TRENTO – “La mia salvezza risiedeva nel movimento, e il movimento sarebbe stata la mia preghiera. Se avessi completato il mio viaggio, avrei raggiunto la redenzione” – Pierre (Jean Dujardin).
La scrittura. In sé, quest’arte, questo mestiere, contengono un mondo di solitudine e un mondo di viaggio, tra sentimento e metafora, tra pratica e fantasia. E Pierre è uno scrittore affascinante, che non cerca isolamento e errare nella pratica dello scrivere, ma piuttosto nella vita reale: infatti, pur non sottraendosi alla vivacità della notte parigina, per esempio, ama viaggiare in solitaria, cerca l’avventura, non teme di spingersi oltre, perché anche questo è un aspetto dell’anima dell’errante, la cui solitudine abbraccia il concetto di un limite relativo, perché non c’è nessun altro a cui rendere conto o da proteggere, se non te stesso, e quindi il confine, qualsiasi confine, è del tutto personale, non sempre c’è o se lo si pone, e piuttosto si preferisce procedere, un passo in più non sembra mai troppo oltre.
Ma quel passo in più, talvolta, può rivelarsi “fatale”, o quasi: Pierre, preso per mano dalla leggerezza della musica, di una festa, di un bacio e di una serata in cui un bicchiere ha tirato l’altro, “scala” una facciata… Dorme aggrappato a un coma profondo, ma infine si risveglia: questo stato di rinascita, che porta però per mano un’incertezza fisica rispetto al vero e proprio riuscire a stare in piedi, non lo ferma e lo scrittore-esploratore parte, per attraversare la sua Francia a piedi, la sua terra, cercando il contatto con la terra: quello di Pierre è un bisogno interiore, c’è una spinta intima che non è di sfida con l’universo, ma di dialogo con se stesso, con la necessità di rintracciare un contatto primo con le proprie radici, che gli crea questa necessità di andare… per 1302 chilometri.
A passo d’uomo (Sur Le Chemins Noirs) di Denis Imbert è stato scelto dal 71mo Festival di Trento (28 aprile – 7 maggio) come film d’apertura (29 aprile), tratto dall’omonimo scritto autobiografico del francese Sylvain Tesson, già personaggio principale de La Pantera delle nevi, Miglior Film a Trento nel 2022.
Pierre è un esploratore ed è un sopravvissuto, mette in scena sulla carta storie espressione di libertà e la libertà assoluta la pretende per se stesso, e lì, ogniqualvolta la stessa comincia a sentire sospetto di minaccia, lui scappa, come da Anna (Josephine Japy) , che l’intuisce, giocando d’anticipo.
Il viaggio fisico del personaggio di Dujardin, non raramente sotto lo scacco del dolore del corpo – dalla Provenza a Mont Saint Michel – è anche un suggestivo viaggio visivo, tra le bellezze e le asperità della Natura, una fuga dal mondo non da leggere come una paura per lo stesso, quanto come la ricerca del distacco dalla frenesia che obnubila, bramando una riconnessione con la Madre Terra, sinonimo del sé più profondo, del confronto con il senso della guarigione – interiore e fisica – e dunque il dialogo con il proprio stato d’animo, l’unico soggetto che non si può scegliere di “lasciare a casa” seppur si decida di partire in solitaria.
Jean Dujardin – nel cast con Izia Higelin, Jonathan Zaccai – restituisce un Pierre charmant dapprima, poi consapevole e segnato, volitivo e emotivo, così s’alterna nei montaggi paralleli che Imbert usa per scrivere il film nella visione: sono le pieghe dell’espressione del volto, il sorriso magnetico o il pianto soffocato, la versatilità degli sguardi, le micro e macro movenze del corpo, che restituiscono una credibilità con cui s’empatizza e quindi capace di commuovere.
Il film che ha inaugurato l’edizione 2023 del TrentoFF è uscito in Francia: un botteghino da capogiro. A passo d’uomo esce in Italia il 19 ottobre distribuito da Wanted.
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