Trento Film Festival, omaggio a Bruno Ganz

Il festival (26 aprile - 5 maggio) dedicato alla montagna ricorda l'attore svizzero recentemente scomparso con uno dei suoi ultimi ruoli in Fortuna di Germinal Roaux, film ambientato in un monastero


La spettacolare biografia Amundsen diretta da Espen Sandberg sarà il film di apertura della 67 edizione del Trento Film Festival (26 aprile – 5 maggio). Nel ruolo del leggendario e controverso esploratore norvegese, che dedicò l’intera vita alla scoperta di nuove terre, sacrificando tutto per realizzare i suoi sogni, la star Pål Sverre Hagen. Gli altri titoli annunciati sono: Il mangiatore di pietre di Nicola Bellucci con Luigi Lo Cascio, Fortuna di Germinal Roaux (omaggio a Bruno Ganz), The Sweet Requiem di Ritu Sarin e Tenzing Sonam, Yara di Abbas Fahdel, Dead Mountaineer’s Hotel di Grigori Kromanov. I film muti La grande conquista di Mario Bonnard e Nunzio Malasomma e Premier de cordée di Louis Daquin.

Trento Film Festival conferma la formula di successo delle ultime edizioni che, alla programmazione di oltre 100 documentari nelle varie sezioni,, dedicati alle tante anime della montagna, affianca i lungometraggi di finzione di ambientazione estrema e la riproposta di film muti, classici e di culto, in nuove versioni restaurate.

Prima italiana invece per The Sweet Requiem di Ritu Sarin e Tenzing Sonam, presentato al festival di Toronto 2018, e seguito ideale del loro acclamato Dreaming Lhasa (2005) prodotto da Richard Gere. Ispirato a un incidente avvenuto nel settembre 2006 sul passo Nangpa-La, a 5.800 metri di altezza sul confine Tibet-Nepal, quando le guardie di frontiera cinesi aprirono il fuoco su un gruppo di tibetani in fuga uccidendo una suora di 17 anni, l’appassionato racconto di denuncia di Sarin e Sonam ribadisce il loro impegno per la causa tibetana. Protagonista di The Sweet Requiem è Dolkar, donna tibetana in esilio a Delhi, che 15 anni prima scappò dal Tibet compiendo un traumatico viaggio attraverso l’Himalaya, con cui sarà costretta a rifare i conti.

Da altri grandi festival internazionali come Berlino, Locarno e Zurigo arrivano i tre lungometraggi che completano la sezione “Anteprime”: Il mangiatore di pietre di Nicola Bellucci con Luigi Lo Cascio è un cupo thriller ambientato sulle montagne tra Italia e Svizzera, dove gli “spalloni” di un tempo accompagnano oggi i migranti in fuga; Fortuna dello svizzero Germinal Roaux, filmato in bianco e nero e ambientato in un monastero a 2000 metri sulle Alpi innevate, sarà l’occasione di un omaggio a Bruno Ganz, recentemente scomparso, qui in uno dei suoi ultimi ruoli; Yara del cineasta franco-iraniano Abbas Fahdel porterà il pubblico alla scoperta della Kadisha Valley in Libano, patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO, accessibile solo a piedi o dorso di mulo, che fa da sfondo al delicato racconto di un primo amore tra la giovane protagonista e un escursionista.

Come tradizione del Trento Film Festival la celebrazione della montagna al cinema guarda anche alla storia del cinema, tra classici, riscoperte e film di culto, in versioni restaurate. Torna così anche quest’anno il grande spettacolo del cinema muto musicato dal vivo, con il recente restauro da parte del Deutsches Filminstitut di Francoforte di Der kampf ums Matterhorn, o La grande conquista nella versione italiana, caposaldo del genere bergfilm prodotto nel 1928 in Germania ma diretto da Mario Bonnard e Nunzio Malasomma. La spettacolare celebrazione di sfide e avventure alpinistiche, ricostruzione romanzesca della prima salita del Cervino da parte di Edward Whymper, verrà accompagnata dalle note dell’ensemble “Musica nel buio” diretto da Marco Dalpane.

Dal Cervino si passerà al Monte Bianco con la prima italiana del restauro, promosso da Pathé e realizzato presso i laboratori de “L’Immagine Ritrovata” a Bologna, del film francese del 1943 Premier de cordée di Louis Daquin, classico del cinema di montagna d’oltralpe. Confermato in programma, venerdì 3 maggio, anche l’appuntamento notturno con il cinema di genere, che quest’anno proporrà agli spettatori più curiosi e coraggiosi Dead Mountaineer’s Hotel, cult movie sovietico anni ‘70, folle commistione tra thriller, fantascienza e psichedelia diretta da Grigori Kromanov. Nel film prodotto in Estonia ma ambientato tra le Alpi, restaurato e concesso dall’Estonian Film Institute, l’ufficiale di polizia Glebsky si prepara a passare una notte in un misterioso hotel di montagna, immerso nella neve, tra ospiti decisamente stravaganti che si comportano in modo sospetto e nascondono un segreto.

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