Una stanza enorme con pesanti tende beige che arrivano fino a terra. Bandiere con svastiche e stemmi con il fascio littorio della Repubblica sociale italiana. La sala è la ricostruzione del bar Luna di Venezia com’era negli ultimi giorni d’agonia del regime fascista. Qui Tinto Brass ha girato la penultima scena di Senso ’45, il suo nuovo film ormai arrivato alla fine delle riprese. Sullo sfondo di un’estetica dominata dagli inquietanti simboli nazisti e delle musiche composte da Ennio Morricone, il regista ha trasformato Anna Galiena in una “dark lady” che brucia di passione per Helmut Schultz, un Gabriel Garko in versione ariana. Ad ispirarlo sono state le donne fatali dei noir degli anni Quaranta: Barbara Stanwyck in La fiamma del peccato di Billy Wilder su tutte. Donne pronte a trasformarsi in carnefici degli sfortunati che cadono nella loro rete. Anche se questa volta il maschio di turno è anche più cinico e freddo della sua amante, che non esita a vendicarsi e punirlo.
In Senso ’45 il sesso ovviamente abbonda, ma Brass sostiene che “questa volta è a servizio del racconto e non il contrario”. Staremo a vedere anche perché il re del soft porno all’italiana dovrà misurarsi addirittura con Luchino Visconti che nel ’54 firmò la regia di Senso. Entrambi hanno tratto le loro pellicole dall’omonimo racconto di Camillo Boito. I confronti, di certo poco appropriati, saranno inevitabili ma Brass ci tiene a precisare che la sua pellicola “Non è un remake”. Senso ’45 uscirà tra gennaio e febbraio 2002.
Quale è il rapporto tra “Senso ’45” e i due testi, quello letterario di Boito e quello cinematografico di Visconti?
La mia trasposizione è più fedele di quella di Visconti. Lui aveva altri interessi: voleva ritrarre la crisi dell’aristocrazia. Io ho voluto valorizzare l’appartenenza di Boito alla Scapigliatura, un filone letterario molto trasgressivo per la fine dell’Ottocento. Boito era un autore tipico di questa corrente in cui la forza dirompente della sensualità era un elemento molto importante. Non a caso il suo racconto inizia con l’incontro in un bagno pubblico tra Livia Mazzoni, la protagonista femminile, e l’ufficiale tedesco che in seguito diventerà il suo amante. In quell’occasione lui si mostra nudo agli occhi di lei.
Visconti ha glissato sulla componente sensuale del libro. Io mi sono concentrato proprio su quella. Ma non sarò certo sconvolto quando la critica dirà che il film di Visconti è migliore del mio. Vorrei solo che si capissero le peculiarità del mio lavoro e il legame con il libro.
Il racconto di Boito si svolge nella Verona di fine Ottocento. Lei ha scelto un’altra ambientazione.
Si, ho scelto Venezia durante la fine del fascismo perché è una perfetta città-alcova. Si addice molto più di Verona al mio immaginario. In quel periodo Venezia era un città dominata dalla paura, dal coprifuoco, ma in cui c’era spazio anche per l’amore che, tuttavia, poteva essere interrotto dai brutali rastrellamenti nazisti.
Sono nato nella città lagunare e ricordo che durante la guerra, sui portoni delle case dei ricchi la mattina venivano lasciate casse vuote di champagne francese, cosa che nessuno si poteva permettere in quegli anni. Allora si diceva che quelli erano i resti dei loro festini orgiastici.
Ho ripreso questa leggenda in Senso ’45 in cui si ritrae uno di questi festini. Nella scena l’orgia del potere si trasforma nel potere dell’orgia, che ha come sottofondo musicale una marcetta di Ennio Morricone.
Il cambiamento nel contesto è stato possibile perché quello di Boito non è un romanzo storico, ma un racconto. Nel primo i personaggi sono totalmente legati agli eventi storici, mentre nel secondo questi ultimi sono dei semplici pretesti per indagare la psicologia dei personaggi.
A differenza della maggior parte dei suoi film, per cui ha scelto attrici esordienti o comunque poco note, per “Senso ’45” ha voluto Anna Galiena. Perché?
Perché avevo bisogno di un’attrice in grado di rendere lo spessore psicologico del personaggio di Livia. Lei è la protagonista assoluta. Tutto il film si svolge in un arco di tempo molto breve, in cui la donna viaggia verso Venezia per raggiungere il suo amante tedesco. Il viaggio avviene a bordo della macchina di Ugo Oggiano, un suo spasimante che accetta di condurla da Helmut in cambio della promessa di una notte d’amore.
Nel corso del tragitto, in bianco e nero, lei rievoca, attraverso dei flashback a colori, le varie tappe della sua vicenda passionale con il giovane che l’ha sedotta. Livia è una figura complessa, una donna che si abbandona completamente ad una deriva amorosa. La passione è ciò che induce a rompere le barriere della propria identità. Per mettere in scena un personaggio così forte mi serviva un’interprete matura come Galiena.
Accanto a Galiena recitano Gabriel Garko e Franco Branciaroli. Perché ha scelto loro come coprotagonisti?
Ho visto Garko recitare in Le fate ignoranti, il film di Ferzan Ozpetek. Ho capito che non è solo un bell’esemplare maschile, ma anche un buon attore in grado di controllare i suoi mezzi espressivi. Branciaroli è invece una conferma. Interpreta Oggiani, un perfetto trasformista, un uomo che dimostra una grande abilità nel riciclarsi. Del resto, molti lo fecero nel passaggio dal regime alla repubblica.
“Senso ’45” mostra una storia d’amore tra una donna matura e un uomo molto giovane. Questo elemento è una novità rispetto al libro di Boito e al film di Visconti. Perché lo ha inserito?
Nel film si sentono indubbiamente gli echi di un’attualità in cui i rapporti tra generazioni stanno cambiando. Ma ho soprattutto cercato di raccontare la storia di una passione. Credo che lasciarsi andare alle passioni sia eversivo, in questo conservo le mie radici anarchiche. Non a caso le passioni sono rinchiuse in un contratto rigido come il matrimonio. Sono l’unica cosa che può provocare dei cambiamenti radicali nell’amore come nella politica.
Così preferisco fenomeni come quelli di Genova all’acquiescenza dominante. Lì è emersa una grande passione politica che è assente nella vita parlamentare italiana in cui non ci sono mai state delle trasformazioni radicali. Anche perché è stata una storia tutta al maschile, mentre solo le donne sono capaci di passioni travolgenti e il personaggio di Livia lo dimostra.
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