Lo intercettiamo telefonicamente in auto, mentre da Bari sta andando a Pesaro insieme alla moglie Milena Mancini, che al Bif&st ha ricevuto il Premio Alida Valli. Vinicio Marchioni è in giuria alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema con il direttore della fotografia Renato Berta e il regista e animatore Virginio Villoresi. In attesa del verdetto, Marchioni presenterà in Piazza del Popolo il suo lavoro da regista Il terremoto di Vanja – Looking for Cechov, che nasce dal grande amore per il drammaturgo russo e dalla versione teatrale di Vanja, nell’adattamento realizzato con Letizia Russo e con Milena. Il film, in parte un on the road verso Taganrog, la città natale dello scrittore, unisce in un lavoro organico e suggestivo l’esperienza teatrale con un dialogo immaginario con Cechov – a cui presta la voce Toni Servillo – e con la denuncia dei disastri umani legati ai terremoti, da quello più recente di Amatrice a quello de L’Aquila, gettando un ponte tra i personaggi raccontati nel celebre dramma del 1896 e quelli contemporanei.
Marchioni, in questi giorni siete impegnati in una piccola tournée tra i festival: è un momento particolare, di riapertura e ritorno alla vita per lo spettacolo italiano, dopo i mesi durissimi del lockdown. Qual è la sensazione dominante?
Sì, siamo stati al Napoli Teatro Festival con il Caligola di Camus, poi a Bari e ora a Pesaro. Fa impressione l’afflusso di pubblico. E’ vero che con il distanziamento ci sono meno posti, ma ovunque troviamo il tutto esaurito. Mi sembra che ci sia una fame gigantesca di cinema, di teatro, di eventi, di incontri, di ascolto e di visioni. Questi festival sono stati sottoposti ad uno stress organizzativo gigantesco e hanno funzionato alla grande. Non è stato semplice organizzarli, sanificare le zone e mantenere tutto in sicurezza.
Nessun aspetto negativo?
La burocrazia italiana che non aiuta in niente. Parlando con gli addetti ai lavori e con le persone che lavorano nei festival, emerge un delirio di burocrazia. Molti problemi nascono da cavilli.
Quest’anno la Mostra di Pesaro ha aperto il concorso a tutti i formati e le durate. Da giurato cosa ne pensa?
E’ una fortuna poter vedere tutto questo materiale, il Festival di Pesaro tradizionalmente è votato alla libertà espressiva, visionaria e linguistica, ma devo dire che quest’anno la scelta di non porre alcun limite, ha accresciuto questo aspetto. Anche un film di 10’ può rimanere impresso nella memoria. Ogni linguaggio acquista importanza fuori dagli schemi a cui siamo abituati che significa film confezionati in un’ora e mezza, in cui il pubblico deve comprendere tutto quanto dall’inizio alla fine. Invece Pesaro propone un cinema incentrato sull’importanza del racconto attraverso le immagini, come fin da Mèlies dovebbe essere.
Anche Il terremoto di Vanja Looking for Cechov vive di una compresenza di linguaggi e suggestioni.
Sono contento di proiettarlo qui al festival fuori concorso. Doveva uscire ad aprile, poi è stato bloccato dal lockdown, come tutti, ma è entrato nella cinquina dei Nastri. Ho cercato di condensare la mia ossessione amorosa per Cechov insieme alla volontà di riportare l’attenzione sulle persone che hanno subìto il terremoto del 2016 e sui tanti terremoti che hanno flagellato l’Italia. L’utopia era mettere questo in scena con la poetica di Cechov, quella leggerezza emotiva che ti scuote, ma non sai neanche tu quali sono le corde che tocca. È stato un viaggio, fisico e all’interno di questo autore e mi piace farlo conoscere a più persone possibili. Si pensa a Cechov come a uno scrittore elitario e intellettuale, invece nessun altro autore teatrale ha descritto le persone per quello che sono e non per quello che dovrebbero essere. Dopo la Festa di Roma, dove ha debuttato, e Pesaro, sarà al Festival di Mosca e mi auguro che possa uscire in autunno, magari anche in streaming.
Cosa pensa della distribuzione in streaming: è un’opportunità, specie per alcuni lavori più piccoli, o un rischio?
Credo che questo sia un periodo di transizione e di grande cambiamento. E’ difficile dare definizioni perché il pubblico, che era già abituato allo streaming, dopo questi tre mesi cambierà ancora di più e non possiamo far finta che questo non esista. Può essere un problema per le sale e per i film pensati per il grande schermo. Che sia un’opportunità o una mannaia, tutto dipende da come ci organizziamo. Per i film più piccoli può garantire una sopravvivenza meravigliosa, per i più grandi c’è il pericolo di non rientrare economicamente. Esiste un supporto giusto per ogni tipo di lavoro, è un discorso molto complicato su cui continuo a riflettere. Di sicuro stiamo perdendo i punti di riferimento, anzi li abbiamo già persi.
Lei ha lavorato con Daniele Vicari durante il lockdown al film Il giorno e la notte.
E’ stata l’esperienza più immersiva che abbiamo fatto finora, girando dentro casa diretti da Daniele attraverso uno schermo e in collegamento a distanza con tutti i reparti, dalla scenografia al settaggio delle macchine e dei microfoni, un’esperienza totalizzante. Certo, il film risentirà del mezzo tecnico con cui è stato realizzato, ma ha una libertà creativa e un coinvolgimento emotivo a 360° e penso che questa energia sia finita lì dentro.
Cosa racconta?
Sono quattro storie che non si intrecciano tra loro e che si svolgono in casa in una circostanza che costringe le persone a non uscire, ma che non è il coronavirus. Milena è una donna sposata con Giordano De Plano che rimane bloccata con me, il suo migliore amico, in casa mia.
Avete lavorato anche al testo teatrale durante la quarantena.
Abbiamo realizzato la messinscena del Caligola di Camus, un testo così importante in un periodo doloroso per tutti noi, un viaggio profondo. Adesso lo mettiamo da parte e dovrei riprendere il secondo anno di tournée de I soliti ignoti. Poi ho in uscita Supereroi di Paolo Genovese, Governance di Michael Zampino con Massimo Popolizio. A breve inizierò le riprese del Caravaggio di Michele Placido, in cui io sono Giovanni Baglione, il pittore suo antagonista, che lo ha portato al processo. Nel cast ci sono, oltre al protagonista Riccardo Scamarcio, anche Isabelle Huppert e Louis Garrel.
Sta pensando anche alla regia?
Faremo un cortometraggio scritto, diretto e interpretato da me e Milena. E stiamo scrivendo il primo lungometraggio di finzione, ma è presto per parlarne. Il percorso della regia, cominciato con Vanja, prosegue. Non ho mai guardato al mio ombelico, ho studiato con maestri teatrali che mi hanno trasmesso la grande passione per la scrittura e per i testi. E credo che un attore, come un regista, debba fare da tramite verso qualcosa di più grande.
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