CANNES – C’è un pizzico d’Italia nel film che inaugura, fuori concorso, il festival di Cannes, Les Fantômes d’Ismaël (Ismael’s Ghosts) di Arnaud Deplechin, in cui Alba Rohrwacher affianca un cast quasi interamente francese di grandi nomi: Charlotte Gainsbourg, Marion Cotillard, Mathieu Amalric, Louis Garrel e Hippolyte Girardot. Un racconto meta-cinematografico in cui il protagonista, Ismaël (Amalric), è alle prese con la regia del suo nuovo film, la storia di un singolare diplomatico-spia, Ivan, ispirato alla figura di suo fratello e impegnato in una relazione sentimentale con Arielle (Rohrwacher). Se Ismael può definirsi, in un certo senso, un sopravvissuto, un uomo pieno di errori che ha bisogno dell’amore di una nuova donna per liberare i propri mostri e imparare nuovamente a vivere, Ivan si muove, vergine, in un mondo che sembra non comprendere. Una sorta di melanconico ‘idiota’ di Dostoevskji interpretato da Louis Garrel che in conferenza stampa sottolinea il profondo piacere, in termini umani e di carriera, dell’aver lavorato con Deplechin in un “un biopic che può essere letto da molti punti di vista”.
“Il mio personaggio – ha continuato Garrel – imita in un certo senso il suo creatore, il regista Ismael, e per interpretarlo ho ricalcato l’atteggiamento di emulazione che avrebbe un fratello minore nei confronti del maggiore”.
Mentre sullo schermo prende corpo la sceneggiatura immaginata da Ismael, la sua vita, già esagitata e piena di incubi, va totalmente fuori controllo quando irrompe un fantasma dal suo passato, la moglie Carlotta scomparsa da oltre vent’anni e creduta morta. “Perché la vita è questo, succede, si presenta inaspettata ai suoi protagonisti. L’amore arriva all’improvviso e poi ricapita di nuovo e ancora”, sottolinea il regista che è un habitué del Festival di Cannes dove è stato in concorso ben cinque volte e ha trionfato alla Quinzaine con I miei giorni più belli. Interpretata da Marion Cotillard, Carlotta è “un personaggio ambiguo e misterioso”, sottolinea l’attrice che ha iniziato la sua carriera nel 1996 proprio con Desplechin in Comment je me suis disputé (Ma vie sexuelle). “Sebbene risponda sempre in maniera diretta sul suo passato e su cosa ha fatto negli ultimi venti anni, non distrugge del tutto l’ambiguità che la circonda. Lei non vorrebbe essere più il fantasma, solo quel ricordo di un donna sparita, ma a tutti i costi desidera essere viva. Per farlo cerca di ritornare nella vita del marito, dove irrompe maliziosa come un piccolo diavolo. Ma il mistero di una così lunga sparizione la rende sempre, agli occhi degli altri, più che una persona un fantasma”. E riguardo al lavoro sul suo personaggio, Cotillard, che sottolinea di voler sempre entrare puntualmente nei ruoli che interpreta, rivela: “Ho sentito di aver veramente catturato il mio personaggio solo quando ho capito come respirava. Il modo in cui si respira detta le modalità in cui si parla o ci si comporta, il modo in cui una persona è fisicamente e psicologicamente”.
Accolto tiepidamente dalla stampa a Cannes, il film, che esiste in due due versioni – una più breve e sentimentale presentata al festival e un’altra più approfondita e intellettuale- è prodotto dalla Who Not Productions e distribuito nelle sale francesi da Le Pacte.
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“Ho amato 120 battiti al minuto dall'inizio sino alla fine, non mi sarebbe potuto piacere di più”, ammette il presidente di giuria lasciando intuire la sua preferenza. Per poi aggiungere tra le lacrime, in ricordo degli attivisti che negli Anni ’90 lottarono per rompere l'indifferenza sul tema dell'Aids: “Campillo ha raccontato storie di eroi veri che hanno salvato molte vite"