BARI. “In Francia il pericolo è molto grande, spero che il 7 maggio al ballottaggio chi ha deciso di non andare a votare cambi idea. Spero che Jean-Luc Mélanchon (candidato di sinistra, ndr.) dia un’indicazione di voto, è insopportabile che non si sia pronunciato”. Valeria Bruni Tedeschi non si sottrae alla domanda di rito sul prossimo voto presidenziale francese, ospite del Bif&st dove ha ricevuto il premio Anna Magnani come miglior attrice per il ruolo ne La pazza gioia di Paolo Virzì.
Per il ruolo di Beatrice, istrionica bipolare e sedicente contessa, più che all’esperienza di psicologi e terapeuti si è affidata alla sua intimità, avendo come riferimento quel metodo Strasberg che le ha aperto orizzonti.
Negli oltre 80 film interpretati,Valeria Bruni Tedeschi ha spesso offerto ritratti di donne fragili e tormentate, ma non si sente prigioniera del personaggio. “Ho fatto ruoli più rotondi, meno nevrotici, sempre portandovi quella solitudine e fragilità che forse voglio raccontare”.
Più che i personaggi sceglie i registi o si fa scegliere da loro, non le importa se la parte è piccola o no. “Ma se prendo un caffè con loro e mi annoio, non accetto il film, non sempre però te lo puoi permettere”.
La sua vita artistica si divide tra Francia e Italia, con il vantaggio di avere più possibilità, ma si sente “profondamente italiana perché la mia infanzia l’ho trascorsa in Italia, qui affondano le mie radici”.
Ha firmato tre film da regista. “Li ho realizzati in quanto attrice, è grazie a questa esperienza che ho allargato il mio lavoro. E’ come se mi svelassi”. Il suo nuovo lavoro, Una ragazzina di 90 anni, è un documentario che esce a giugno sull’Alzheimer con protagonista una ultranovantenne. “Per una settimana abbiamo seguito il lavoro di un atelier di danza con persone malate di Alzheimer, filmando questo microcosmo di pazienti e personale, imbattendoci anche con l’innamoramento di questa donna anziana per il coreografo”.
Attrice lo è diventata dopo aver frequentato corsi di teatro con il solo proposito di incontrare gli altri, perché trovava insopportabile starsene sola a studiare. “Il mestiere di attrice è insieme appassionante, destabilizzante e complicato. Trovo insopportabile l’essere in balia del regista, del desiderio altrui. Un attore aspetta sempre uno che lo desideri”.
Quanto al delizioso e esilarante suo intervento che ha animato la cerimonia dei David di Donatello ‘si giustifica’ spiegando che “ero stramba quella sera, avevo ascoltato la mattina al Quirinale il discorso di Benigni sul dovere della gioia. Si era depositato dentro di me e mi ha spinto a scrivere un discorsetto. Se mi danno un premio, ho pensato, cerco di essere generosa, di dire qualcosa di mio. Poi è arrivato l’incidente del vestito che m’impediva di salire sul palco e si sa che l’imprevisto a teatro o in una situazione ufficiale come quella è meraviglioso”.
Nella masterclass al Bif&st l’artista francese ha raccontato il suo impegno ambientalista di produttore e regista cominciato nel 1989 con Le peuple singe
La grande Retrospettiva 2018 sarà dedicata a un autore o un’autrice internazionale vivente. “Quest’anno il ponte del 25 aprile si è rivelato tutt’altro che uno svantaggio, anzi ha incrementato le presenze” afferma il direttore Laudadio, auspicando che torni disponibile il teatro Kursaal Santa Lucia. Il presidente Michele Emiliano ha accennato ai teatri Piccinni e Margherita che, una volta restaurati, potrebbero tornare utili, e a connettere meglio la Fiera del Levante con il Festival, raccogliendo la sfida di spazi dedicati alla creatività
Al Bif&st Premio Ettore Scola al regista di Orecchie; Premio Mariangela Melato alla protagonista de La ragazza del mondo; Premio Gabriele Ferzetti al protagonista de Il padre d’Italia
Il loro primo incontro è avvenuto sul set di Paura e amore (1988) immerso nella nebbia di Pavia. “Eppure il clima era così festoso e tu, Margarethe, eri così appassionata” ricorda l’attrice Fanny Ardant nel corso della master class al Bif&st dove presenta il suo terzo film da regista, Le divan de Staline. “Era un momento triste della nostra vita, ma era un pozzo di tristezza anche il mio film”, replica la regista Margarethe von Trotta. Le due artiste raccontano il passaggio dalla recitazione alla regia