Le ultime 24 ore di Oscar Grant, 22enne afroamericano della Bay Area di Oakland (California) che nella notte del 31 dicembre 2008 incontra la morte in una stazione della metropolitana, ferito al polmone dalla pistola di un poliziotto nervoso durante una retata senza senso. Non stiamo rivelando il finale di Prossima fermata: Fruitvale Station, per il semplice fatto che il finale, in questo caso, è noto. La storia di Oscar Grant è purtroppo una storia vera, una storia che ha sconvolto l’America ed è rimbalzata nel mondo intero e che ha provocato una forte protesta, con marce e raduni, a cui si è unito il regista esordiente Ryan Coogler. “Quando sono successi i fatti ero proprio nella Bay Area, ho sentito che avevano sparato a qualcuno in una stazione della metropolitana, la mattina dopo ho saputo che era morto. Ho visto i video dell’accaduto e sono rimasto profondamente turbato, ho capito che avrei potuto esserci io al posto di Oscar, avevamo la stessa età, i suoi amici somigliavano ai miei. Durante il processo ho visto come la situazione sia stata politicizzata, alcuni consideravano Oscar un santo, altri lo dipingevano come un mostro che aveva avuto la lezione che meritava”.
Ryan Coogler ha invece deciso di raccontare Oscar per quello che era: un giovane con qualche difficoltà a tenersi un lavoro regolare, che aveva spacciato ed era stato in carcere per questo, ma che ora stava cercando di rimettersi in riga per dare un futuro alla sua bambina di 4 anni, Tatiana, e alla sua compagna. Nel progetto è entrato come produttore Forest Whitaker, mentre il Sundance Screenwriters Lab ha sostenuto lo sviluppo della sceneggiatura, quindi al cast si è aggiunta Octavia Spencer (Academy Award per The Help) nel ruolo chiave della mamma di Oscar, mentre il protagonista è Michael B. Jordan, che l’anno prossimo vedremo nei panni della Torcia Umana nei Fantastici Quattro.
Il giovane attore è venuto a Roma per presentare Prossima fermata: Fruitvale Station, che uscirà nelle sale il 13 marzo con Wider. Jordan ci racconta di aver incontrato la mamma, la fidanzata e la figlia di Oscar, oltre ai suoi amici. “Dovevo ritrarre una persona vera e ho cercato di cogliere tutti gli aspetti della sua personalità, perché lui era diverso a seconda delle persone con cui aveva a che fare. Ho sentito molto forte la responsabilità di rendergli giustizia. Al suo posto avrei potuto esserci io e ho provato frustrazione e rabbia per la sua storia. Sicuramente anche lui nella sua vita ha fatto degli errori e nel film non volevamo farne un santino, ma mostrare le cose come stanno”. Per il regista, che per questa opera prima ha ottenuto il Premio della giuria e il Premio del pubblico al Sundance oltre al Premio Avenir al Festival di Cannes, dove il film aveva fatto parte della selezione di Un Certain Regard, è stato fondamentale confrontarsi con l’avvocato di parte civile John Burris e con la famiglia. “È stato necessario un grande atto di fiducia da parte loro per concederci i diritti di questa storia, ma io li ho rassicurati che non ci sarebbe stato alcun sensazionalismo. Ho mostrato loro i miei cortometraggi, gli ho raccontato di me e gli ho spiegato che sono un regista indipendente e che ho un background simile a quello di Oscar, così alla fine sono riuscito a convincerli”.
Girato in 16 mm con un budget limitato (900mila dollari), in soli venti giorni, Fruitvale Station, che si apre con le vere immagini del pestaggio e dell’omicidio di Oscar Grant girate con il telefonino da uno dei passeggeri della metropolitana, è molto fedele nella ricostruzione dei luoghi e dei fatti. “Coogler è un ottimo sceneggiatore – dice ancora Jordan – e avrebbe potuto raccontare la storia di Oscar come un biopic, invece ha scelto di concentrarsi sulle ultime ore della sua vita, sulla giornata dell’ultimo dell’anno, che è anche il compleanno di sua madre”. Oscar va a fare la spesa al supermercato dove lavorava e da dove l’hanno licenziato, incontra un vecchio ‘cliente’ ma decide di buttare via la roba, va a prendere la figlia a scuola e alla fine esce con la sua ragazza e gli amici, scegliendo, su consiglio di sua madre, di prendere la metropolitana anziché la macchina.
Jordan non si tira indietro quando gli chiedono un paragone, peraltro un po’ azzardato, con 12 anni schiavo. “È chiaro che quello di Steve McQueen è un film straordinario e inarrivabile, ma anche noi, nel nostro piccolo, mostriamo la frustrazione e il dolore che si prova come afroamericani in certe situazioni. Il cinema è il mezzo più potente per trasmettere le emozioni e sicuramente Fruitvale ha toccato il cuore di tanti spettatori”. Tra questi anche Oprah Winfrey, “una donna che ha un ruolo molto importante e che dopo aver visto il film, mi ha invitato nel suo programma. Per me è stato il più grande onore”, dice Jordan.
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