Cosa significa ridefinire un’immagine? Come influiscono sulla produzione audiovisiva le rivoluzioni della tecnologia digitale e della rete? L’archivio – o meglio il “found footage” – può trovare una nuova identità di materiale vivo, oggetto di innumerevoli potenziali rinascite creative? Il convegno “Usa e getta – Scarti, ricordi e ri-narrazioni dell’immagine cinematografica nell’èra digitale”, tenutosi sabato 23 e domenica 24 alla Casa del Cinema di Roma ha messo in campo queste e altre domande coinvolgendo registi, teorici, responsabili di cineteche e archivi audiovisivi per trovare possibili chiavi per interpretare sotto una nuova luce il mare magnum delle immagini da cui siamo quotidianamente sommersi. Quelle che arrivano dal lontano passato, così come quelle prodotte nel presente in un flusso pressoché continuo. La mattina di sabato si sono confrontati su “Film d’archivio e film di found footage” Marco Bertozzi, Pietro Montani, Gabriele Niola, Emiliano Morreale e Francesco Linguiti, mentre il pomeriggio ha visto gli interventi di Mario Sesti, Maria Pia Ammirati, Virginia Eleuteri Serpieri, Roberto Faenza, Filippo Macelloni, Susanna Nicchiarelli, Giovanni Piperno, Costanza Quatriglio, Roland Sejko.
“Bisognerebbe istituzionalizzare il compito di utilizzo, oltre a quello della conservazione – ha detto ad esempio il direttore delle Teche Rai Maria Pia Ammirati – per poter riorganizzare l’immensa quantità di immagini pervasive da cui siamo circondati e usarle per capire la realtà. Nel caso della Rai, che conserva dal 1954, c’è un patrimonio di milioni di ore di immagini a cui si può assegnare un nuovo significato artistico”. Il confronto si è però velocemente trasformato in una polemica sui costi delle immagini di repertorio che ha visto contrapposti la tv pubblica, Luce Cinecittà e alcuni registi che di quelle immagini hanno fatto uso per i loro film, che hanno sottolineato come in molti paesi esteri l’accesso agli archivi sia totalmente gratuito. Lo ha fatto Roberto Faenza, che alla Casa del Cinema ha mostrato Bambini nel tempo, il documentario diretto con Filippo Macelloni, e ha anticipato che anche per il suo nuovo film su Emanuela Orlandi farà un grande uso del repertorio. Lo ha fatto Susanna Nicchiarelli, che ha presentato Per tutta la vita e ricordato come, ad esempio, le immagini dell’arrivo dell’uomo sulla Luna siano disponibili gratuitamente. Lo ha fatto anche Costanza Quatriglio, autrice di diversi lavori basati su immagini d’archivio come ;terramatta, Triangle e l’ultimo, 87 ore, proiettato sabato. “Oggi abbiamo a che fare con un archivio del presente – ha detto la regista – siamo circondati da immagini prodotte dai dispositivi più disparati e dobbiamo farci carico di non essere passivi rispetto ad esse. Abbiamo la grande opportunità di assumere un atteggiamento soggettivo verso queste immagini per non lasciarcene schiacciare e non farle diventare un mare di acriticità in cui affogare. Nel caso di 87 ore, visto che etica ed estetica camminavano parallelamente, la questione è ‘esplosa’ in tutta la sua evidenza: il mondo è videosorvegliato ed esiste un nuovo punto di vista su cui dobbiamo interrogarci”.
È stata invece dedicata alle esperienze e alle teorie sul film partecipato la giornata di domenica, con l’illustrazione dei progetti di Marechiaro Film da parte di Antonietta De Lillo, che dopo Il pranzo di Natale e Oggi insieme, domani anche, ha lanciato il nuovo progetto L’uomo e la bestia, che chiama a raccolta contributi filmici sul tema con l’obiettivo di dare vita a un nuovo tipo di film di montaggio che usa il repertorio in modi adeguati ai nostri tempi di “produzione continua” e cerca la strada di un “cinema dialogato” in cui si effettui uno scambio tra frammenti di immagini usati in film diversi, magari con significati variabili.
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