C’è una cura per la vita? È questa l’essenza della domanda che si pone Daniele (Federico Cesari), protagonista di Tutto chiede salvezza, 7 episodi, come 7 sono i giorni della settimana, quella che lui trascorre in un reparto in cui vive in prima persona un TSO – Trattamento Sanitario Obbligatorio, dopo che l’incontro imprevisto con una fragilità mentale altrui scatena la sua sensibilità in maniera esponenziale.
Dal romanzo di Daniele Mencarelli, Premio Strega Giovani 2020, Francesco Bruni ha scritto e diretto la serie per Netflix: “Il dramedy è la mia cifra. Narrativamente ho potuto dilagare, ma l’arco narrativo arriva ad un punto che, se vogliamo, aveva un seme sin da Scialla. Un libro alle spalle ci ha portati dentro una realtà senza indulgenza retorica o sentimentale: abbiamo cercato di essere il più realistici possibile e l’unica invenzione è la linea narrativa di Nina (Fotinì Peluso), che diventa poi la spina dorsale del racconto”, spiega l’autore, che con questo progetto approccia e mette in scena la malattia della mente.
Come racconta l’attrice, che con Bruni aveva già recitato un ruolo “opposto”, in Cosa sarà, “Nina si dispiega dal terzo episodio in poi. Lei non ha rapporti molto sinceri nella vita reale, e in tal senso sarà spiazzata da quello con Daniele. È stronza, stronza e… non solo questo. Nella sua furia, nel rifiuto del genere umano, è di una sensibilità fragile: è una persona testarda e poi è una persona sola, di una solitudine non fisica ma interiore, origine del suo vero disagio”. Inoltre, Fotinì riflette anche sulla percezione del disagio mentale nella società moderna, per cui: “fin tanto che alcune malattie mentali saranno considerate devianze sarà difficile ottenere prevenzione e cura”.
E Mencarelli dà seguito alla tematica dicendo che “oggi abbiamo una nevrotizzazione che esplode da più parti: bisogna far attenzione tra psicosi e l’uso quotidiano di confondere la sensibilità umana per patologia. Se un uomo pensa alla morte, è un uomo che pensa alla natura delle cose: dipende come la pensi. La prevenzione è giusta ma vanno coltivate ‘le lingue’ (come la Poesia) che raccontano l’uomo nella sua complessità. La grande scommessa della serie è di mostrare alle persone che ci sia un grande sommerso, un non detto, rispetto alla vita e alla sensibilità: la serie dimostrerà che la linea di confine tra chi fa un TSO e chi ha i galloni della ‘normalità’ è inesistente. Qui – nella serie – nessuno mente, ed è semplicemente portatore di una verità. La sensibilità è un superpotere che abbiamo tutti, dobbiamo ricordarcelo un po’ di più. La serie mostra che esiste un mondo interiore e che affrontarlo assieme conviene, da soli è troppo e schiaccia”.
Daniele finisce in un piccolo reparto di psichiatria, residente – non a caso – in un edificio che possiede in sé un faro che guarda al mare, e viceversa: con lui, nella stanza, una piccola comunità, una rosa di personaggi profilati, potenti nella propria delicatezza d’animo individuale, a cui i singoli interpreti donano pennellate di talento a tratti commoventi, ed è forse in questo “confronto col resto del gruppo” attoriale che soffre un po’ l’interpretazione di Cesari, meno “pugno nello stomaco” di quella di Gianluca, a cui Vincenzo Crea regala un omosessuale delizioso, spassoso quanto prezioso e fragile come il cristallo; di quella del maestro Mario, un monumentale Andrea Pennacchi, che nell’uccellino posato sull’albero appena fuori dalla finestra della camerata “vede” il suo sollievo; o ancora di quella del gigante buono Giorgio (Lorenzo Renzi) o di Madonnina (Vincenzo Nemolato), ossessionato dalla Fede.
“Mario – dice Pennacchi del suo personaggio – è una specie di eroe tragico, in grado di indicare una via verso la salvezza, ma non capace di farne lui buon uso. È paterno, sapiente, ma di questa sapienza non sa cosa farne”.
Mentre per Renzi: “Il mio Giorgio è un bambino: è l’apoteosi di questo, un personaggio che resta fotografato nel momento del suo trauma”.
Ancora, Crea racconta: “Il mio rapporto con Gianluca è cominciato col divertimento, nel leggerlo nel romanzo. È stato un gioco poter affrontare quello che lui non controlla: zero aggettivi per lui, ma la voglia di ricrearne la vulnerabilità”.
Alla base di Tutto chiede salvezza c’è un incontro imprevisto – un evento scatenante -, quello di Daniele con il compagno di liceo Marcello, promettente ingegnere a cui la vita ha destinato una regressione perenne, qualcosa che innesca la scintilla di tilt, conseguenza di un’ipersensibilità del personaggio di Cesari, che lo porta, dopo una nottata tra discoteca e violenza domestica, a vivere una settimana di TSO, catapultato in un universo a lui estraneo, in cui dapprima non ritraccia il perché di questa sua esistenza presente, e dove forse, suo apparente gancio con la realtà esterna, è Nina, che riconosce come amica scolastica e “personaggio famoso”, in quanto protagonista di una serie, nella serie.
Per Federico Cesari, alla sua prima volta da protagonista assoluto, è stata “un’esperienza catartica, traumatica quanto bellissima: attraversare un racconto così intimo è una responsabilità quanto un’opportunità grandiosa. Stiamo uscendo da un’epoca in cui c’era più stigmatizzazione della malattia psichiatrica: adesso c’è un progresso, una forma di prendersi cura rispetto all’isolare, un maggior ascolto rispetto alla tematica. La malattia psichiatrica ha la stessa valenza di quella organica”.
Per Mencarelli: “prevale molto senso di responsabilità: facciamo intrattenimento ma perlustriamo un mondo, nel bene e nel male; la letteratura dovrebbe trovare i luoghi e scavarci dentro”.
Nel cast, c’è un dentro, che è la camerata, e un fuori, che sono i medici e gli infermieri, anch’essi dentro il reparto, ma esterni alla stanza, seppur parte determinante delle dinamiche di Daniele e gli altri; tra loro, Pino, a cui dà vita Ricky Menphis: “un personaggio ignorante e drammatico, che ha un cambio durante la serie, ed è quello che porta la leggerezza”; e Raffaella Lebboroni, la dottoressa Cimaroli, antagonista dell’altro psichiatra, Mancino, interpretato da un saldo Filippo Nigro.
Per Filippo Rizzello di Netflix, che ha realizzato il progetto con Picomedia, e che distribuisce la serie in tutti i territori della piattaforma dal 14 ottobre, Tutto chiede salvezza è una storia “scelta perché mette in scena l’autenticità. L’autore – Daniele Mencarelli – ha combattuto dapprima per riuscire a dare la sua voce (col romanzo), qui reinterpretata da un autore di successo – Francesco Bruni – che mantiene la voglia e la fantasia di essere fragile. È una storia che fa la differenza, una storia unica”.
In onda dal 17 novembre su Fox Nation. Il regista, 81enne, è anche voce narrante degli episodi che racconteranno le gesta di San Giovanni Battista, San Sebastiano, Giovanna d’Arco, Padre Massimiliano Kolbe e molti altri
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