Valerio Mastandrea: “Cinema italiano, un panda in via d’estinzione”


“Non capisco perché qui a Venezia non si continui a parlare di una specie che è in via di estinzione: il cinema italiano. In fondo questo festival è un grande bioparco dove si mostrano quei panda che fanno film. Perché dopo i pesanti tagli al Fus, da quest’anno si realizzeranno meno opere e il pubblico si troverà davanti un’offerta minore”.

Così la pensa l’attore Valerio Mastandrea, protagonista di tante opere prime compresa quella diretta da Claudio Noce, Good Morning Aman in programma alla Settimana della critica e attesa in sala a fine ottobre, distribuita da Cinecittà Luce.
Il film narra l’incontro tra due solitudini, due destini carichi di rabbia e disperazione, alla ricerca della propria identità in una Roma multietnica. Mastandrea è Teodoro, un quarantenne ex pugilatore che espia i suoi errori e colpe con una reclusione volontaria dentro casa. Il somalo Said Sabrie è Aman, un giovane scappato dalla guerra del proprio Paese e che sogna di diventare rivenditore d’auto, ma deve invece accontentarsi di fare pulizie nella concessionaria. Intorno a loro altri personaggi feriti e smarriti: Sara (Anita Caprioli) vittima di un uomo violento, l’ex moglie di Teodoro (Sandra Toffolati), gli amici dell’ex pugile. Good Morning Aman è prodotto da Dodo Fiori per DNA Cinematografica in collaborazione con Rai Cinema ed è stato riconosciuto film di interesse culturale nazionale.

E’ vero che ha scelto di diventare produttore associato del film rinunciando al suo abituale compenso?
Sì, ho fatto un grosso investimento economico, anzi no di valori e di principi. Se il regista esordiente non fosse stato Claudio, avrei aspettato qualche anno prima di lavorare ancora una volta con un esordiente. L’ho conosciuto dieci anni fa sul set de L’odore della notte di Claudio Caligari di cui era assistente alla regia. In Good Morning Aman ho voluto partecipare a tutte le fasi di lavoro: preparazione, riprese e post produzione.

In un primo tempo il suo ex pugile era un anziano?
E’ vero sono stato coinvolto nel film proprio quando è stato fatto un ragionamento artistico sul ringiovanimento di Teodoro, del resto il film ha richiesto un lavoro lungo di scrittura da parte degli sceneggiatori.

Come ha costruito il suo personaggio?

Claudio, il regista, prima scardina i personaggi, li spolpa e poi filma quel che rimane. Così Teodoro è stato sezionato in ogni minima parte, per capire chi fosse. Non conosco persone che hanno tanto così male dentro di loro come questo ex pugile. Dall’inizio alla fine delle riprese ho lavorato su questo personaggio avendo come riferimento l’impossibilità di cambiare. Lui è il simbolo estremo di questi tempi: se sbagli non c’è pietà, ti ritrovi con pochissime possibilità sul piano umano e professionale e non ti vengono dati tempo e opportunità di cambiare.

Non c’è ambiguità nel suo rapporto con Aman?
Il bacio in bocca è solo una provocazione. Teodoro ha toccato il male e il dolore in modo così intenso che l’incontro casuale con il giovane somalo Aman si trasforma in un’occasione di salvezza, una risorsa per stare bene. Il suo abbraccio, forte e virile, è mosso da un amore sproporzionato per Aman.

Quasi un rapporto padre e figlio?
Sì, ma è Teodoro che si sente figlio di questo ragazzo somalo che lo obbliga a un contatto estremo con la propria emotività. Entrambi soffrono la stessa emarginazione sociale, anche se per ragioni diverse. In fondo non c’è bisogno di arrivare clandestini su un gommone per essere emarginati. Due solitudini che s’aiutano a vicenda con l’idea di servirsi l’uno dell’altro per compiere il proprio percorso individuale: Aman per imparare a vivere nonostante le difficoltà quotidiane, Teodoro per chiudere il cerchio della sua vita.

 

Di recente lei ha scelto anche personaggi introversi e tormentati, penso ad Antonio di “Un giorno perfetto” di Ozpetek.
Ogni volta ricerco la complessità del personaggio che sia o no drammatico, così il mio mestiere fa un passo in avanti. Per esempio anche il personaggio di Non pensarci era complesso perché inserito in una commedia sottile, non superficiale e sguaiata. Cerco ruoli che sono sul filo di lana che mi fanno crescere, ma ciò non mi impedisce di divertirmi sul set.

Da poco ha terminato le riprese de “La prima cosa bella” di Paolo Virzì.
Il film è una commedia commovente con protagonista una famiglia di Livorno dagli anni ’70 a oggi e interpreto Bruno, Stefania Sandrelli è mia madre, che dopo essere scappato ritorna a casa probabilmente per non andarsene più.

Dopo il corto da lei diretto “Trevirgolaottantasette”, quando firmerà un lungometraggio?
Girerò un film quando avrò l’urgenza di raccontare qualcosa e forte sarà la spinta morale ed etica. Intanto porterò di nuovo in tournée il testo teatrale “Migliore” di Mattia Torre.

Anche lei, come tanti altri, ha rivendicato il reintegro del Fus.

Al di là del Fus, il problema vero è che nel nostro Paese è urgente un nuovo rapporto con il mondo dello spettacolo e della cultura. Per far sentire forte la nostra protesta forse dovremmo fare, come è accaduto con gli sceneggiatori americani tempo fa, una sorta di “sciopero” televisivo. Solo così la gente s’accorgerebbe di noi e dei nostri problemi.

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06 Settembre 2009

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