Maria by Callas ovvero il mito raccontato con le sue parole e in un tono affettuoso e intimo, che pur non nascondendo un grammo del suo genio artistico – applausi a scena aperta alla proiezione stampa – ce la restituisce finalmente fuori dai tanti cliché: soprano prodigioso ma intrattabile, donna dalla vita sentimentale drammatica e infelice, nevrotica minata dalle medicine e dalle diete nell’ossessione di dimagrire. E’ invece un ritratto tenero e sentito quello che le ha dedicato Tom Volf, giovane regista francese (ma con formazione americana) che si è imbattuto in lei quattro anni fa e non l’ha più abbandonata. Il film, che avrà un’uscita evento grazie a Lucky Red dal 16 al 18 aprile, ha incantato il pubblico della Festa di Roma con una storia che pesca in materiali inediti straordinari, non solo visivi, come super8 e filmati dietro le quinte, ma anche lettere scritte al marito, Giovanni Battista Meneghini, alla maestra di canto Elvira de Hidalgo, e l’unica indirizzata al grande amore, l’armatore greco Aristotele Onassis. E poi foto, filmini privati, interviste dimenticate, le immagini del set di Medea e dell’amicizia con Pier Paolo Pasolini. Un materiale utilizzato anche per una grande mostra organizzata a Parigi a 40 anni dalla sua morte (mostra che sarà poi a New York, Londra e in Estremo Oriente) e per tre libri tra cui “Maria Callas, mémoires, lettres et écrits”. La colonna sonora è stata realizzata mettendo insieme registrazioni rare e inedite ottenute da nastri rimasterizzati messi a disposizione da persone vicine al soprano o associazioni di suoi fans.
Come ha trovato tutto questo materiale inedito e perché la scelta del colore?
Ho fatto ricerche ovunque, tra l’altro grazie alla collaborazione di parenti e persone vicine a Maria Callas, tra cui Nadia Stancioff, sua amica intima a cui aveva detto: “Se dovessi morire prima di te, voglio che tu faccia sapere alla gente chi ero davvero”. Ho faticato molto per reperire le registrazioni originali di concerti che tutti pensavano fossero andati perduti. Con il colore diventano come nuovi, perciò quello che era in bianco e nero è stato colorato. Arriva meglio alle nuove generazioni.
Che tipo di lavoro ha fatto sui materiali?
Sono vari formati – super8, 16 mm, 35 mm – alcuni erano in pessime condizioni, erano rimasti abbandonati per 50 anni ad ammuffire e c’è stato bisogno di un grande lavoro di restauro, poi bisognava armonizzare il tutto perché lo spettatore non cogliesse lo stacco ma vedesse un film unitario. Sono rimasti i mascherini originali dei super8 perché questo dà un senso di autenticità, sono materiali tipici degli anni ’50 e ’60.
Da dove è nata la sua passione per Maria Callas?
Era destino. Per me, quattro anni fa, fare questo film sarebbe stato inimmaginabile, non ero neppure un appassionato d’opera e a malapena sapevo chi era. Sono entrato al Metropolitan di New York con un biglietto di piccionaia per ascoltare Maria Stuarda di Donizetti. E’ stata una rivelazione sotto ogni punto di vista. La sera sono tornato nella mia stanzetta di studente e ho passato tutta la notte su youtube a cercare informazioni. Quando trovato la Lucia di Lammermoor cantata dalla Callas, mi sono innamorato, ho provato emozioni mai provate prima. Volevo saperne di più. Ho cominciato a vedere tutti i documentari su di lei ma mi sentivo frustrato, perché non riuscivo a capire chi era. Volevo fare qualcosa di diverso e di nuovo.
Il film si rivolge a un pubblico vasto, non solo ai melomani.
Volevo che il film rispondesse sia a chi credeva di sapere tutto su di lei e voleva vivere nuove emozioni, sia a chi non sapeva nulla.
Il film comincia con un’intervista in cui la Callas porta allo scoperto una dimensione più personale.
Si tratta di un’intervista rilasciata in America nel 1970. Venne trasmessa a dicembre, ma poi era ritenuta perduta. Sono riuscito a trovare una persona che aveva una registrazione. Lì c’è lei che si rivela quasi in un conflitto tra due personalità, Maria e la Callas. E’ il filo conduttore del film. Era un momento particolare della sua vita, due anni dopo la rottura con Onassis e parlava con una sincerità speciale.
Ci mostra alcuni momenti inediti del suo amore per Onassis, specie attraverso la lettera indirizzata a lui.
E’ l’unica lettera che gli abbia mai scritto. La famiglia Onassis aveva emozioni contrastanti rispetto alla Callas, ma questo era il momento giusto per rendere pubblica quella missiva che qui trova la giusta collocazione e ti fa vedere quanto lei sia vulnerabile e quanto amasse quest’uomo. Rispetto all’idea caricaturale che abbiamo di quella relazione, ai pettegolezzi sui giornali, vediamo che è stata una grande storia d’amore.
Rimane ambiguo il motivo dell’improvviso matrimonio di Onassis con Jacqueline Kennedy, lei non spiega niente.
Perché Il film è visto dalla parte di Maria Callas. E’ quello che lei vive, quando gli scrive quella lettera d’amore, lui è già altrove. Lei non sa nulla, ha appreso tutto dai giornali e voglio che lo spettatore lo viva come lei l’ha vissuto. Alla fine del film, quando lui torna da lei, leggiamo dalle sue memorie incompiute: “Non ho mai capito questo matrimonio, fu uno strano accordo”.
Come mai ha evitato di sottolineare il periodo della perdita di peso e i suoi problemi con la dieta?
Si vedono alcune immagini di Maria sovrappeso, quando canta la Norma a Trieste e nella versione di tre ore del film, c’erano 25 minuti sulla fase del dimagrimento, ma non ho voluto sottolineare il cambiamento fisico rispetto ad altri aspetti. Chi si attende un’immagine peggiore di lei, è ancorato ai cliché, ai presunti scandali come quando non cantò a Roma, uno scandalo costruito perché il vero scandalo è che fosse stata costretta a cantare quando era senza voce per la bronchite.
L’episodio dello scandalo di Roma, nel ’58, quando lasciò la Norma a metà, in un certo senso ha una stretta attualità: mostra come un grande artista possa cadere dagli altari nella polvere in poche ore per effetto dei media.
Accade a molti artisti, è vero. Per Maria Roma è stato momento fatidico. È stata vittima di uno scandalo creato dal nulla, la realtà era semplice, aveva perso la voce, era malata, ed era stata obbligata ad andare in scena lo stesso, la sua reputazione di persona intrattabile ha fatto il resto. Questo episodio l’ha perseguitata per anni, come un marchio a fuoco, se ne parlava ancora negli anni ’70, ancora oggi se ne parla. Era importante per me ristabilire la verità. Si percepiscono le cose in modo diverso quando si legge la lettera in cui racconta l’episodio. Ma nessuno si è chiesto, in quel momento, cosa fosse accaduto veramente.
Come ha scelto i brani musicali nell’immenso repertorio della Callas?
Piuttosto che mostrare un quadro esaustivo di tutta la sua attività, ho scelto alcuni brani che però ascoltiamo integralmente. Alcuni sono icone della sua carriera come Casta diva, Vissi d’arte o la Carmen, perché non mi rivolgo non solo agli appassionati ma anche a persone che non sanno nulla di lirica. In altre scelte mi ha guidato il rapporto tra le sue scelte artistiche e la sua vicenda privata, per esempio quando decide di cantare Carmen sta vivendo qualcosa di simile nella sua vita con Onassis. C’è sempre una metafora nella sua arte e è questo il legame tra Callas e Maria.
Perché crede che sia ancora così popolare a quarant’anni dalla sua morte?
C’è gente in tutto il mondo che la ascolta e la ama, ovunque, in qualsiasi generazione, con qualsiasi background culturale, ci sono persone che non apprezzano l’opera ma ascoltano la Callas. E’ ancora così viva. Una delle ragioni è che la sua vita, oltre che la sua musica, parla di noi, c’è qualcosa di universale in lei, ha avuto alti e bassi come ognuno di noi, pene d’amore come ognuno di noi, ha fatto enormi sacrifici per il suo lavoro… è un essere umano, oltre che un’artista.
Ha scelto Fanny Ardant, che ha già incontrato due volte il celebre soprano, come voce di Maria Callas, mentre nella versione italiana è Anna Bonaiuto a guidarci nel film.
Ho visto sia Callas Forever di Zeffirelli sia la pièce Master Class e sapevo che Fanny aveva questa connessione fortissima con lei, da bambina a Monte-Carlo ascoltava spesso un disco di Carmen. Anni fa avevo fatto un corso con Fanny Ardant in una scuola di cinema e ci aveva raccontato come aveva lavorato al ruolo per il film di Zeffirelli: ha detto che aveva ascoltato come respirava, ha trovato la giustezza del tono nella respirazione. Così ho capito che avevo bisogno della sua voce per leggere le lettere. Questa è la terza volta che la incarna ma è la prima volta che recita le vere parole di Maria Callas.
Presenti sul Red Carpet atteso il 17 gennaio all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone anche Edward Norton, Monica Barbaro e il regista James Mangold
Evento speciale dedicato al doc presentato alla Festa del Cinema di Roma, La valanga azzurra, produzione Fandango e Luce Cinecittà in collaborazione con Rai Documentari
Il film sarà proiettato il 27 novembre alle ore 21.00
La proiezione si è svolta al MoMA. In sala, tra gli ospiti d’eccezione, i membri dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences e i Golden Globe Voters