Dopo il successo planetario di Full Monty nessuno si sarebbe aspettato questo tuffo in un film così sospeso tra storia e favola come I vestiti nuovi dell’imperatore, dove Napoleone Bonaparte si spoglia della sua identità e dà un’inattesa virata alla sua esistenza. Ma Uberto Pasolini è un produttore che ama cambiare, sfidare il mondo del cinema, spiazzare gli spettatori. Come quando annuncia che tra i suoi prossimi progetti c’è Il cavaliere inesistente di Calvino, al momento nelle mani dello sceneggiatore William Ivory.
I vestiti nuovi dell’imperatore, diretto dal canadese Alan Taylor (che con Pasolini aveva già realizzato Palookaville) avrà proprio in Italia la sua prima mondiale il prossimo 6 dicembre. E italiani sono non solo la Mikado di Roberto Cicutto che coproduce accanto a Filmfour e in associazione con Raicinema, ma il direttore della fotografia (splendida) Alessio Gelsini Torresi, lo scenografo Andrea Crisanti, il costumista Sergio Ballo, l’addetto al trucco Alfredo Tiberi. “Una volta scelte le location per il film, girato tra Tarquinia, Torino e l’Argentario, era logico pensare a talenti italiani come loro, per fortuna disponibili durante le riprese”, spiega il coproduttore Paul Webster. “L’Italia sta diventando sempre più interessante per i cineasti stranieri. Parlo di costi favorevoli e di straordinarie maestranze: sono sicuro che si gireranno qui un numero crescente di film”.
Come è nata l’idea di un film su Napoleone?
Dal libro di Herbie Wave La morte di Napoleone che mi fu mandato da un amico. E’ una storia buffa e affascinante, che immagina Bonaparte sostituito da un impostore a Sant’Elena mentre lui tenta di riconquistare Parigi e la gloria. A me piaceva l’idea di fare un film dove ci fosse ancora una volta un ruolo di forte sognatore maschile e un personaggio femminile con i piedi per terra. Il sogno e la realtà.
Un personaggio controverso, osannato, un po’ retrò, continuamente al centro di congetture e romanzi. Ma un film inglese, con un simbolo della recitazione inglese come Ian Holm nei panni dell’Imperatore non è un po’ troppo?
Gli inglesi della troupe, scherzando, parlavano di vendetta. Napoleone, che in vita disse che gli inglesi erano un popolo di negozianti, qui finisce a vendere dei meloni… Da italiano sono cresciuto con un’immagine di Napoleone molto positiva, quasi pari a quella francese, mentre nel Regno Unito è il prototipo del dittatore, del megalomane pazzo. Comunque è vero che si continuano a scrivere romanzi e libri sulla sua vita, sulle sue battaglie, ma di recente nessun film.
Anche il popolo di internet è appassionato e buon conoscitore di Napoleone (un sito tra molti Napoleone minuto per minuto). E sul web fioriscono giochi, trame, ipotesi.
Mi sono reso conto dell’interesse della rete per Napoleone. Ho letto in un sito che al cimitero des Invalides ci sarebbe il corpo di uno dei suoi soldati. Napoleone è così, ancora vivo anche nella morte.
Cosa ha significato per lei realizzare un film come “Full Monty”, da domani in versione teatrale anche a Roma?
Sono convinto che non siano le persone a fare la storia del cinema, ma i film. Io ho avuto la fortuna di avere una buona idea al momento giusto. Ma nel cinema ciò che apprezzo di più è il lavoro d’equipe e il modo di lavorare anglosassone è quello che più dà spazio alla creatività del produttore.
Anche gli Usa stanno cominciando ad apprezzare il cinema d’autore: che vantaggi ne traggono i produttori europei?
E’ vero, c’è una nuova sensibilità dei finanziatori americani per le storie diciamo così europee, quelle che una volta, negli Usa, erano rigorosamente d’essai e che invece oggi sono girate con grandi budget e grandi star. Ma il pubblico si sta abituando a vedere questo tipo di film interpretato solo dai divi. Dunque, abbiamo a disposizione più soldi ma meno progetti.
Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid
Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.
Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.
Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti