Riuscire a interpretare Ornella Vanoni non è stato un compito semplice per Valeria Bono. L’attrice torinese, 29 anni, ha “cercato di coglierne l’essenza”, come ha raccontato a CinecittàNews in vista della messa in onda domenica 11 febbraio in prima serata su Rai1 del film tv Califano, diretto da Alessandro Angelini, che omaggia il cantautore scomparso undici anni fa, qui interpretato da Leo Gassmann. Franco Califano scrisse La musica è finita per Vanoni, canzone che fu presentata in concorso al Festival di Sanremo del 1967. Nel film Bono si è messa alla prova non solo vestendo i panni di un’icona della musica italiana, anche cantando realmente questo brano, registrandolo in studio con la band originale del Califfo.
Valeria, come hai costruito il personaggio di Ornella Vanoni?
Ho cercato di stare attenta a non renderla una macchietta. Oggi vediamo spesso in tv sue imitazioni. Soprattutto chi appartiene alla mia generazione, conosce l’Ornella dei meme. Ma io in questo film dovevo misurarmi con lei a 30 anni e renderle omaggio attraverso un ritratto vero. Mi sono fatta guidare dai tantissimi filmati degli anni Sessanta e Settanta, dove lei conduceva anche programmi con Walter Chiari, e ho cercato di trovare la misura e rubarne l’essenza, naturalmente studiando il suo modo inconfondibile di parlare e muoversi.
L’hai mai incontrata?
Purtroppo ancora no. Io sono sempre stata una sua fan già da prima del film. La stimo immensamente come artista. E spero che dopo la messa in onda capiterà di incontrare un gigante come lei, abbracciarla e ringraziarla perché per me è un mito, un’icona della nostra canzone e del nostro Paese.
In questo film ti sei misurata anche con il canto.
Cantare ha sempre fatto parte di me, ma l’ho sempre fatto tra le mura della mia cameretta. Cantare un brano così complesso come La musica è finita non è stato semplice. Ho avuto la possibilità di essere seguita da una vocai coach e registrare la canzone in studio accompagnata dalla vera band di Califano e di fronte al suo migliore amico, Antonello Mazzeo. È stata una bellissima sfida.
Come nasce la passione per la recitazione?
Sono sempre stata creativa fin da bambina. Amavo fare le imitazioni dei miei compagni di scuola e quando dovevo raccontare qualcosa, facevo dei lunghi monologhi. Ho incontrato il teatro al liceo, come capita a molti, durante un laboratorio. E ho capito che era qualcosa che suscitava in me delle forti emozioni, fare l’attrice mi faceva stare meglio. Io vengo da una famiglia di scienziati. Mio padre è sì un appassionato di musica, ma l’arte si respirava al massimo così in casa. Ho avuto la fortuna di essere capita e supportata dai miei genitori.
E dopo il liceo?
A 19 anni sono stata ammessa alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. E lì è iniziato il mio percorso. Mentre mi stavo diplomando, Francesca Archibugi mi ha scelta per un ruolo nella serie Romanzo famigliare e mi sono trasferita a Roma, che non ho più lasciato. É stata un’esperienza bellissima e formativa. Lei una vera maestra e le sarò sempre grata delle cose preziose che mi ha insegnato.
Quanto è competitivo il mestiere che hai scelto?
Ho fatto per anni pattinaggio su ghiaccio di figura, dove gareggi individualmente e le tue avversarie sono delle potenziali nemiche. Dopo aver vissuto quell’ambiente, ho capito che non mi apparteneva quel modo di pensare. Ho molte amiche che fanno le attrici e che stimo molto. La cosa buffa di questo lavoro è che sembra che tutti siano nemici, ma in un provino alla fine sei tu che ti misuri con chi ti deve scegliere. Ognuno ha la sua unicità e io cerco di pensare al mio percorso e alle sfide davanti a me.
A metà marzo ti vedremo al cinema anche nel nuovo film di Stefano Mordini, Race for glory, sulla rivalità tra Lancia e Audi ai Mondiali di Rally del 1983.
Il mio è un piccolo ruolo, interpreto una segretaria del team della Lancia, capitanato da Cesare Fiorio, ossia Riccardo Scamarcio, un attore e produttore davvero dedito al suo lavoro. È stata la mia prima esperienza su un set internazionale, breve ma intensa, e davvero formativa. E spero ci siano altre occasioni così nel mio percorso. Mi piacerebbe anche recitare in inglese.
Con quali registi vorresti lavorare?
Sono legata al mondo anglosassone e vado spesso a Londra, al National Theatre, a vedere questi grandi artisti recitare. Mi piacerebbe essere sul set con uno di loro. Tra i miei registi preferiti c’è Yorgos Lanthimos, e ho scoperto ultimamente autori nord-europei come Ruben Östlund e Kristoffer Borgli. Mi piace il tipo di cinema cinico che fanno e sognerei un giorno di poter interpretare un’anti-eroina come la protagonista di Sick of Myself.
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