VALENTINA CERVI


Si sente una “voce” dell’Enciclopedia Greenaway, Valentina Cervi. La giovane attrice italiana che è l’amore eterno di Tulse Luper. Debutto a Cannes, in concorso, per il primo capitolo della trilogia delle valigie, La storia di Moab. Non un semplice film – anche perché il cineasta ritiene che il cinema sia morto e i festival già putrefatti – ma una novella Divina Commedia multimediale composta da una serie televisiva in 16 episodi, 92 DVD e un sito internet (www.tulselupernetwork.com) che vivrà per almeno tre anni. Per Valentina un impegno che si snoda per un anno e mezzo almeno, benché con interruzioni, e che le fa dire “non importa tanto quale sia il mio ruolo, importa il progetto”.
Per ora l’abbiamo vista accorta ed elegante dattilografa copiare i taccuini di Tulse Luper ma nei prossimi due atti il suo personaggio, Cissie Colpitts, fiorirà fino a diventare un filo narrativo, indispensabile Beatrice in un mondo in cui orientarsi è davvero difficile. In viaggio con le 92 valigie (92 è il numero dell’uranio nella tavola degli elementi) e persino trasformata in uomo, dentro a un bordello, per sedurre una donna che potrà aiutarla a liberare il protagonista dall’ennesimo carcere. Ma l’avventura di Tulse Luper, coprodotto per l’Italia da Gam Film e distribuito da Istituto Luce, è appena cominciata. Gli altri episodi (Vaux to the Sea, che sarà pronto a fine 2003, e From Sark to finish, previsto per la primavera 2004), hanno nel cast altre stelle italiane (Ornella Muti, Anna Galiena, Isabella Rossellini e Francesco Salvi), esplodono di location, dalla Spagna a Torino, passando per il Lussemburgo, mentre il padre produttivo dell’impresa, Kees Kasander, è olandese, come dire europeo per eccellenza.
Un’impresa titanica ma quasi privata, e addirittura autobiografica, per il regista inglese dalla cultura rinascimentale. “Anche E.T. è in qualche modo autobiografico, ma sì, ci sono riferimenti concreti alla mia infanzia”, confessa. Più netta Valentina. “Tulse Luper è il suo alter ego, ma questo è un film sulle prigioni e noi tutti siamo prigionieri… dell’ambizione, del sesso, del denaro, dell’amore”. Quando Peter l’ha incontrata, la prima cosa che le ha chiesto è stata proprio questa: qual è la tua prigione? “Il controllo, la paura di soffrire e di non essere all’altezza dell’ideale. Nel corso del tempo mi sono resa conto di non essere buona come credevo, nel film di Sergio Rubini ho potuto esprimere questa seconda natura non dico da dark lady ma quasi”. Perciò è molto legata all’Anima gemella, che le ha regalato una candidatura ai Nastri d’argento. Ma è stato in Ritratto di signora che Greenaway l’ha notata, che ha intuito la sua malinconia. E da Jane Campion in avanti, all’estero continuano a corteggiare la nipote del mitico Gino Cervi. Qui alla Quinzaine aveva un piccolo ruolo in Samsa del francese Siegfried (“un amico che a Milano mi ha chiesto di girare qualche scena con me”) mentre in Inghilterra è appena stata una donna che s’immedesima in Alma Mahler nella Londra di oggi.

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23 Maggio 2003

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