Twilight, in salsa rossa e cotto al sangue


Certe storie, certi simboli, certe suggestioni, le abbiamo nel sangue. Pensiamo ad esempio alla fiaba di Cappuccetto Rosso. Nata dalla tradizione orale di diverse regioni europee, sublimazione narrativa di antichi rituali legati alla maturità sessuale, è mutata di bocca in bocca fino ad approdare alla versione scritta più antica, ‘Petit Chaperon Rouge’, apparsa nella raccolta di fiabe ‘I racconti di Mamma Oca’, di Charles Perrault, nel 1697. Una versione assai più sinistra di quella successiva, e più nota, riportata dai fratelli Grimm. In Perrault, ad esempio, Cappuccetto non è una bambinetta ma “una ragazza attraente e di buona famiglia”, che finisce mangiata senza alcun lieto fine. Ancor prima, esistevano versioni perfino più cruente, dove la giovinetta era costretta dal lupo a cibarsi della carne di sua nonna e berne il sangue, a spogliarsi e a giacere a letto con lui prima di essere divorata. Altro che racconto per bambini, insomma…

 

Cinema e fumetti non sono stati da meno, offrendo nel corso degli anni ogni genere di variante, tra cui ci piace citare In compagnia dei lupi, un classico dell’horror britannico diretto nel 1984 da Neil Jordan, e il recente comic elettronico L’ultima caccia, disponibile su iTunes per i possessori di iPhone, iPod e iPad, dove si immagina con tinte da romanzo horror una sorta di sequel apocrifo del racconto originario. In entrambe queste versioni, così come in molte altre, la storia si fonde spontaneamente con le leggende sui lupi mannari, ed esattamente così avviene anche in Cappuccetto Rosso Sangue, contributo hollywoodiano alla diffusione del racconto, prodotto nientemeno che da Leonardo DiCaprio e interpretato, tra gli altri, da Gary Oldman e dalla ‘bella’ del momento, Amanda Seyfried, occhi di mare e riccioli biondissimi che sembrano fatti apposta per indossare la celebre cappa.  Distribuito da Warner e diretto da Catherine Hardwicke, uscirà nelle sale il 22 aprile.

Il nome della regista dirà qualcosa ai fan di Twilight: era infatti al timone del primo film tratto dai romanzi ‘love and horror’ di Stephenie Meyer, sulla cui atmosfera si basa anche questa pellicola. Gli avvenenti giovanotti protagonisti – a contendersi le grazie della Seyfried ci sono due bellocci di prim’ordine, Shiloh Fernandez e Max Irons – si muovono in un ambiente patinato e ricco di lucine, tra il villaggio dove si svolge la vicenda, vessato dalle malefatte di un licantropo dalla misteriosa identità (della serie “vive tra noi”) e le innevate vette montane, verso i margini della foresta dove abita “la nonna”. L’arrivo di Padre Solomon (Oldman), un ambiguo religioso dai metodi discutibili, ingaggiato per dar la caccia al lupo, sembra peggiorare la situazione. Chi si nasconde sotto unghioni e pelliccia? Il mistero fa parte del plot, così come le scaramucce amorose tra i tre giovani protagonisti.

 

Di horror, invece, in questo caso ce n’è poco, forse per evitare le maglie di una censura che avrebbe limitato il consumo del prodotto da parte degli adolescenti, a cui è invece evidentemente indirizzato. Tra i volti noti c’è anche quello, sempre più bello col passare degli anni, di Virginia Madsen.

 

Il compito è svolto con diligenza, sfruttando le radici più inquietanti del complesso narrativo originario per trarne un fantasy-thriller dalla confezione impeccabile: “La maggior parte di noi è cresciuta con la versione ‘ripulita’ di Cappuccetto Rosso – dice la regista – ma la favola originale ha elementi oscuri che la rendono molto più intrigante di quanto possiamo immaginare. Quando si è bambini, la storia ha un unico significato, ma ripensandoci da adolescenti, ha tutto un altro effetto…”
“La storia è stata scritta in modo che chiunque possa essere il lupo mannaro – fa eco la coproduttrice Jennifer Davisson Killoran mettendo in evidenza gli aspetti ‘gialli’ della narrazione – Virtualmente per ogni personaggio c’è un momento in cui si mette in dubbio la sua innocenza. La storia gioca sulle nostre paure più profonde, ovvero scoprire che le persone non sono chi pensiamo. Per me, il lupo cattivo rappresenta l’ansia di non conoscere con chi si ha a che fare. E’ una storia iconica, e sebbene ne possiamo conoscere diverse versioni, ci sono elementi che si ripetono, essendo universali: il mantello rosso, il lupo, la bugia, la paura. Eravamo emozionati all’idea di prendere una favola antica e trasformarla per un pubblico moderno”.

Che, si spera, non resterà indifferente al richiamo del sangue. Con riferimento ai vampiri di Twilight, ovviamente.

autore
13 Aprile 2011

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