C’è chi prega ogni sera prima di pranzare, ringraziando per il lauto pasto, e c’è chi prega prima di dormire, esprimendo un desiderio. Poi c’è Princess, che prega ogni giorno, all’ombra di una pineta sulla strada che porta ad Ostia, chiedendo di incontrare solo “clienti buoni”. È questa la vita di chi vende il proprio corpo per la strada, esposta alle intemperie del clima e, soprattutto, alle pulsioni degli sconosciuti.
Presentato come film di apertura ad Orizzonti, la sezione parallela dalla Mostra del Cinema di Venezia, Princess è il secondo film di Roberto De Paolis, che ha indagato sulla realtà delle giovani donne africane costrette a prostituirsi lungo le nostre strade. “Mi sembrava che i film fatti sugli immigrati avessero un punto di vista personale del regista. – spiega il regista – Come se un gruppo di lavoro italiano scrutasse gli immigrati. Mi sono detto: proviamo a fare un film dal punto di vista di un immigrato. Raccontare l’Italia attraverso i suoi occhi e ribaltare le forze in gioco. Non noi che guardiamo loro, ma il contrario. C’è una forte marginalità nella prostituzione. Stare nei bordi delle strade. Oppure in un bosco, come in questo film. Immigrazione e prostituzione sono uno il riflesso dell’altra. Abbiamo lavorato cercando di mantenere questo spirito”.
Cruciale per la realizzazione del film, è stato l’incontro con Glory Kevin, una vera immigrata nigeriana che ha potuto portare la propria esperienza di ex sex worker per rappresentare la protagonista. Come spiega lo stesso De Paolis: “Sono andato in giro, ho fatto finta di essere un cliente. Ho cercato di vedere le reazioni, assorbire le situazioni della strada: la paura delle ragazze, le aspirazioni, le depressioni, il sentimento che non può passare attraverso la semplice intervista. Entrare nel mondo è un processo un po’ più lungo. Poi c’è stato l’incontro con Glory che è stato decisivo, perché quel personaggio che ho scritto tramite la conoscenza di tante ragazze nigeriane si è dovuto adattare a Glory e viceversa”.
“La mia motivazione è quella di rappresentare le ragazze africane che come me hanno questo tipo di esperienza come sex worker. – racconta la stessa attrice – Volevo dimostrare che anche noi abbiamo talento e dei sogni da realizzare. Mi piacerebbe continuare a recitare e andare a scuola per imparare l’italiano. Dio ha un ruolo importantissimo nella mia vita, è Lui che ha permesso a Roberto di entrare nella mia vita, mi ha dato mia figlia e mi ha aiutato a superare i momenti difficili”.
La storia raccontata dal film ci mostra la vita quotidiana, le paure, i pericoli, ma anche le gioie e le speranze di Princess e delle sue compagne di sventura, giovani donne scappate dal loro paese per poi ritrovarsi in Italia, costrette a lavorare in strada per pagare gli enormi debiti contratti per la traversata e, al tempo stesso, provare ad aiutare la propria famiglia. Ma l’incontro con un uomo sorprendente dolce e gentile fa credere allo spettatore che nella vita di Princess possa arrivare un improvviso happy ending. Impossibile non leggere in questa struttura narrativa, un tipo di richiamo fiabesco, già evidente dal nome dato alla protagonista. “Il bosco gli animali, nella pineta di ostia, le volpi, i cavalli. – spiega il regista – L’elemento della magia è molto più presente nella realtà che nel film. È invisibile e non filmabile. Abbiamo dovuto sgonfiare gli elementi fiabeschi perché la vita delle prostitute in strada non ha nulla a che vedere con le fiabe”.
Ciò che rende davvero speciale il film è la bellissima chimica che si crea tra la protagonista e il suo “principe”, interpretato da Lino Musella. “Sono un maschio bianco occidentale, – afferma l’attore – non avevo la preparazione per capire questo mondo e la forza per affrontarlo. Siamo entrati in contatto con delle prove prima di girare e ci siamo trovati magicamente in un territorio di mezzo tra la vita e la rappresentazione, lei è stata grandiosa perché ha capito questo gioco e ha tirato fuori il talento d’attrice. Una capacità di rimettere in scena delle cose, di poterle replicare”.
Le scene che li coinvolgono, che siano le lunghe chiacchierate su Dio in un inglese scolastico o i momenti di sincera leggerezza e scoperta reciproca, sono valorizzate dal connubio di due recitazioni diverse ma che si sposano a meraviglia. Quella magistralmente professionale di Musella e quella spontanea di Kevin, che un po’ interpreta se stessa, un po’ fa quello che, in fondo, ha sempre fatto, anche quando lavorava per strada: fingere.
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