TROPEA – Il suo battesimo al cinema è stato al Nuovo Cinema Paradiso di Giancaldo (nella finzione) – in piazza Umberto I a Palazzo Adriano, nella realtà – diretto da Giuseppe Tornatore: la prima scena nell’agosto ’88 e 35 anni più tardi, Totò Cascio, che nel film debuttava interpretando il piccolo Salvatore Di Vita, continua il suo racconto, adesso più biografico che cinematografico, con il libro La gloria e la prova (ed. Baldini+Castoldi).
Il Tropea Film Festival lo ospita e, mentre sul grande schermo dell’anfiteatro del porto scorrono le sequenze della poesia cinematografica – premio Oscar come Miglior Film Straniero – che gli ha spalancato le porte del cinema, in particolare quelle indimenticabili di quando il piccolo s’intrufola nella stanza del proiezionista Alfredo, Philippe Noiret, Totò Cascio comincia dal ricordo dell’essere stato considerato un “bambino prodigio”: “da bambino, ho avuto due compagni di gioco straordinari: dicono che i bimbi siano come spugne e così con Noiret, sotto la guida di Tornatore, c’è stata davvero empatia. Oltre il cinema, ciò che mi hanno insegnato lo porto nella quotidianità della vita, un dono del buon Dio”. E, entrando nel particolare di come Tornatore sia stato sensibile ricorda quando: “…sbraitava contro di me, capitava quando lo facevo arrabbiare, ma lui aveva capito come toccare il mio orgoglio: così sulla piazza, dove c’era a guardare tutto il paese, anche mia mamma, mia zia, mi diceva ‘…non potevo scegliere bimbo peggiore…’ e, anche se piccolo, a me scattava l’orgoglio di riscatto. Lui un altro bimbo lo poteva trovare, io un altro Tornatore no: Peppuccio sapeva dosare bastone e carota: un insegnante che auguro a tutti, sapiente. Peppuccio aveva 32 anni e ha vinto l’Oscar.”.
Tornatore, quel bimbetto, l’ha scoperto cercando, cercando, di paese in paese: ricorda Cascio che fosse periodo di vaccinazioni nelle scuole, così quando arrivarono “quelli del cinema” per il casting, i compagni, sapendo della sua paura, per deriderlo gli dissero che fossero gli infermieri e lui prontamente si nascose, finché si resero conto fosse l’ultimo rimasto, un ultimo che ha confermato la regola che ribalta la coda e poi diventa “primo”, conquistando il ruolo.
La gloria e la prova – di cui dal libro un corto, A occhi aperti, su RaiPlay – è un titolo che cristallizza in due parole la parabola biografica di Totò Cascio, per cui, a questi concetti, lui aggiunge: “la prefazione di Tornatore e la postfazione di Andrea Bocelli. La gloria è facilissima da accettare, da accogliere e condividere: in tre/quattro anni ho fatto 10/11 film – da Diceria dell’untore a Festival di Pupi Avati – quando mi viene diagnosticata la retinite pigmentosa, per cui abbiamo girato il mondo, fino a un verdetto brutale: sono entrato in un circolo vizioso di panico e bassa autostima. Poi… conosco la moglie di Bocelli, Veronica Berti, che mi ha dato l’occasione di mettere tutto questo nero su bianco. L’ho fatto guidato dalle parole che hanno concluso la prima telefonata con Bocelli, che mi disse ‘la disabilità non è un disonore’, ed è lì che la vita ti restituisce”. Inoltre, “a breve girerò un corto e ho avuto diverse proposte per il cinema” ma, se dovesse esprimere un desiderio, Cascio dice: “non ho un’ossessione, ma mi piacerebbe molto lavorare con Checco Zalone, dopo tante lacrime ho voglia di ridere. Nino Manfredi, in un’intervista ormai anziano, disse che non si debba mai aver pretese nella vita: le occasioni arrivano da sole. Inoltre, adesso ho un impegno nel sociale: sensibilizzare alla disabilità”.
Dapprima, per quel successo non cercato, ma giunto come un turbinìo stordente “non ho avuto tempo di metabolizzare. Ero un bambino molto timido, mio padre era operaio, in casa c’erano valori cristiani e ho avuto sempre gli stessi amici, ma dopo la gloria arriva la batosta… Io ho avuto la perseveranza di non mollare ma di ripartire: il sottotitolo del libro potrebbe essere ‘il mio nuovo cinema paradiso’, momento della vita di cui mi sono rimaste la spontaneità e la meraviglia, a cui ho aggiunto coraggio, consapevolezza, e tanta forza”.
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