Tozzi e Letta: fine di un ciclo positivo dopo il 2011


Sono ben 155 i titoli italiani prodotti nel 2011 (di cui coprodotti 23), la migliore performance più recente del cinema nazionale, seconda soltanto ai successi del 1960, ci dice il Rapporto 2011. Il mercato e l’industria del cinema in Italia curato dall’Area studi della Fondazione Ente dello spettacolo, in collaborazione con Cinecittà Luce, Anica e DG Cinema-MiBAC. Ottima la quota italiana di mercato che è pari al 37,5% a fronte di quella americana 46,7%; record di investimenti privati, 333 milioni, cioè l’88,8 % delle risorse totali; il sostegno del Fus insieme agli stanziamenti Eurimages si ferma al 7,1%, dunque è fuori luogo parlare di cinema assistito; il successo delle agevolazioni fiscali è riassunto dal volume di credito d’imposta autorizzato che ammonta a 75 mln., per investimenti del valore complessivo di 313 mln.; rispetto al 2007 c’è poi il progresso registrato nelle attività cinematografiche, pari a 12.232 occupati (+16,8%) . Certo i dati esposti dal presidente della Fondazione Ente dello spettacolo Dario E. Viganò – non mancano però le ombre nel Rapporto che può essere consultato su http://www.cineconomy.it/ – sembrano invitarci a un cauto ottimismo. Che non ritroviamo negli operatori del settore, forse perché l’inchiesta, realizzata dal volume in modo approfondito, si riferisce all’anno passato.

Così per il presidente dell’Anica Riccardo Tozzi “siamo oggi alla fine di quel ciclo positivo del nostro cinema che il ‘Rapporto’ fotografa in modo puntuale e completo. Da dicembre il cinema nazionale è in sofferenza al box office e non si tratta di un risultato congiunturale”. Occorre aprire una nuova fase, una sfida che riguarda tutta la filiera. Le priorità di una rinnovata strategia sono: l’urgente modernizzazione delle sale dei centri urbani; il superamento della stagionalità spalmando sull’intero anno l’offerta filmica; lo sviluppo maggiore dell’offerta legale in rete; più investimenti da parte sia della tv commerciale sia di quella pubblica e quest’ultima spesso non programma i film sostenuti. Soprattutto Tozzi punta a “un prodotto capace di rinnovarsi, come accaduto alla fine degli anni ’90, facendo tesoro del successo di alcuni film francesi. Del resto nel cinema dell’umano, un territorio tipicamente italiano, siamo stati soppiantati dai nostri cugini d’Oltralpe. Così come va coltivato il cinema di genere, quelle poche volte che è accaduto, vedi Romanzo criminale, i risultati sono stati incoraggianti”.

 

Anche per Luciano Sovena, AD di Cinecittà Luce, il box office da dicembre è andato calando. Il successo del cinema nostrano commerciale impone una maggiore attenzione ai finanziamenti e alla qualità delle opere prime e seconde, così come va cambiata la loro strategia di promozione, non dimenticando che è questo il cinema che ci fa conoscere e apprezzare a livello internazionale.
Nicola Borrelli, DG Cinema del MiBAC, anticipa due buone notizie per il settore, accolte con favore dagli addetti ai lavori: nel prossimo decreto economico del Governo si prevedono il quasi certo inserimento del tax credit per le piccole sale e la prossima modifica dell’obbligo di investimento da parte delle televisioni.

Nonostante i dati che vedono Rai Cinema in vetta alla classifica delle società di produzione per ricavi e risultato, seguita a distanza da Medusa Film, Warner Bros., Eagle Pictures e Cattleya, l’AD Paolo Del Brocco avverte che vanno trovati modi di distribuzione alternativi per le opere prime e seconde, altrimenti la scoperta di nuovi talenti rimane solo un intento se poi i loro film non sono visibili. Di qui l’invito a un tavolo di confronto con Istituto Luce Cinecittà e il MiBAC.
E il grido d’allarme di una situazione critica viene dall’AD Giampaolo Letta: “Medusa non chiude, non si trasferisce a Milano, ma di sicuro l’attività va ridimensionata, in particolare l’acquisizione del prodotto estero, concentrandosi sui titoli italiani. Mediaset vive di pubblicità e negli ultimi mesi gli introiti hanno avuto un calo di 7 punti”. Una diminuzione che si colloca in una crisi drammatica, di cui non c’è coscienza da parte del mondo dello spettacolo, secondo Letta. L’insuccesso del prodotto americano è la causa principale del segno negativo del box office, mentre il cinema italiano nonostante tutto ha retto. Di qui l’appello alle associazioni di categoria e ai sindacati “perché facciano un passo indietro: realizzare l’attuale numero di film con meno risorse, superando modelli produttivi rigidi”. Appello subito condiviso da Del Brocco.

 

Per Lionello Cerri, presidente dell’Anec, i primi segnali negativi degli incassi già si avvertivano a settembre, la crisi economica, la neve, il terremoto e la mancanza di un prodotto sempre appetibile hanno portato a una diminuzione del 15% delle presenze da gennaio a oggi, cioè al di sotto del dato del 2009 che già era basso. Cerri punta allora a un progetto di educazione al cinema rivolto al pubblico soprattutto giovanile, cresciuto solo con la tv, coinvolgendo il MiBAC e il ministero dell’Istruzione. La sala deve tornare ad essere un luogo di aggregazione ma è necessario nel contempo che la digitalizzazione venga sostenuta dallo Stato, e nel contempo va allargato il progetto ‘Schermi di qualità’.

 

E proprio sulla digitalizzazione delle sale, come sottolinea Luigi Grispello, presidente Media Salles, l’Italia con il 38% (oltre 1500 schermi digitalizzati su 4mila) è in ritardo rispetto ad altri partner europei: Gran Bretagna (76%), Francia ( 66%), Russia (54%), Germania (50%), la media europea è 52%. Per di più la digitalizzazione è concentrata nei multiplex, pari al 70%.

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