I suoi film sono stati definiti come pellicole girate da Woody Allen ma con l’intensità dell’angoscia al massimo. Lui, regista 39enne del New Jersey, replica che se fosse vero per far più soldi gli basterebbe solo abbassare il livello di ansietà. Dopo personaggi popolari come Jane Fonda e Tim Burton a Viaggio nel cinema americano è il turno di Todd Solondz, cineasta indipendente divenuto famoso con Fuga dalla scuola media e lo sconvolgente Happiness, che nel 1998 vinse a Cannes il premio della critica. Da uno come Solondz, che ha indagato più volte il tema della pedofilia, degli istinti sessuali, e che nutre una sana ossessione per i sobborghi e i loro abitanti, non ci si aspettano riferimenti e rimandi cinematografici classici. Ed è un errore. Non bisognerebbe mai nutrire dei pregiudizi, specie verso uno che con i suoi film ha dimostrato di non averne nessuno. Così grazie alla chiacchierata aperta al pubblico tra Solondz e i curatori dell’evento Antonio Monda e Mario Sesti scopriamo con vera sorpresa che dietro all’anticonformista Solondz c’è uno dei miti del cinema per antonomasia, Alfred Hitchcock. Fatto particolare considerato che il regista inglese è tutt’oggi alla base degli insegnamenti di cinema e regia, studi che Solondz dice di aver fatto a malincuore “Ho frequentato solo due dei tre anni previsti alla New York University. Era una scuola davvero terribile”.
I protagonisti dei suoi film sono spesso adolescenti che vivono nei piccoli centri d’America. E’ un retaggio della sua giovinezza passata a Newark?
Di sicuro conosco bene i sobborghi. Sono cresciuto in un sobborgo, non l’ho scelto ma mi è toccato viverci. Non mi era mai piaciuto, poi dopo la maturità mi è capitato di viaggiare molto per gli Stati Uniti e mi sono reso conto di quanti posti infinitamente peggiori di Newark esistano nel mio Paese. Oggi guardo la cosa con ulteriore distacco: non mi interessa il brutto dei sobborghi quanto piuttosto scoprire cosa c’è di bello, di potenzialmente affascinante. Per quanto riguarda i ragazzi invece mi interessano perché il loro modo di essere e fare può dirci molto di noi adulti, e inoltre hanno un’apertura nei confronti della vita che le persone più grandi possono solo sognare di avere.
Per questo incontro lei ha dovuto scegliere delle sequenze che ama particolarmente dei suoi film per accoppiarle a scene delle sue pellicole preferite. Quali sono?
Fuga dalla scuola media e Intrigo internazionale, Happiness e L’ombra del dubbio, e Storytelling e Bellissima.
Come e perché ha messo insieme proprio questi 6 film?
E’ strano, lo so. Specie perché queste di Hitchcock e Visconti sono pellicole che non vedevo da 20 anni. Evidentemente alcune scene chiave di questi film si devono essere depositate nella mia testa in angoli non troppo sperduti perché mi sono subito tornate in mente quando si è trattato di girare sequenze simili. Diciamo che mi sono venute in soccorso nel momento opportuno. Per Fuga dalla scuola media avrei dovuto girare una scena in cui il bulletto della storia aggredisce la ragazzina protagonista, ma la scuola scelta come location non aveva un solo anfratto o angolo buio che facesse al caso nostro. Credo che l’abbiano progettata apposta a prova di bullismo. Comunque mentre mi arrovellavo su come rendere gli spazi più angusti e l’atmosfera più dark mi è venuto in mente Cary Grant che corre a perdifiato nella campagna americana in Intrigo internazionale. Il sole è alto nel cielo, ogni tanto passano delle macchine e c’è spazio a volontà. In quel momento Hitchcock ha insegnato al mondo a girare una scena di suspence e aggressione in modo del tutto nuovo e anticonformista, dimostrando che per far tremare gli spettatori non è necessario ci siano buio e sottoscala.
Ma Hitchcock mi ha salvato anche in un’altra situazione: la sequenza della cena in Happiness. Qui dovevo riprendere una tipica famiglia americana radunata a tavola. Dall’esterno può sembrare tutto a posto, ma il capofamiglia che si mostra come il più comprensivo tra i genitori in realtà è un pedofilo. Stessa situazione in L’ombra del dubbio, film tra i meno noti del regista inglese, dove una tranquilla famglia si riunisce per la visita dello zio Charlie, giovane uomo attraente che nasconde al mondo la sua natura di serial killer psicopatico.
Per Storytelling invece mi sono rifatto al modello italiano di Luchino Visconti e il suo Bellissima. La scena è quella popolarissima in cui la figlioletta di Anna Magnani viene derisa mentre scorrono le immagini del suo deludente provino. Nel mio film a ridere sono i compagni di università di Scooby Livingstone, il protagonista anche lui figlio di un genitore che si aspetta grandissime cose dal figlio.
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