BELLARIA – E’ doppiamente protagonista a Bellaria Toni Servillo. Nella trentesima edizione del Film Festival Doc, in cui riceve il premio Speciale Casa Rossa alla carriera, assiste infatti alla proiezione di L’uomo in più – che lo vide emergere cinematograficamente nel folgorante esordio di Paolo Sorrentino – e del documentario 394, Trilogia del mondo, con cui Massimiliano Pacifico ha ricostruito la lunga tournée internazionale di Trilogia della villeggiatura. Dall’opera prima di Sorrentino – che gli fece meritare il riconoscimento come miglior attore proprio a Bellaria – sono passati più di 10 anni, e l’istrionico attore napoletano nel frattempo è diventato il Divo italiano del cinema internazionale. “A quei tempi avevo fatto solo qualche film con Martone, ma era un po’ come se il cinema e il teatro fossero sullo stesso pianerottolo. Prima de L’uomo in più io non mi immaginavo come attore cinematografico, pensavo che sarei rimasto un attore teatrale tutta la vita. Poi, con Paolo, è cambiato tutto”, dice, rilassato e carismatico, tra un caffè e l’altro. Tra poco Servillo sarà di nuovo sul set con il suo “socio” napoletano. Stavolta a Roma, e al fianco di Carlo Verdone e Sabrina Ferilli per il film La grande bellezza, ma è rigorosissimo nel rispettare i ruoli e pretendere che le informazioni sulla nuova opera siano solo quelle che il regista stesso ha scelto di distillare.
Bellaria è diventata una roccaforte del documentario, e qui si presenta 394, Trilogia del mondo, di cui è protagonista. Che esperienza è stata questo incrocio tra il palco e il cinema del reale?
394 sono le recite che abbiamo fatto in 4 anni di Trilogia della villeggiatura, e il film rievoca la tournée, l’allestimento, tutte le fasi dell’avventura che ci ha portato a Parigi, Berlino, New York, Istanbul, Mosca e non so più in quale altra parte del mondo. Il regista è entrato con noi nei camerini, nei teatri, in aereo, e ha raccontato trionfi e amarezze, la fatica, le gioie, le rinunce e gli incontri che fanno parte della vita del teatrante. Racconta un modo di stare insieme, il teatro che va nei villaggi mentre i media scorrono veloci e virtuali.
In questo periodo il cinema italiano sta avendo grandi successi internazionali, prima a Berlino, poi a Cannes. Ma in patria c’è grande preoccupazione per i tagli e la crisi, che pare stia colpendo anche Medusa. Lei è più spaventato o più fiducioso?
Vedo che ci sono tanti giovani registi di talento: quest’anno ci sono state 4 o 5 opere prime meravigliose, come quelle di Alice Rohrwacher e dei fratelli De Serio, e questo è incoraggiante. Bisogna però vegliare che l’attenzione al mercato non riduca lo spazio del sogno e non renda la vita dell’attore solo una carriera, ma un azzardo, un tentativo. Trenta anni fa c’erano opportunità diverse, oggi fare L’uomo in più sarebbe più difficile perché il cinema si sta riducendo a un mercato folle, con le commedie che impazzano e poi si sgonfiano. Ma il cinema italiano è come la Ferrari e il parmigiano, fa parlare di noi all’estero con ammirazione. E il successo è “transanagrafico”. E’ bellissimo che abbiamo avuto dei trionfi con due registi ottantenni e poi con un autore 40enne. E poi ci sono altre ragioni per essere depressi in Italia, non certo per il cinema italiano, che è pieno di idee, che turbano e fanno pensare, non biecamente rassicuranti.
Ad agosto inizia le riprese a Roma del nuovo film di Sorrentino…
Sì, ma sono abituato a non anticipare nulla di un film se prima non ha deciso di farlo il regista. D’altronde questo è il quarto film su sei che faccio con lui, evidentemente c’è qualcosa che funziona nella coppia, ci cerchiamo uno come testimone dell’altro.
E’ sembrato curioso l’accostamento tra lei, Carlo Verdone e Sabrina Ferilli nel cast.
E’ stata un’idea di Paolo, per quanto mi riguarda sono contento di lavorare con Carlo, non è una novità il fatto che io abbia stima e amicizia per lui. E Sabrina è un’attrice nata nel cinema d’autore. Sono attori romani, molto bravi e popolari, credo sia stato naturale che Paolo abbia pensato a loro per raccontare Roma.
Presto usciranno altri due film molto attesi di cui è protagonista…
Sì, sono in arrivo E’ stato il figlio, che è il primo film che Daniele Ciprì dirige senza Maresco. Lo abbiamo girato l’estate scorsa a Brindisi e subito dopo sono andato sul set di Bella addormentata di Marco Bellocchio, dove curiosamente ho ritrovato Ciprì come direttore della fotografia. Sono due autori completamente diversi, ma anche vicini perché lavorano insieme. E anche qui è bella la congiuntura transanagrafica.
Cosa può dire del film di Bellocchio?
Niente che già non si sappia. E’ ambientato nell’ultima settimana di vita di Eluana Englaro, una settimana tragica e tormentata per la scena politica e mediatica italiana. Io sono in una delle tre storie parallele, insieme ad Alba Rohrwacher.
Come ha vissuto le polemiche intorno al film?
Fortunatamente non sono arrivate sul set, anche perché Marco ha saputo tenere un saggio distacco. Non dovevano confondersi delle vicende importantissime legate alla vita e alla morte con una vicenda di sovvenzioni regionali.
Come è stato invece il lavoro con Ciprì?
Lui è cinema che cammina. E’ a metà strada tra Santa Rosalia e Nicholas Ray, tra l’attore dialettale e John Ford, vive di pane e cinema e lavora in modo straordinario con le immagini. Nel film si racconta la storia del Paese degli ultimi anni e vi si riconosce lo stile di Ciprì, ma stupirà per la sua maturità nel muovere le corde dell’emozione. Il mio è un personaggio bislacco, stravagante, checoviano.
Dopo la straordinaria interpretazione de Il divo, ora che il panorama è molto cambiato, c’è un personaggio politico che le piacerebbe interpretare?
No, in questo momento non sono ispirato da nessuno, per mettersi nei panni dei personaggi di oggi ci vorrebbe Peter Sellers. La realtà è inafferrabile e contraddittoria, più della finzione, e io preferisco evitare il confronto con una persona reale, perché come attore sono più libero. Ho interpretato con piacere Andreotti perché Il divo non era un biopic, ma un simbolo in un film fortemente cinematografico sulla storia del Paese.
Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid
Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.
Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.
Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti