Valerio Mieli: due cuori in inverno


Il direttore Marco Müller l’ha definito “la migliore commedia sentimentale italiana degli ultimi anni, venata di dolore”. Non ci poteva essere miglior viatico per la fresca e convincente opera prima Dieci inverni del 31enne romano Valerio Mieli, che ha aperto la sezione Controcampo italiano e il cui soggetto è stato finalista del Premio Solinas ’07. Un esordio che ha mosso i primi passi tre anni fa quando Rai Cinema, nella persona di Carlo Brancaleoni, chiese agli allievi del Centro Sperimentale di Roma, tra i quali appunto Mieli, di proporre dei soggetti. Da allora il regista si è diplomato e il soggetto è cresciuto diventando una coproduzione italo-russa (CSC Production, Rai Cinema e United Film Company) con il contributo del MiBAC.

Mieli ha scelto un genere, quello della commedia sentimentale, poco sperimentato in Italia e più frequentato in Francia e Inghilterra: “Ho voluto realizzare un film abbastanza vero, spesso la vita non è né una commedia né una tragedia, ha dentro entrambe”. Protagonisti due giovani profondamente diversi, Camilla/Isabella Ragonese e Silvestro/Michele Riondino, e il loro prologo d’amore lungo dieci anni, durante i quali diventano adulti incontrandosi, perdendosi di vista, ritrovandosi. Dieci inverni durante i quali imparano a conoscere se stessi, a capirsi e ad amarsi in una Venezia non turistica e in una gelida e tuttavia accogliente Mosca ben fotografate da Marco Onorato.
Dieci inverni, presente in concorso a ottobre al festival di Tokio, sarà distribuito da gennaio nelle sale italiane da Bolero Film e come distributore internazionale ha Rai Trade. E’ prevista anche l’uscita per Rizzoli del romanzo omonimo, scritto dal regista durante la lavorazione del film.

Quanto c’è di autobiografico nella storia che racconta?
Direi parecchio. Mi è venuto spontaneo pensare a una storia d’amore per due motivi: sia perché è il tema che meglio conosco, sia perché mi sono messo insieme alla sceneggiatrice del film, Isabella Aguilar, proprio dopo dieci anni esatti che ci conoscevamo. Insieme dopo vari rapporti amorosi di lei con i miei migliori amici e del sottoscritto con le sue migliori amiche, tanto da renderci antipatici per molto tempo.

La sceneggiatura, con la supervisione di Federica Pontremoli, ha richiesto diverse stesure?
Sono convinto che una buona sceneggiatura sia indispensabile per la riuscita di un film. Dieci inverni è una storia d’amore a quadri, che si sviluppa attraverso diversi anni. All’inizio non avevo pensato a una vicenda amorosa che non sboccia, ma a un’altalena di convivenze e separazioni, avendo davanti il film di Gianluca Maria Tavarelli Un amore, che copre un arco narrativo ben più ampio.

Altre storie d’amore del grande schermo che l’hanno ispirata?
Non sono uno spettatore assiduo di questo genere filmico, come non lo sono di tutti gli altri. Ho visto e rivisto durante la lavorazione anche Harry ti presento Sally il cui registro è comunque diverso perché si tratta di una commedia brillante. E poi Un cuore in inverno e Nelly e monsieur Arnaud di Claude Sautet e Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry.

Non crede che i due protagonisti abbiano paura di amare ed essere amati?
Forse Silvestro ha tanto timore di questo sentimento, infatti non ha storie serie nell’arco di un decennio, apparentemente e più leggero e ha bisogno di tempo per amare. Lei è l’opposto: ha subito rapporti seri, è una donna che s’innamora e fa innamorare. Parte con le idee molte chiare sulla sua vita e poi sbatte contro un muro. Lui, che sembra più incerto sui progetti futuri, va poi molto più dritto di lei. Soprattutto è un film sulla difficoltà di capire quello che uno vuole davvero, sapendo che si cambia nel corso del tempo.

La sfida più grande?
Raccontare questi personaggi che non hanno mai contemporaneamente un’attrazione reciproca, mantenere quella tensione tra loro due che hanno vite abbastanza indipendenti mentre s’incrociano e si piacciono.

E’ stato indeciso nel trovare un finale?
Ho pensato in montaggio a un finale diverso, ma sarebbe apparso d’autore perché più cattivo e io non volevo raccontare quello. Non è stata una scelta commerciale, perché il film funziona meglio con questa conclusione, che non mi pare ammiccante, in fondo non c’è nulla di certo sul loro futuro.

Perché ha voluto come location principale Venezia?
Questa città così poetica c’era ancora prima del soggetto, ho sempre desiderato girare in quella Venezia poco conosciuta, non spettacolare. Una Venezia non da cartolina, invernale e frequentata dai suoi abitanti e non dai turisti.

Isabella Ragonese e Michele Riondino sono spontanei e tengono alta la tensione narrativa.

Il casting è durato quasi un anno, abbiamo visto quasi tutti gli attori di quell’età, dai più noti ai meno. La difficoltà è stata nello scegliere una coppia di attori il cui ruolo è centrale nel film. Interpreti bravi e interessanti non solo singolarmente, ma anche credibili nel comunicare al pubblico l’idea sia di una coppia che potrebbe funzionare insieme ma anche di due caratteri poco compatibili.

autore
04 Settembre 2009

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