Un fiume di gente e un enorme ingorgo per l’ultimo saluto. Roma rende omaggio al “suo” simbolo in Campidoglio, nel cuore della città, con una partecipazione incredibile. Forse solo per Anna Magnani fu così immensa. Le massime autorità dello Stato – Ciampi, Berlusconi, Casini – ma soprattutto migliaia di cittadini, tanti bambini, intere famiglie, anziani, molti tifosi della Roma con le sciarpe colorate o coi mazzi di fiori giallorossi, qualche laziale che non vuole essere da meno.
Dalle cinque del pomeriggio la camera ardente allestita nella Sala Giulio Cesare, quella riservata alle esequie dei sindaci capitolini, è stata oggetto di un pellegrinaggio non disperato ma a tratti quasi allegro, per ricordare un romano orgoglioso di esserlo.
La sorella Aurelia, insieme al sindaco Walter Veltroni, ha accolto innanzitutto il presidente Ciampi e sua moglie Franca. Memori di un rapporto affettuoso, da quella volte che l’attore fu invitato al Quirinale, per una cena privatissima, proprio dalla signora Franca Ciampi. Poi si sono visti Pupi Avati, Luciano Sovena, Andrea Piersanti e i vertici di Cinecittà al completo; Stefania Sandrelli e Lina Wertmuller, Maurizio Gasparri e Franco Sensi.
La sorella, unica superstite della famiglia dopo la scomparsa di Giuseppe e Savina, ha raccontato che Alberto si è spento tranquillamente, la sera di lunedì verso le 23, dopo aver mangiato qualcosa. Per dare la notizia ha atteso la mattina successiva: da quel momento la morte di Alberto è diventato un fatto pubblico, irrefrenabile, il Piazzale Numa Pompilio, di fronte alla villa dell’italiano per eccellenza, è stato preso d’assalto da gente di tutti i tipi, ben presto si è capito che il funerale nella Chiesa degli Artisti gli sarebbe andato stretto, che per lui ci voleva almeno San Giovanni.
Pensava di guarire in primavera dalla brutta bronchite che lo affliggeva da qualche tempo e che era peggiorata recentemente, racconta ancora chi lo conosceva bene e gli è stato vicino fino all’ultimo. Sordi, ormai disteso nella bara, appare piccolo, quasi prosciugato da sei mesi di malattia, mentre tra le dita stringe il rosario che gli fu regalato dal pontefice. Non pare più lui, meglio concentrarsi sulla grande foto, proiettata sulla parete: il sorriso esplosivo con cui ritirò a Venezia il Leone alla carriera.
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