GIFFONI – Carlo Verdone, a #Giffoni53 ospite di un incontro che anticipa qualche dettaglio su Vita da Carlo – Seconda Stagione – dal 15 settembre in esclusiva su Paramount+ – riceve lo Special Award 2023: “ve lo dedico con tutto il cuore”, dice rivolgendosi alla Sala Truffaut gremita di Giffoners entusiasti per lui – a conferma che il gap generazionale non sussista – e per sangiovanni e Ludovica Martino, protagonisti della serie.
C’è grandissima protezione per la diffusione dei contenuti della serie imminente, infatti alla platea viene concessa la visione di quella che lo stesso Verdone definisce “una clip-ina-ina-ina”, ma sufficiente a presentare i personaggi: Maria F., interpretata dalla Martino, e quello di sangiovanni, il cantautore emerso dal talent Amici, che per Vita da Carlo – Seconda Stagione interpreta Verdone da giovane, scopriamo.
Se l’attualità sta nel conto alla rovescia della visione della serie, altrettanto anche nella questione internazionale dello sciopero degli autori americani, su cui – una giffoner dalla platea – interpella Verdone, domandando il suo punto di vista in merito: “concordo pienamente. L’intelligenza artificiale è la morte del cinema d’autore; allora, aveva ragione Godard quando diceva: ‘addio al linguaggio’. Gli algoritmi sono una paraculata per il finale paravento: anche questa è la morte degli autori. Questo sciopero è sacrosanto. Se scrivono AI e algoritmi è finita l’arte”.
Giffoni, si sa, fa rima con giovani ma qual è il rapporto di Carlo Verdone con questo tempo anagrafico e chi lo incarna nel presente? “I giovani sono il futuro del Paese, dobbiamo avere grande cura di loro e delle loro aspettative: come ho fatto io, che do a loro la mia esperienza, e loro danno a me la loro energia” e, riferendosi ai suoi due giovani interpreti, aggiunge: “sono due ragazzi speciali: sangiovanni viene dalla musica ma ha fatto un passo da gigante, s’è dimostrato un validissimo attore. Ludovica e sangiovanni sono due ragazzi seri, disciplinati, pieni di entusiasmo e se la serie è venuta bene è anche loro il merito”.
E sangiovanni ha davvero una responsabilità, nel recitare la parte del Carlo Verdone giovane: cosa possono avere in comune? “Niente, perché quando io inizio il mio primo film d’autore – così Verdone entra un po’ nel dettaglio della vicenda della serie – dico al produttore che ho bisogno di uno che faccia me da giovane: e lui individua in sangiovanni colui che si trascina dietro un numero enorme di persone. Io insorgo alla proposta: ‘è nato a Vicenza, ha un’altra vita…’. Ma… ‘o prendi lui o niente’, quindi mi tocca abbozzare… dunque lo incontro e spero mi dica non voglia farlo, e invece sì: pian piano mi rendo conto sia capace, anche se nella serie è un Carlo Verdone molto romanzato, perché lui porta se stesso. Io credo avrà davvero un futuro da attore, sicuramente”.
Per sangiovanni questo ruolo “è stato divertente perché, appunto, è un Carlo Vrdone romanzato, infatti nella serie ho anche battute nel mio dialetto, veneto: comunque, Carlo giovane prova emozioni che anche sangiovanni prova, per cui non mi sono sentito poi così lontano. In lui vedo l’esemplarità della passione, ancora dopo tanto tempo di apice nella carriera: da lui ho appreso il rispetto delle dinamiche”.
È ancora Carlo Verdone stesso a portare un pochino più ancora dentro la serie, dicendo che c’è una new entry: Stefania Rocca, e delle guest star, ovvero Gabriele Muccino, Christian De Sica, Maria De Filippi, Ibrahimovic, che realmente servivano nella storia”.
Come ogni storia che si rispetti, esiste sempre un “dietro le quinte” fatto anche di aneddoti, e due ne racconta lo stesso Verdone, il primo uno scherzo fatto al suo giovane alter ego: “Un giorno ho preso sangiovanni, dopo una scena in cui con Ludovica aveva avuto un battibecco di battute: chiedo a lui, ‘sinceramente, ma la trovi brava?’. Lui non sapeva cosa dire. E io continuo: ‘abbiamo sbagliato attrice, penso sia antipatica al pubblico’. Lui: ‘poveraccia!’ Io: ‘ma non è brava’. L’idea di dover semmai ripetere tre settimane di riprese l’aveva terrorizzato”. Poi, continua, ce n’è “uno drammatico. Stefania Rocca si occupa dei bambini e siamo in un parco con gli animali. È una scena di corteggiamento. Il campo base del set era distante 1km, quando a un certo punto mi scappava davvero la pipì, così mi sono allontanato dietro una collinetta e lì mi sono trovato intorno cinque mucche: sono scappato con le braghe calate. Ero terrorizzato perché erano allo stato brado: è un po’ triste, lo so, ma anche ironico”.
L’incontro, un po’ per la serie attesa, un po’ per il “qui e ora” incarnato dai Giffoners, è molto centrato sul tempo presente ma dal pubblico viene ricordato quel suo antico spettacolo teatrale in cui, una sera, c’era un solo spettatore in platea, situazione che forse suggeriva di non andare in scena, cosa che invece accadde e che probabilmente ha determinato la sua carriera: “avevo messo in conto potesse succedere non facessi l’attore”, ammette Verdone, che poi racconta quella serata in cui “entra in sala un signore e chiede se c’è lo spettacolo. ‘Sì, per lei’. Io penso: ‘finiamo in maniera eroica, avremo un bel ricordo’; gli altri erano depressissimi, io ho dato il massimo. È uscito e, alle tre del pomeriggio del giorno dopo, mi chiama un amico e chiede: ‘ma tu hai comprato ‘Paese Sera’?’. Franco Cordelli aveva scritto un articolo meraviglioso, aveva scritto ‘correte… a seguire un giovane attore che avrà un futuro’. La disciplina e l’educazione, anche verso un solo spettatore, sono state ricompensate”.
Ma Carlo Verdone – maestro nel mestiere, una carriera per la più parte sempreverde anche rispetto alle differenti generazioni che lo seguono – i Giffoners si chiedono se abbia ancora dei sogni e lui risponde che “anche in età matura, un piccolo sogno lo devi mantenere, se no è come se la vita si fosse già fermata. Tutto il vissuto non sarà un cerchio perfetto, la vita è un contrasto, polo positivo e polo negativo. Io ho un sogno, quello di fare una cosa diversa, rischiando anche di aver poco pubblico, ma di aver così mostrato un altro pezzo della mia anima che il pubblico non conosce, come ho fatto con i miei due libri, che sono molto sinceri su di me. Nella serie c’è un 70% di me, tutti hanno fragilità e debolezze: se queste portano una risata sono disponibile a vendere queste mie défaillance, l’importante è essere sinceri. Più passa il tempo e più cerco di essere me stesso: ho fatto i personaggi finché era tempo, perché poi la maschera cambia, se no si diventa ridicoli”.
di Nicole Bianchi
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