Valerio Mastandrea


Valerio MastandreaEsce domani in 42 copie, dopo una buona accoglienza alla Semaine de la Critique di Cannes, L’orizzonte degli eventi. L’opera seconda di Daniele Vìcari,il cui prossimo progetto è un documentario sul declino economico del nostro Paese, legato ai temi dell’energia nucleare e dell’emigrazione, è anche la seconda fortunata collaborazione tra il regista e Valerio Mastandrea. Dopo Velocità massima, a Venezia nel 2001, Vìcari sceglie infatti nuovamente l’attore romano, ma stavolta per un ruolo apparentemente lontanissimo dalle sue corde, quello di un fisico impegnato in un esperimento scientifico di rilevanza internazionale nel supertecnologico laboratorio di fisica nucleare all’interno Gran Sasso. Un salto notevole per Mastandrea, che ha sempre interpretato personaggi molto vicini al suo modo di essere: un concentrato di schiettezza romana.

Che cosa ha significato per la sua professionalità interpretare un personaggio così diverso da lei?
Dietro indicazione di Daniele mi sono concentrato soprattutto sulla condizione umana del personaggio piuttosto che su quella professionale, anche se naturalmente quest’ultima è stata tenuta in grande considerazione. Max, per una serie di importanti eventi che sconvolgono la sua vita, come la morte del padre e la sua improvvisa promozione, fa un tuffo nel proprio Io, nella propria personalità complessa ma soprattutto “compressa”, al punto da essere in uno stato di tensione così estremo da precedere l’esplosione. .

C’è stata una preparazione particolare per affrontare il ruolo?
Non credo molto nel metodo alla De Niro, che richiede di mettersi nei panni del personaggio per settimane prima di interpretare il film, anche perché in Italia non sarebbe possibile per il tempo che richiederebbe. Ho cercato una soluzione efficace per trasformarmi in questo scienziato nucleare, che di certo non parla romanaccio. Nel film infatti parlo un italiano perfetto, anche con termini che non mi appartengono. Così durante le prove mi sono fatto intervistare come se fossi Max, lo scienziato, cercando di rispondere come avrebbe fatto lui.

Altri film italiani in sala in questi giorni, affrontano il tema dell’immigrazione…
Il cinema deve raccontare l’immigrazione e L’orizzonte degli eventi lo fa con un approccio particolare e molto efficace: la rappresentazione di due solitudini diverse che si incontrano. Quella di Max è una solitudine scelta, vissuta soprattutto nel suo mondo interiore, perché comunque è una persona che vive e lavora in mezzo alla gente; quella di Bajram, il pastore macedone, è una solitudine indotta, a cui è costretto anche materialmente, vivendo solo in mezzo alle montagne. La differenza è che Max può scegliere e ha l’opportunità di fare qualcosa che lo renderebbe diverso, mentre Bajram non ha questo privilegio.

autore
19 Maggio 2005

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