benigni ebbe la meglio. La commedia italiana ha un’ossatura drammaturgica che a volte deve finire tragicamente”.
Il matrimonio: “Quando arrivi a 40 anni, devi sposarti, ma comunque il mio matrimonio è durato vent’anni e ho avuto due figli meravigliosi: Mario e Vittoria, oggi con Rita sono in buoni rapporti, anche se mi resta difficile fare una passeggiata con lei e Valeria insieme. Però devo dire che Valeria l’ho conosciuta dopo che ci eravamo separati, non è stata la mia amante”.
Vittorio pensa al futuro: “Ho voglia di tornare a fare cinema, ho un progetto ma non ve lo dico”. Poi un ultimo accenno all’arresto, tragico, avvenuto davanti ai figli. “Eravamo alla follia del potere. Vi assicuro che non è facile andare da Palazzo Borghese a Regina Coeli. Ma io me ne sono fatto una medaglia perché ho resistito bene”.
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